Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 755 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 755 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 12/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20868-2023 proposto da:
COGNOMENOME COGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, COGNOME INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 387/2023 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 29/08/2023 R.G.N. 321/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
20/11/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
Oggetto
Licenziamento ex lege n. 92 del 2012
R.G.N. 20868/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 20/11/2024
CC
In data 4.2.2020 Poste RAGIONE_SOCIALE contestava al dipendente NOME COGNOME i seguenti fatti: ‘in data 17.1.2020, alle ore 16,30 circa, si alzava dalla postazione di lavoro occupata dedicata ai servizi postali per raggiungere il Direttore, intimando a quest’ultimo di cambiare la tipologia di lettere in relazione al gestore code, rifiutandosi di rit ornare in postazione, nonostante l’invito del medesimo Direttore, di avere alzato la voce, costringendo il DUP ad arretrare con le spalle al muro, stante il suo atteggiamento aggressivo; che a causa di questo comportamento, i clienti, presenti nel salone dell’ufficio, intimoriti, chiamavano le Forze dell’ordine; che la medesima condotta aveva provocato un profondo stato disagio in tutto il personale dell’ufficio, causando altresì il malore del collega COGNOME tanto da rendere necessario l’intervento del 118; che aveva ripetutamente disatteso gli ordini aziendali impartiti, presentandosi in servizio nelle giornate del 18, 20, 21 e 22 gennaio 2020, nonostante il me desimo fosse stato collocato in ferie’ .
Con nota del 6.3.2020 la società intimava al COGNOMERAGIONE_SOCIALE licenziamento per giusta causa.
Impugnato il provvedimento di recesso il Tribunale di Salerno, sia in fase sommaria che in sede di opposizione ex lege n. 92 del 2012, dichiarava la illegittimità del licenziamento ordinando la reintegra nel posto di lavoro.
La Corte di appello di Salerno, con la sentenza n. 387/2023, accoglieva il reclamo presentato da Poste Italiane spa e, in riforma della pronuncia di prime cure, respingeva le originarie domande proposte da NOME COGNOME.
I giudici di seconde cure rilevavano che: a) il licenziamento senza preavviso era stato intimato ai sensi dell’art. 54 c. VI lett. C), E) e F) e dell’art. 80 lett. E) del CCNL di categoria del 30.11.2017; b) i fatti si inserivano in una escalation di aggressività e di intolleranza manifestate sul luogo di lavoro da parte del COGNOME verso colleghi, superiori ed utenti; c) in un arco temporale di circa otto mesi il COGNOME si era reso responsabile di altri episodi di rilevanza disciplinare, puniti con sanzione conservativa; d) i fatti oggetto della
contestazione del febbraio 2020 erano inquadrabili nella fattispecie di cui all’art. 54 co. VI lett. C) ed F) ( violazioni dolose di leggi o regolamenti o dei doveri di ufficio che possano arrecare o abbiano arrecato forte pregiudizio alla Società o a terzi; avere intenzionalmente provocato disordini nell’ambito dell’ufficio ) oltre che essere idonei ad integrare anche la giusta causa del licenziamento ai sensi dell’art. 80 lett. c) del CCNL di categoria e non in quelle previste dall’art. 54 co. II punto c) d ello stesso CCNL che prevede la sanzione conservativa per ‘comportamento scorretto verso superiori, colleghi, dipendenti o verso il pubblico’ .
Avverso la sentenza di secondo grado NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resisteva con controricorso Poste Italiane RAGIONE_SOCIALE
Poste Italiane spa depositava memoria.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, si denuncia la violazione dell’art. 18 co. 4 della legge n. 300 del 1970 in relazione all’art. 54 del CCNL per il personale non dirigente di Poste Italiane spa, per non avere la Corte territoriale sussunto la fattispecie accertata nell’ipotesi previste dalla contrattazione collettiva punibili con sanzione conservativa. Si deduce, al riguardo, che la contrattazione collettiva non prevedeva la sanzione del licenziamento per un ‘alterco’, anche se se guito da cd. vie di fatto o con minacce e ingiurie; che le Forze dell’Ordine, intervenute sul posto al momento dei fatti, nulla di particolare avevano rilevato; che nessun grave danno alla Società o a terzi ovvero pregiudizi alla sicurezza e alla regolarità del servizio erano derivati dal comportamento di esso dipendente.
Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 e 4 cpc, la nullità della sentenza per violazione dell’obbligo motivazionale previsto dall’art. 111 Cost. e 132 co. 1 cpc, per manifesta illogicità, contraddittorietà e insanabile ambiguità della
statuizione con riferimento alle valutazioni utilizzate per affermare il valore dei precedenti circa la percezione dei presenti ai fatti di causa per il giorno in contestazione, nonché per dedurne la personalità del lavoratore. Si obietta che la Corte territoriale, pur essendosi dilungata nel ricordare i precedenti disciplinari del COGNOME, poi da tale excursus non aveva fatto discendere elementi rilevanti a fini argomentativi della decisione e che le sanzioni erano state impugnate e, quindi, non ancora definitive.
Il primo motivo è infondato.
La questione giuridica che viene sottoposta riguarda l’inquadramento della condotta contestata nella fattispecie contrattuale collettiva disciplinata dall’art. 54 II C) (comportamento scorretto verso superiori e colleghi), punita con sanzione conservativa, ovvero quelle ritenute dalla Corte territoriale, art. 54 VI lett. C) ovvero F) sanzionate con provvedimento espulsivo.
Ritiene questo Collegio che il procedimento di sussunzione dei giudici di seconde cure sia corretto giuridicamente e condivisibile.
Come si evince dai fatti oggetto dell’incolpazione, ritenuti dimostrati in giudizio, il comportamento del COGNOME non può definirsi solo caratterizzato da scorrettezza, intesa come sconvenienza rispetto ai canoni di civile convivenza, bensì si è esplicitato, in un apprezzabile lasso temporale, in una condotta intenzionale, reiterata, intimidatoria ed aggressiva, non collegata ad alcuna patita provocazione; sotto il profilo degli effetti, poi, essa ha determinato senza dubbio una turbativa del servizio, con forte pregiudizio all’immagine dell’Azienda datrice di lavoro, tanto è che fu richiesto l’intervento delle Forze dell’Ordine e si determinò il malore di un collega del COGNOME per il quale fu necessario chiamare il servizio del 118, in un contesto di interruzione del servizio.
Tali fatti, per le modalità in cui si sono svolti, sono sicuramente inquadrabili nelle ipotesi ritenute dalla Corte territoriale (art. 54 VI lett. C): ‘per violazioni di leggi o regolamenti o dei doveri di ufficio che possano arrecare o abbiano arrecato un forte pregiudizio alla Società o a terzi’ e art. 54 VI lett. F): ‘per avere intenzionalmente
provocato o partecipato a disordini, tumulti, violenze in servizio o comunque nell’ambito dell’ufficio’).
Non è pertinente, infine, il richiamo del ricorrente alla necessità della sussistenza di gravi danni arrecati alla Società, che secondo la tesi dell’istante mancherebbero, in quanto questo requisito non è previsto dalle richiamate disposizioni contrattuali ed afferisce ad altra previsione disciplinare punita con la sanzione del licenziamento con preavviso (art. 54 V lett. C).
Il secondo motivo è parimenti infondato.
Va preliminarmente osservato che, in tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. n. 22232/2016; Cass. n. 3819/2020; Cass. n. 6758/2022): ciò non è ravvisabile nell’impianto decisorio della gravata pronuncia ove è chiara la ratio decidendi adottata ed esplicitata dai giudici di seconde cure.
Quanto all’aspetto dei precedenti disciplinari, richiamati nella gravata pronuncia, deve puntualizzarsi che il riferimento ad essi non è stato operato dai giudici di seconde cure ai fini della rilevanza della recidiva, in relazione alla quale era necessaria la definitività delle irrogate sanzioni, bensì per sottolineare appunto una personalità del lavoratore non connotata da capacità di autocontrollo e di relazione e non adeguata al contesto ambientale e lavorativo in cui era inserita.
L’analisi di tale profilo assume importanza, quale elemento di riferimento della valutazione della gravità del comportamento inadempiente essendo stata ravvisata, nel caso de quo , anche la giusta causa di licenziamento ai sensi del combinato disposto dell’art. 80 lett. e) del CCNL 30.11.2017 e dell’art. 2119 cod. civ., ivi richiamato, ai fini di ritenere leso irrimediabilmente il vincolo
fiduciario tra le parti tale da non potere consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro.
Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 novembre 2024