Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 35112 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 35112 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 4911-2022 proposto da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la sentenza n. 4797/2021 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/12/2021 R.G.N. 2038/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte.
Oggetto
R.G.N. 4911/2022
COGNOME
Rep.
Ud.13/11/2024
CC
Rilevato che
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha respinto il reclamo ex lege n. 92/2012 proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado che in accoglimento della opposizione di RAGIONE_SOCIALE aveva respinto la domanda della d etta lavoratrice intesa all’accertamento della nullità/inefficacia/illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo intimatole in data 6 giugno 2019 dalla società, al rientro in servizio della Mineo, dopo un periodo di congedo fruito ai se nsi dell’art. 42 l. 151/2001, per assistenza al marito disabile;
la Corte di merito ha in sintesi escluso la nullità del recesso per mancata conservazione del posto di lavoro dedotta ai sensi dell’art. 42, comma 5 l. n. 151/2001, osservando che il comma 5 dell’art. 42 cit. pone un divieto di licenziamento solo se fondato sulla fruizione del congedo medesimo ma non anche per ogni causa diversa e legittima di risoluzione del rapporto di lavoro, come avvenuto nel caso di specie; ha osservato che, pur a fronte della eccepita insussistenza di un valido contratto di appalto, doveva ritenersi incontroverso fra le parti che, poco dopo l’inizio del citato periodo di congedo straordinario, un altro soggetto, dipendente di RAGIONE_SOCIALE, era stato incaricato di svolgere il servizio di pulizia dei locali dapprima espletato dalla Mineo, come pure che tali attività fossero ancora affidate a terzi al momento del licenziamento; tanto consentiva d i affermare l’effettiva sussistenza in punto di fatto del motivo oggettivo di licenziamento rappresentato dalla scelta aziendale di sopprimere il posto di lavoro della Mineo, unica addetta al servizio di pulizia, per affidarlo a soggetti esterni. Quanto alla violazione dell’obbligo di <> il giudice del reclamo
ha evidenziato il difetto di idonea impugnazione sul punto della sentenza di primo grado, non avendo in alcun modo la reclamante dimostrato di essersi confrontata con le ampie ed articolate argomentazioni sviluppate a riguardo del giudice di prime cure;
per la cassazione della decisione ha proposto ricorso COGNOME COGNOME sulla base di sei motivi; la parte intimata non ha svolto attività difensiva;
il P.G. ha depositato requisitoria scritta con la quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
parte ricorrente ha depositato memoria con la quale, tra l’altro, ha chiesto che la trattazione della causa fosse rimessa alla pubblica udienza ai sensi dell’art. 375 c.p.c.;
Considerato che
Preliminarmente va disattesa la istanza di parte ricorrente di trattazione della causa in pubblica udienza, rientrando la valutazione degli estremi per la trattazione del ricorso in udienza pubblica ex art. 375, c.p.c., e, specificamente, della particolare rilevanza della questione di diritto coinvolta, nella discrezionalità del collegio giudicante (Cass. n. 5533/2017, Cass. n. 26480/ 2020); il collegio ben può escludere, nell’esercizio di tale valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti della trattazione in pubblica udienza proprio “in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare al caso di specie” (cfr. Cass. SS.ÚU. n. 14437 del 2018);
i motivi di ricorso possono essere così sintetizzati:
2.1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione degli artt. 3 e 5 l n. 604/1966, dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 116 c.p.c.;
2.2. con il secondo motivo deduce omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione fra le parti;
2.3. i motivi sono illustrati congiuntamente; parte ricorrente censura la sentenza impugnata per avere ritenuto, pur a fronte dell’eccepita inesistenza di un valido contratto di appalto con la datrice di lavoro dei soggetti che avevano svolto il servizio di pulizia dapprima espletato dalla Mineo, che vi fosse comunque la prova della scelta aziendale di sopprimere il posto da questa occupato per affidarlo a soggetti diversi da propri dipendenti; in particolare valorizza la circostanza dell’essere rimasto indimostrato che RAGIONE_SOCIALE, datrice di lavoro dei soggetti che espletavano il servizio di pulizia presso RAGIONE_SOCIALE fosse legata alla convenuta da un contratto di appalto. Rappresenta che ove concretamente configurabile un mero distacco di un dipendente presso RAGIONE_SOCIALE tanto non sarebbe sufficiente a dimostrare la effettività della riorganizzazione per soppressione del posto di lavoro, alla base dell’intimato licenziamento . Secondo parte ricorrente la sentenza impugnata aveva omesso di considerare ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. il fatto decisivo rappresentato dall’assenza di un contratto di appalto fra la società e RAGIONE_SOCIALE o di altro negozio idoneo a trasferire la gestione del posto di lavoro; deduce che una volta allegata dalla lavoratrice la insussistenza dell’appalto costituiva onere di controparte la dimostrazione della effettività della esternalizzazione;
con il terzo motivo di ricorso deduce violazione degli artt. 3 e 5 l n. 604/1966, dell’art. 2697 c.c.e degli artt. 115 e 116 c.p.c. ;
3.1. con il quarto motivo deduce omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione fra le parti rappresentato dalla circostanza;
3.2. i motivi sono illustrati congiuntamente. Parte ricorrente, premesso che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è legittimo laddove risulta una riorganizzazione aziendale che conduca alla soppressione del posto di lavoro, la quale può consistere anche nella esternalizzazione della porzione organizzativa alla quale il lavoratore è addetto purché effettiva e non pretestuosa, si duole che la Corte avesse omesso di verificare la effettività di tale riorganizzazione, anche sotto il profilo della liceità e genuinità dell’appalto;
con il quinto motivo deduce omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione fra le parti rappresentato dalla circostanza che la società cui presumibilmente era stato affidato il servizio di pulizia, occupava, per come pacifico tra le parti, solamente un dipendente, circostanza che assume rivelatrice della pretestuosità della ragione a base del recesso;
4.1. con il sesto motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt . 3 e 5 l. n. 604/1966, dell’art. 29 d. lgs. n. 276/2003 e dell’art. 1655 c.c. censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto pacifica la esternalizzazione mentre ciò che era pacifico era il fatto che le mansioni della Mineo erano svolte da altro lavoratore di una ditta esterna ma
non che il motivo posto a base del recesso, vale a dire la esternalizzazione, fosse sussistente;
5. i motivi di ricorso possono esaminarsi congiuntamente;
5.1. la Corte di merito, richiamato l’arresto nomofilattico per cui il giustificato motivo oggettivo di licenziamento si sostanzia in ogni modifica della struttura organizzativa della impresa che abbia quale sue effetto la soppressione di una determinata p osizione lavorativa, indipendentemente dall’obiettivo perseguito dall’imprenditore, sia esso, cioè, una migliore efficienza, un ‘incremento di produttività – e quindi del profittoovvero la necessità di far fronte a situazioni economiche sfavorevoli o straordinario (ex plurimis, Cass. n. 25201/2016), osservato che in base ad esso il controllo giudiziale della sussistenza del giustificato motivo oggettivo si sostanzia nella verifica di effettività e non pretestuosità della ragione obiettiva, per come dichia rata dall’imprenditore e nella verifica del nesso di causalità tra tale ragione e la soppressione della posizione lavorativa, ha ritenuto dimostrate entrambe le circostanze argomentando dalla effettività della scelta datoriale di sopprimere il posto di lavoro della Mineo per affidare il servizio di pulizia al quale la Mineo era unica addetta a soggetti diversi dai propri dipendenti; tanto premesso, vi è stato accertamento di fatto in ordine alla sussistenza ed effettività della riorganizzazione posta a base del giustificato motivo di licenziamento e tale accertamento non è più rivedibile in quanto coperto da ‘doppia conforme di merito’ ai sensi dell’art. 348 ter ultimo comma c.p.c., nel testo vigente ratione temporis , di talché sotto questo profilo risultano inammissibili i motivi secondo, quarto e quinto; per consolidata giurisprudenza di questa Corte costituisce onere della parte ricorrente, che
deduca vizio di motivazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 5947/2023, Cass. n. 20994/2019, Cass. n. 26774/2016, Cass. n. 19001/2016, Cass. n. 5528/2014), come in concreto non avvenuto;
in relazione agli altri motivi, parte ricorrente, pur formalmente deducendo violazione e falsa applicazione di norme di diritto, mostra di incentrare le proprie censure sulla ricognizione della fattispecie concreta ed in particolare sulla modalità di accertamento della sussistenza delle della effettività e non pretestuosità della riorganizzazione in relazione al quale deduce mancata dimostrazione e prova della esistenza di un contratto di appalto tra le due società; in tal modo, tuttavia, le ragioni di doglianza finiscono con l’attingere al piano probatorio, posto che la affermazione della necessità di autonomo accertamento di tali elementi (quali ad es. la esistenza di un valido contratto di appalto) destinati a confluire nella verifica del giustificato motivo oggettivo è priva di fondamento normativo ed appare in contrasto con il principio del libero convincimento del giudice ex art. 116 c.p.c., il quale non incontra limiti per l’ipotesi in cui l’oggetto della verifica sia costituito dalla esistenza di una valida ragione di recesso per giustificato motivo oggettivo, implicante la dimostrazione della effettività della riorganizzazione e del nesso causale tra tale riorganizzazione e la soppressione del posto di lavoro;
in base alle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali, dell’ulteriore importo del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002;
non si fa luogo al regolamento delle spese di lite non avendo la parte intimata svolto attività difensiva;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese di lite
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 13 novembre