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Licenziamento per assenze ingiustificate: la Cassazione

La Corte di Cassazione conferma la legittimità di un licenziamento per assenze ingiustificate di una dipendente pubblica. La sentenza stabilisce che, ai fini della valutazione della proporzionalità della sanzione, il giudice può considerare l’intera condotta del lavoratore, inclusa la mancata adesione a un piano di recupero per assenze precedenti, anche se non formalmente contestate. Tale comportamento complessivo è stato ritenuto idoneo a ledere in modo irreparabile il vincolo di fiducia con il datore di lavoro.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento per Assenze Ingiustificate: La Valutazione della Condotta Complessiva

Il tema del licenziamento per assenze ingiustificate è al centro di una recente sentenza della Corte di Cassazione, che offre importanti chiarimenti su come valutare la proporzionalità della sanzione espulsiva. La Corte ha stabilito che anche le assenze passate, sebbene non contestate disciplinarmente ma convertite in un piano di recupero economico, possono essere considerate per valutare la rottura del vincolo fiduciario, specialmente se il lavoratore continua a non rispettare i propri doveri.

I Fatti di Causa: La Controversia sulle Assenze Ripetute

Il caso riguarda una dipendente di un’azienda ospedaliera universitaria licenziata a seguito di un addebito disciplinare del 2016. La contestazione faceva riferimento a reiterate assenze ingiustificate. La lavoratrice aveva accumulato un notevole debito orario tra il 2012 e il 2015, per il quale l’azienda aveva predisposto un piano di recupero economico. Nonostante ciò, la dipendente si era nuovamente assentata senza giustificazione nei mesi di settembre e ottobre 2015, portando l’azienda a procedere con il licenziamento.

Il Lungo Iter Giudiziario

La vicenda processuale è stata complessa. Inizialmente, il Tribunale aveva dichiarato illegittimo il licenziamento. La Corte d’Appello, in seguito, aveva riformato la decisione, ritenendo legittima la sanzione espulsiva. La lavoratrice aveva proposto un primo ricorso in Cassazione, che lo aveva accolto con rinvio, rilevando un difetto di motivazione da parte della corte territoriale sul giudizio di proporzionalità. Riunita nuovamente, la Corte d’Appello aveva confermato la propria precedente decisione, spingendo la lavoratrice a un nuovo ricorso in Cassazione, oggetto della presente analisi.

Il Giudizio di Proporzionalità nel licenziamento per assenze ingiustificate

La ricorrente sosteneva che le assenze precedenti al 2015 non potessero essere considerate, in quanto l’azienda, convertendole in un debito economico, aveva di fatto rinunciato a farle valere sul piano disciplinare. A suo avviso, si era formato un giudicato interno sulla non rilevanza di tali fatti. La Suprema Corte ha rigettato questa tesi, chiarendo che il giudizio di proporzionalità tra addebito e sanzione deve basarsi su una valutazione complessiva e sistematica della condotta del lavoratore.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha affermato che il giudice di merito ha correttamente operato nel considerare tutti gli elementi a sua disposizione. In tema di licenziamento per assenze ingiustificate, rileva ogni comportamento che possa incrinare la fiducia del datore di lavoro. Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha legittimamente valorizzato non solo le ultime assenze, ma anche la precedente condotta non collaborativa e l’inadempimento al piano di rientro predisposto dall’azienda.

La circostanza che la dipendente si fosse assentata nuovamente “nella piena consapevolezza di non avere nemmeno recuperato le assenze relative ai periodi precedenti” è stata ritenuta decisiva. Questo comportamento ha dimostrato una scarsa inclinazione ad adempiere ai propri doveri con diligenza e buona fede, minando definitivamente il vincolo fiduciario. La Corte ha sottolineato che la conversione delle assenze in un debito economico non ne esclude la rilevanza disciplinare, soprattutto se il comportamento illecito persiste. Non si è, quindi, generato alcun legittimo affidamento nella lavoratrice circa l’assenza di conseguenze disciplinari.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza consolida un principio fondamentale: nella valutazione della giusta causa di licenziamento, il giudice deve considerare il comportamento del lavoratore nel suo complesso. L’inadempimento a un piano di recupero per assenze passate, anche se non formalmente sanzionate, diventa un elemento cruciale per giudicare la proporzionalità del licenziamento. Questa decisione ribadisce che la diligenza e la buona fede sono pilastri del rapporto di lavoro, e la loro violazione sistematica, anche attraverso una condotta omissiva e non collaborativa, può giustificare la massima sanzione espulsiva, confermando la legittimità del licenziamento per assenze ingiustificate.

Un datore di lavoro può considerare assenze passate, già convertite in debito economico, per valutare la proporzionalità di un licenziamento?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice di merito può e deve tenere conto di ogni aspetto concreto del fatto, inclusa la condotta pregressa del lavoratore come l’inadempimento a piani di recupero, per valutare unitariamente la gravità della condotta e la lesione del vincolo fiduciario.

La conversione di assenze ingiustificate in un piano di recupero economico impedisce al datore di lavoro di procedere con sanzioni disciplinari?
No. Secondo la sentenza, la conversione in debito orario e il relativo recupero economico non escludono la rilevanza disciplinare delle assenze, specialmente se il comportamento del lavoratore persiste. Tale accordo non genera un legittimo affidamento nel dipendente che non vi saranno conseguenze disciplinari.

Come viene valutata la proporzionalità nel licenziamento per assenze ingiustificate?
La valutazione non è astratta, ma basata su un apprezzamento unitario e sistematico della gravità del fatto. Si considerano l’intensità dell’elemento intenzionale, il grado di affidamento richiesto dalle mansioni, la durata del rapporto, l’assenza di sanzioni pregresse e, come in questo caso, la condotta complessiva del lavoratore, inclusa la sua reazione a tentativi di rimediare a mancanze precedenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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