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Licenziamento per abuso di fiducia: la condotta conta

Un’ordinanza della Corte di Cassazione conferma la legittimità di un licenziamento per abuso di fiducia nei confronti di un direttore di punto vendita. Il lavoratore si era assentato recandosi in un’altra città, mentendo sulla sua disponibilità. La Corte ha stabilito che la condotta fraudolenta, che mina il rapporto fiduciario, è più grave della semplice assenza ingiustificata e giustifica la massima sanzione, anche se l’assenza è di un solo giorno.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento per abuso di fiducia: la condotta conta più dell’assenza

Il licenziamento per abuso di fiducia è una delle questioni più delicate nel diritto del lavoro, poiché si fonda sulla rottura di quel legame intangibile ma fondamentale che deve esistere tra datore di lavoro e dipendente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: non è tanto la durata dell’assenza a determinare la gravità della condotta, quanto piuttosto il comportamento ingannevole che la accompagna. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

Il Contesto: La Condotta Ingannevole del Dipendente

I fatti riguardano un direttore di un punto vendita che è stato licenziato per una serie di comportamenti tenuti in due giornate consecutive. Il lavoratore, dopo aver ritardato il rientro dalla pausa pranzo, si era allontanato dalla città di lavoro per volare a Milano, senza informare l’azienda. Il giorno successivo, non si è presentato al lavoro, adducendo telefonicamente problemi di salute della coniuge e lasciando intendere di trovarsi ancora in città e disponibile in caso di necessità.

L’azienda ha contestato non una semplice assenza ingiustificata, ma una condotta “truffaldina”, un vero e proprio abuso di fiducia che minava alla base l’affidamento riposto in una figura apicale come quella del direttore.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Dopo la conferma del licenziamento in primo grado e in appello, il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre principali argomentazioni:

1. Errata valutazione delle prove: Sosteneva che una busta paga, indicando il secondo giorno come “ferie”, costituisse una confessione da parte dell’azienda sull’insussistenza dei fatti.
2. Violazione del diritto di difesa: Lamentava la mancata consegna di tutta la documentazione a base della contestazione, come il rapporto di un’agenzia investigativa.
3. Violazione del contratto collettivo: Affermava che il CCNL prevedeva il licenziamento solo per assenze ingiustificate superiori a tre giorni, mentre la sua era stata di un solo giorno, meritevole al massimo di una sanzione conservativa.

La Decisione della Corte sul licenziamento per abuso di fiducia

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la legittimità del licenziamento. Vediamo nel dettaglio le motivazioni per ciascun punto.

Inammissibilità del Primo Motivo: La Prova non Allegata

La Corte ha dichiarato inammissibile il motivo relativo alla busta paga. I giudici hanno chiarito che, nel processo, non è sufficiente produrre un documento; è necessario anche allegare specificamente il fatto che si intende provare e argomentare la sua rilevanza. Il lavoratore non aveva dimostrato di aver sollevato questa specifica questione nei gradi di merito, rendendo la censura una novità inammissibile in sede di legittimità.

Infondatezza del Secondo Motivo: Il Diritto di Difesa

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ritenuto che la contestazione disciplinare fosse sufficientemente specifica e tempestiva da consentire al lavoratore di difendersi adeguatamente. Inoltre, il ricorrente non ha saputo dimostrare quale concreto pregiudizio al suo diritto di difesa fosse derivato dalla mancata trasmissione di alcuni documenti.

Infondatezza del Terzo Motivo: Proporzionalità della Sanzione e abuso di fiducia

Questo è il punto centrale della decisione. La Cassazione ha sottolineato che l’illecito contestato non era la mera assenza ingiustificata, ma la “natura truffaldina della condotta”. Il comportamento del dipendente era caratterizzato da un quid pluris: una programmazione anticipata per assentarsi, la pervicacia nel non presentarsi al lavoro e le comunicazioni ingannevoli fornite all’azienda. Questo comportamento, secondo la Corte, integra un grave licenziamento per abuso di fiducia e una violazione degli obblighi di correttezza, incompatibili con la prosecuzione del rapporto di lavoro, specialmente per chi ricopre un ruolo di responsabilità.

Le Motivazioni: Oltre la Semplice Assenza Ingiustificata

La motivazione della Suprema Corte si fonda sulla distinzione tra l’infrazione contrattualmente tipizzata (l’assenza ingiustificata) e la condotta complessiva del lavoratore. I giudici hanno spiegato che quando un comportamento, pur manifestandosi come un’assenza, è connotato da menzogne e inganni, esso trascende la previsione del CCNL per rientrare nella più ampia categoria della giusta causa di licenziamento. La condotta del lavoratore è stata valutata come un’assenza totale di scrupoli verso le esigenze aziendali, un fatto che lede irrimediabilmente l’elemento fiduciario. Pertanto, la sanzione espulsiva è stata ritenuta proporzionata alla gravità dei fatti, a prescindere dalla durata dell’assenza.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che la valutazione della proporzionalità di un licenziamento disciplinare deve tenere conto di tutte le circostanze del caso concreto, inclusi gli aspetti soggettivi della condotta. In secondo luogo, ribadisce che il licenziamento per abuso di fiducia può essere legittimo anche in assenza di una specifica previsione del CCNL, quando il comportamento del dipendente è talmente grave da compromettere la fiducia del datore di lavoro. Infine, l’ordinanza serve da monito: la lealtà e la correttezza sono obblighi fondamentali che, se violati con dolo o grave negligenza, possono portare alla massima sanzione disciplinare.

Un’assenza dal lavoro di un solo giorno può giustificare un licenziamento?
Sì, secondo questa ordinanza, un’assenza anche di un solo giorno può giustificare il licenziamento se è accompagnata da una condotta particolarmente grave e ingannevole, tale da configurare un abuso di fiducia e ledere in modo irreparabile il rapporto con il datore di lavoro. Il focus non è sulla durata, ma sulla natura fraudolenta del comportamento.

Cosa si intende per licenziamento per abuso di fiducia?
È un licenziamento per giusta causa che non si basa su una violazione specifica di una clausola contrattuale, ma su un comportamento del lavoratore che, per la sua gravità oggettiva e soggettiva (ad esempio, menzogne, inganni, atti contrari agli interessi dell’azienda), fa venire meno la fiducia che il datore di lavoro deve poter riporre in lui, rendendo impossibile la prosecuzione del rapporto.

Presentare un documento in un processo è sufficiente a provarne il contenuto?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che la mera produzione di un documento (come una busta paga) non è sufficiente. La parte che lo produce ha l’onere di allegare specificamente i fatti che intende dimostrare tramite quel documento e di argomentare la sua rilevanza. In assenza di una tempestiva e compiuta allegazione, il giudice non è tenuto a considerare il documento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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