Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15025 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 15025 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6108-2024 proposto da:
COGNOME, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata presso gli indirizzi PEC degli avvocati NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 42/2024 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 22/01/2024 R.G.N. 103/2023;
Oggetto
R.G.N.6108/2024
COGNOME
Rep.
Ud.04/03/2025
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Palermo aveva riformato la sentenza con cui il tribunale locale aveva dichiarato l’inefficacia del licenziamento orale intimato dal Giornale di RAGIONE_SOCIALE a NOME COGNOME ed aveva rigettato l’originaria domanda di quest’ultima. La corte di merito aveva ritenuto non provata la sussistenza del licenziamento orale, ritenendo che la lavoratrice non avesse adempiuto all’onere di prova, sulla stessa incombente, in quanto non circostanziate le vicende relative al recesso datoriale ed anche contraddette dal comportamento della Figliuolo che avrebbe continuato a chiedere indicazioni sui ‘pezzi’ da scrivere pur dopo l’asserito licenziamento.
Avverso detta decisione proponeva ricorso la lavoratrice cui resisteva con controricorso la società
Entrambe le parti depositavano memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1)- Con il primo motivo è lamentato che la Corte di Appello aveva ignorato la mancata contestazione dei fatti, in violazione dell’art. 416 cpc, 115 cpc e 111 Cost. (art. 360, n. 3 cpc).
2)- Con il secondo motivo si deduce che la Corte territoriale aveva attribuito assenza di valenza probatoria ad una prova diretta, in violazione dell’art 116 cpc (ex art 360, nn. 3 e 4 cpc).
I motivi possono essere trattati congiuntamente poiché attinenti, sotto vari profili, alla valutazione svolta dal giudice circa il dedotto licenziamento orale ed i relativi oneri probatori.
Questa Corte di legittimità ha affermato che il lavoratore che impugni il licenziamento allegandone l’intimazione senza l’osservanza della forma scritta ha l’onere di provare, quale fatto costitutivo della domanda, che la risoluzione del rapporto è ascrivibile alla volontà datoriale, seppure manifestata con comportamenti concludenti, non essendo sufficiente la prova della mera cessazione dell’esecuzione della prestazione lavorativa; nell’ipotesi in cui il datore eccepisca che il rapporto si è risolto per le dimissioni del lavoratore e all’esito
dell’istruttoria – da condurre anche tramite i poteri officiosi ex art. 421 c.p.c. – perduri l’incertezza probatoria, la domanda del lavoratore andrà respinta in applicazione della regola residuale desumibile dall’art. 2697 c.c..(Cass n. 3822/2019 ; Cass n. 13195/2019).
Il principio richiamato affida al lavoratore gli oneri di prova circa la reale sussistenza del licenziamento intimato fuori dalle certe modalità scritte, e ciò in ragione dei principi generali in tema di oneri probatori incombenti su chi propone una domand a. L’esito dell’indagine istruttoria, basata sul corretto adempimento dei detti oneri probatori, è poi conseguente alle valutazioni del giudice circa la sufficienza delle allegazioni e prove che occorre raggiungano un grado di certezza utile ad affermare la sussistenza del recesso orale.
Nel caso in esame in esito alla complessiva attività istruttoria espletata, la corte di merito ha evidenziato le discrasie emerse con riguardo ai comportamenti tenuti dalla lavoratrice successivamente all’ipotizzato licenziamento, tutti significativi di un a continuazione del rapporto di lavoro (richiesta dei ‘pezzi’ assegnati), e dunque in contrasto con l’indimostrata volontà datoriale di recedere.
La conseguente valutazione espressa dal giudice, frutto di un giudizio di merito a lui rimesso, non può essere oggetto di rivalutazione in questa sede di legittimità.
3)- Con il terzo motivo si lamenta che la Corte di Appello avrebbe del tutto omesso di valutare alcuni fatti documentati, presenti sin dall’inizio del giudizio, ed ha ritenuto di non tenere in alcuna considerazione senza alcuna motivazione né esplicita, né implicita, le ulteriori e diverse deduzioni ed eccezioni formulate in primo grado e ribadite in secondo grado dalla giornalista di per sé decisive per la decisione della controversia con conseguente violazione dell’art. 112 c.p.c. (error in procedendo per omessa pronuncia). Si deduce ancora la nullità della sentenza ex art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. e/o in subordine conseguente omesso esame di più fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione fra le parti ex art. 360 c.p.c. punto 5.
Con tale censura la lavoratrice lamenta che non si sia tenuto conto di taluni elementi, quali una conversazione avvenuta tra la stessa e il
vicecapo servizio in cui la ricorrente afferma di ‘essere stata buttata fuori dal giornale’ e l’interlocutore avrebbe risposto ‘so tutto’.
Tali circostanze, sia pur considerate, non risultano avere, in sé considerate, il requisito della decisività. Questa Corte ha avuto modo di chiarire che ‘ In tema di ricorso per cassazione costituisce fatto (o punto) decisivo ai sensi del’art.360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. quello la cui differente considerazione è idonea a comportare, con certezza, una decisione diversa (Cass. n.18368/2013; Cass. n. 17761/2016)
Ha anche specificato che ‘ L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012 (conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012), introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo, ossia idoneo a determinare un esito diverso della controversia’ ( Cass. n. 23238/2017)
La decisività del ‘fatto’ omesso assume nel vizio considerato dalla disposizione richiamata rilevanza assoluta poiche’ determina lo stretto nesso di causalità tra il fatto in questione e la differente decisione (non solo eventuale ma certa).
Tale condizione deve dunque essere chiaramente allegata dalla parte che invochi il vizio, onerata di rappresentare non soltanto l’omissione compiuta ma la sua assoluta determinazione a modificare l’esito del giudizio.
Posti tali principi, deve osservarsi che la comunicazione della stessa ricorrente di essere stata estromessa e la risposta ‘so tutto’, pur costituendo elementi di valutazione, non hanno il carattere dell’assolutezza e del certo risultato di ribaltare l’esi to istruttorio; esse vanno inserite nel più ampio contesto probatorio considerato dal giudice di merito che ha lasciato non pienamente dimostrato il recesso, alla luce dei vari elementi di prova emersi.
Il motivo deve dunque essere rigettato, come anche il ricorso nel suo complesso.
Le spese seguono il principio di soccombenza.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 4.500,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Cosi’ deciso in Roma il 4 marzo 2025.
La Presidente NOME COGNOME