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Licenziamento orale: la prova spetta al lavoratore

Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce l’onere della prova nel caso di licenziamento orale. Un pizzaiolo, licenziato verbalmente, si è visto riconoscere le sue ragioni. La Corte ha stabilito che, sebbene spetti al lavoratore dimostrare il licenziamento, la prova può essere fornita anche tramite indizi e testimonianze, non essendo sufficiente la mera interruzione del rapporto di lavoro. La Suprema Corte ha confermato la decisione della Corte d’Appello, che aveva accertato la natura subordinata del rapporto e l’illegittimità del licenziamento orale, rigettando il ricorso del datore di lavoro.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento Orale: A Chi Spetta l’Onere della Prova? La Cassazione Fa Chiarezza

Il licenziamento orale, sebbene quasi sempre illegittimo, pone una questione cruciale in sede di giudizio: chi deve provare che sia effettivamente avvenuto? E come? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 1336 del 2024, offre un’analisi dettagliata su questo tema, ribadendo principi fondamentali sull’onere della prova e sul valore degli elementi indiziari. La vicenda riguarda un pizzaiolo che, dopo l’interruzione del rapporto, si era rivolto al giudice per far accertare l’esistenza di un lavoro subordinato e l’inefficacia del licenziamento comunicatogli solo verbalmente.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dal reclamo di un lavoratore, impiegato come cuoco pizzaiolo, contro la decisione di primo grado. La Corte d’Appello di Napoli, in riforma della precedente sentenza, accoglieva le sue richieste: accertava l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato e dichiarava inefficace il licenziamento orale intimatogli. Di conseguenza, condannava i datori di lavoro a reintegrarlo nel posto di lavoro e a corrispondergli le retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento fino alla reintegra.
I datori di lavoro, titolari di una pizzeria, proponevano ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel valutare le prove. A loro dire, non era stata dimostrata né la subordinazione, né tantomeno l’esistenza di un licenziamento orale, sostenendo che il rapporto fosse una mera collaborazione occasionale e che nessun testimone avesse assistito direttamente all’atto del licenziamento.

L’Onere della Prova nel Licenziamento Orale

Il cuore della controversia ruota attorno all’articolo 2697 del Codice Civile, che disciplina l’onere della prova. Secondo i ricorrenti, il lavoratore non aveva fornito la prova rigorosa dei fatti costitutivi della sua domanda, ovvero la natura subordinata del rapporto e, soprattutto, l’atto di recesso unilaterale da parte del datore di lavoro.
La Cassazione, nel respingere il ricorso, chiarisce un punto fondamentale. Se è vero che spetta al lavoratore che impugna un licenziamento orale dimostrare che la fine del rapporto sia dovuta a una volontà datoriale, tale prova non richiede necessariamente testimoni diretti dell’evento. La volontà del datore di lavoro può essere provata anche attraverso comportamenti concludenti e presunzioni.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto infondati entrambi i motivi di ricorso. In primo luogo, ha sottolineato che la Corte d’Appello aveva compiutamente esaminato le prove testimoniali, dalle quali era emerso che il lavoratore era presente quotidianamente in pizzeria, svolgeva mansioni di cuoco, ed era inserito stabilmente nell’organizzazione aziendale, ricevendo direttive (eterodiretto).
Per quanto riguarda la prova specifica del licenziamento orale, la Cassazione ha valorizzato l’approccio del giudice di merito. La Corte territoriale aveva correttamente unito diversi elementi di prova. Un informatore aveva riferito di aver saputo direttamente dal lavoratore di essere stato licenziato. Un altro testimone aveva confermato che il rapporto di lavoro era cessato a fine novembre 2012 per motivi economici, poiché l’azienda non poteva più sostenere il costo di due pizzaioli, e che lui stesso aveva preso il posto del lavoratore licenziato.
Questi elementi, seppur indiretti, sono stati considerati idonei a formare una prova presuntiva grave, precisa e concordante. La Cassazione ha ribadito il principio secondo cui, di fronte alla cessazione del rapporto e in assenza di un licenziamento scritto (e a fronte della negazione stessa dell’esistenza di un rapporto di lavoro da parte del datore), gli indizi raccolti possono essere valutati unitariamente per dimostrare la volontà datoriale di porre fine al contratto.

Conclusioni

La pronuncia in esame consolida un importante orientamento giurisprudenziale. Il lavoratore che subisce un licenziamento orale ha l’onere di provare che l’interruzione del rapporto è ascrivibile a una decisione del datore di lavoro. Tuttavia, questa prova non deve essere diabolica. La mera cessazione della prestazione non è sufficiente, ma può diventarlo se corroborata da altri elementi (come testimonianze indirette, comportamenti concludenti del datore, assunzione di un sostituto) che, valutati nel loro complesso, rendono logica e plausibile la conclusione che vi sia stato un licenziamento. Questa decisione rafforza la tutela del lavoratore contro forme di recesso illegittime, chiarendo che il giudice può e deve utilizzare tutti gli strumenti probatori, inclusi quelli presuntivi, per accertare la verità dei fatti.

A chi spetta l’onere della prova in caso di licenziamento orale?
Secondo la sentenza, l’onere di provare che l’interruzione del rapporto di lavoro sia dovuta a una volontà del datore di lavoro spetta al lavoratore. Egli deve dimostrare il fatto costitutivo della sua domanda, cioè l’avvenuta intimazione del licenziamento.

Come può un lavoratore dimostrare di essere stato licenziato verbalmente?
La prova può essere fornita non solo con prove dirette, ma anche attraverso elementi presuntivi e testimonianze indirette. Nel caso specifico, le dichiarazioni di un testimone che aveva saputo del licenziamento e del motivo economico alla base, unite all’assunzione di un sostituto, sono state ritenute sufficienti a dimostrare la volontà del datore di lavoro.

La semplice interruzione della prestazione lavorativa è sufficiente per provare un licenziamento orale?
No, la sola cessazione dell’esecuzione della prestazione lavorativa non è di per sé sufficiente a provare il licenziamento. È necessario che il lavoratore fornisca ulteriori elementi che dimostrino che tale cessazione sia stata causata da un atto unilaterale di recesso del datore di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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