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Licenziamento oggettivo: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo di una segretaria a seguito della soppressione della posizione del suo superiore. La Corte ha ribadito che non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge, e ha ritenuto assolto l’obbligo del datore di lavoro di cercare una ricollocazione (repêchage) per la dipendente.

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Licenziamento per Giustificato Motivo Oggettivo: la Cassazione fa Chiarezza

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo rappresenta una delle tematiche più delicate nel diritto del lavoro, poiché tocca il difficile equilibrio tra le esigenze organizzative e produttive dell’impresa e il diritto del lavoratore alla stabilità del posto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre spunti preziosi per comprendere i limiti e le condizioni di legittimità di tale recesso, in particolare quando è legato alla soppressione di una posizione lavorativa.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda una lavoratrice, impiegata come segretaria personale del direttore generale di una nota società alberghiera. A seguito di un’ampia riorganizzazione aziendale, la posizione del direttore generale viene soppressa. Di conseguenza, l’azienda procede al licenziamento della sua segretaria, motivandolo con la soppressione della sua funzione, strettamente legata a quella del dirigente.

La lavoratrice impugna il licenziamento, sostenendo che le sue mansioni non fossero esclusivamente quelle di segretaria personale e che l’azienda non avesse adeguatamente verificato la possibilità di ricollocarla in altre posizioni. La Corte d’Appello, riformando parzialmente la decisione di primo grado, dà ragione all’azienda, ritenendo il licenziamento legittimo. La lavoratrice decide quindi di ricorrere in Cassazione.

La Decisione sul Licenziamento per Giustificato Motivo Oggettivo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della lavoratrice, confermando la piena legittimità del licenziamento. La decisione si fonda su due principi cardine del nostro ordinamento processuale.

In primo luogo, la Corte ha dichiarato inammissibili i motivi di ricorso con cui la lavoratrice chiedeva di rivalutare le sue effettive mansioni e le reali ragioni aziendali alla base del recesso. I giudici hanno ribadito che il giudizio di cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte non può riesaminare i fatti o le prove, ma solo controllare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge. L’accertamento delle mansioni svolte e della effettività delle ragioni organizzative è un’indagine di fatto, riservata in via esclusiva al giudice del merito.

In secondo luogo, la Corte ha ritenuto infondato il motivo relativo alla violazione dell’obbligo di repêchage.

Le Motivazioni: l’Obbligo di Repêchage e i Limiti del Giudice

La Corte d’Appello aveva accertato che l’unica altra posizione di segreteria in azienda era già occupata da una dipendente con maggiore anzianità di servizio e che non vi erano altre posizioni vacanti, neppure di livello inferiore, in cui ricollocare la lavoratrice. Sulla base di queste risultanze, la Cassazione ha concluso che il datore di lavoro aveva correttamente adempiuto al suo obbligo di verificare la possibilità di un reimpiego.

La motivazione della Suprema Corte è chiara: una volta che il giudice di merito ha accertato, con una valutazione basata sulle prove, l’impossibilità di ricollocare il lavoratore, non è possibile chiedere in sede di legittimità una nuova e diversa valutazione di quelle stesse prove. La censura della ricorrente, pur richiamando norme di legge, si traduceva in una richiesta di rivisitare il merito della vicenda, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.

Conclusioni

Questa pronuncia rafforza alcuni punti fermi in materia di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Per le aziende, emerge la conferma che un licenziamento è legittimo se fondato su un’effettiva riorganizzazione che comporti la soppressione di un posto di lavoro, a condizione di poter dimostrare di aver cercato, senza successo, una soluzione alternativa per il dipendente (obbligo di repêchage). Per i lavoratori, la sentenza sottolinea l’importanza di articolare le proprie difese in fatto nei primi due gradi di giudizio, poiché in Cassazione non sarà più possibile rimettere in discussione l’accertamento degli eventi così come ricostruito dai giudici di merito.

Quando è legittimo un licenziamento per giustificato motivo oggettivo legato a una riorganizzazione?
È legittimo quando la riorganizzazione aziendale comporta l’effettiva soppressione della posizione lavorativa e il datore di lavoro dimostra di non aver potuto ricollocare il lavoratore in altre mansioni disponibili all’interno dell’azienda (obbligo di repêchage).

Cosa deve dimostrare il datore di lavoro riguardo all’obbligo di repêchage?
Il datore di lavoro deve dimostrare di aver verificato l’assenza di posizioni lavorative equivalenti o anche inferiori compatibili con la professionalità del lavoratore da ricollocare. Nel caso di specie, è stato accertato che l’unico altro posto simile era già occupato da una dipendente più anziana e non vi erano altre posizioni vacanti.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare i fatti di una causa di licenziamento?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di legge da parte dei giudici precedenti, non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove presentate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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