Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 21402 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 21402 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 13821-2022 proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
AZIENDE RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 268/2022 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/03/2022 R.G.N. 521/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 05/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
LICENZIAMENTO PER GIUSTIFICATO MOTIVO OGGETTIVO
R.G.N. 13821/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 05/06/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma del provvedimento del giudice di primo grado, ha respinto le domande proposte da NOME COGNOME nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE accertando la legittimità del licenziamento intimato per giustificato motivo oggettivo in data 17.5.2019 e l’insussistenza della natura ritorsiva del suddetto recesso.
La Corte territoriale ha rilevato che la lavoratrice svolgeva la mansione di segretaria personale del dirigente, il direttore generale NOME COGNOME la cui posizione -nell’ambito di una riorganizzazione aziendale – era stata soppressa a maggio del 2019 (soppressione ritenuta legittima dal Tribunale di Roma e, comunque, non contestata dalla lavoratrice), con conseguente, logica, soppressione della sua segreteria personale; ha, inoltre, accertato che non vi era possibilità di alcuna ricollocazione all’interno dell’azienda, in quanto l’unico posto esistente nell’organigramma con mansioni di segreteria era già assegnato ad altra dipendente più anziana della COGNOME; infine, i giudici di merito hanno escluso la ricorrenza di profili ritorsivi, a fronte del l’accertata legittimità del licenziamento, aggiungendo che il licenziamento in esame non poteva paragonarsi ai licenziamenti intimati, contestualmente, ad altri lavoratori che ricoprivano funzioni diverse dalla COGNOME.
Avverso tale sentenza la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da memoria. La società ha resistito con controricorso.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, nn. 3 e 5, omesso esame di un fatto decisivo nonché violazione dell’art. 115 c.p.c. avendo, la Corte territoriale, errato nel ritenere la lavoratrice quale segretaria personale del direttore generale, in quanto il materiale probatorio versato agli atti dimostrava una ben differente posizione nell’organico aziendale.
Con il secondo motivo di ricorso, si denunzia, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, violazione degli artt. 2697 c.c., 115 e 416 c.p.c., 5 della legge n. 604 del 1966 avendo, la Corte di appello, erroneamente collegato il licenziamento della lavoratrice a quello del direttore generale, nonostante la lettera di licenziamento si riferisse al mancato raggiungimento di una ‘ riorganizzazione aziendale finalizzata ad ottenere una maggiore efficienza ed economicità di gestione’, profili non indagati dal giudice di merito.
Con il terzo motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 5 della legge n. 604 del 1966, 2697 c.c., 115 e 416 c.p.c. avendo, la Corte territoriale, affermato -senza alcun fondamento istruttorio -che esisteva, nell’organigramma aziendale, solamente un altro posto di segretaria, senza ulteriormente indagare se fossero presenti anche posti vacanti di qualifica inferiore.
I primi due motivi di ricorso sono inammissibili.
4.1. Va rammentato che l’accertamento in fatto delle mansioni svolte dalla lavoratrice è riservato al giudice del merito ed è censurabile in sede di legittimità nei limiti previsti dall’art. 360 n. 5 c.p.c., applicabile alla fattispecie nel testo riformulato dall’art. 54 del d.l. 22.6.2012 n. 83 (cfr. Cass. nn. 19183 e 17034 del 2016).
4.2. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che la disposizione sopra richiamata ha introdotto “nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua ”decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.” (Cass. S.U. 7.4.2014 n. 8053).
4.3. Ancora di recente le Sezioni unite hanno ribadito l’inammissibilità di censure che ‘sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata l’azione’, così travalicando ‘dal modello legale di denuncia di un vizio riconducibile all’art. 360 cod. proc. civ., perché pone a suo presupposto una diversa ricostruzione del merito degli accadimenti’ (cfr. Cass.
SS.UU. n. 34476 del 2019; conf. Cass. SS.UU. n. 33373 del 2019; Cass. SS.UU. n. 25950 del 2020).
4.4. Le censura in esame sono inammissibili in quanto non individuano un errore di diritto ma, piuttosto, involgono apprezzamenti di merito in ordine all’individuazione delle mansioni svolte dalla lavoratrice, valutazione in quanto tale sottratta al sindacato di questa Corte.
4.5. La Corte territoriale ha, invero, accertato che la lavoratrice svolgeva il ruolo di segretaria personale del direttore generale, NOME COGNOME, chiamato nel 2017 per avviare un ampio progetto di riorganizzazione degli alberghi della società, modello organizzativo che si era dimostrato fallimentare, visto l’andamento negativo del fatturato relativo agli anni 2018 e 2019; essendo stato allontanato dall’azienda il COGNOME, e, dunque, venuta meno la funzione di direttore generale (accentrata nel Presidente del Consiglio di amministrazione), era stata conseguentemente soppressa anche la posizione di segreteria personale.
Il terzo motivo di ricorso è infondato.
5.1. La Corte territoriale, ritenendo fondata la prospettazione del datore di lavoro concernente l’esistenza, in azienda, di una sola posizione di segretaria (già ricoperta da dipendente più anziana), l’assenza di nuove assunzione da settembre 2019 e l’ine sistenza di altre posizioni lavorative inferiori alla qualifica ricoperta dalla lavoratrice (pag. 9 della sentenza impugnata), ha accertato l’adempimento, da parte del datore di lavoro, dell’obbligo di repêchage, e la censura della ricorrente sollecita, ad onta dei richiami normativi in contenuti nella rubrica del motivo, una rivisitazione nel merito della vicenda e delle risultanze processuali affinché se ne fornisca un diverso apprezzamento non spettante a questa Corte di legittimità.
In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonché in Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 giugno 2025.
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME