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Licenziamento oggettivo: illegittimo se si cerca stagista

La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo in un caso in cui l’azienda, dopo aver dichiarato soppressa la posizione di una lavoratrice, aveva avviato la ricerca di stagisti per svolgere mansioni sostanzialmente identiche. Secondo la Corte, l’effettiva soppressione del posto di lavoro è un accertamento di fatto che può essere smentito anche tramite presunzioni, come la ricerca di nuovo personale a breve distanza dal recesso, a prescindere dalla forma contrattuale proposta.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento per Giustificato Motivo Oggettivo: la Ricerca di uno Stagista Può Renderlo Illegittimo?

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo rappresenta una delle cause di cessazione del rapporto di lavoro più delicate, poiché si fonda su ragioni economiche e organizzative dell’azienda e non su una colpa del dipendente. Ma cosa accade se, poco dopo aver licenziato un lavoratore per soppressione del posto, l’azienda cerca nuovo personale, anche se con un contratto di stage? Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo punto, sottolineando come la realtà dei fatti prevalga sulla forma. Analizziamo insieme la decisione per capire i limiti del potere di recesso del datore di lavoro.

I Fatti del Caso: un Posto di Lavoro Soppresso… o Forse No?

Una società operante nel settore degli imballaggi in materie plastiche licenziava una dipendente adducendo come motivazione la soppressione della sua posizione lavorativa per esigenze di riorganizzazione. La lavoratrice impugnava il licenziamento, sostenendone la natura pretestuosa. L’elemento chiave emerso durante il giudizio era che, a soli due mesi dal licenziamento, l’azienda aveva pubblicato annunci per la ricerca di stagisti da inserire nella medesima posizione, con mansioni sostanzialmente identiche a quelle della lavoratrice allontanata. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dato ragione alla lavoratrice, ritenendo il licenziamento illegittimo. L’azienda, non rassegnata, proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che la ricerca di uno stagista non potesse essere equiparata all’assunzione di un lavoratore subordinato e, quindi, non dimostrava che il posto di lavoro non fosse stato realmente soppresso.

La Decisione della Corte: il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è un pretesto

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando le sentenze dei gradi precedenti e dichiarando definitivamente illegittimo il licenziamento. Gli Ermellini hanno stabilito che la valutazione circa l’effettiva soppressione di un posto di lavoro è un accertamento di fatto, riservato al giudice del merito. Tale accertamento può basarsi su qualsiasi mezzo di prova, incluse le presunzioni. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente dedotto, attraverso un ragionamento logico e coerente, che la necessità di inserire nuovo personale a breve distanza dal recesso, seppur con un contratto di stage, palesava che le mansioni non erano state né soppresse né ridistribuite tra il personale in servizio, ma erano rimaste ‘scoperte’ e necessitavano di essere coperte.

Analisi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo alla luce della sentenza

La Corte ha chiarito un principio fondamentale: per valutare la legittimità di un licenziamento economico, non ci si può fermare alla forma giuridica dei rapporti che l’azienda instaura successivamente. Il punto cruciale è l’effettività della ragione addotta. Se l’azienda licenzia sostenendo di non aver più bisogno di una certa figura professionale, ma poi cerca attivamente qualcuno per svolgere le stesse attività, sta di fatto contraddicendo la motivazione del recesso. La circostanza che si cerchi uno stagista invece di un dipendente a tempo indeterminato non cambia la sostanza: l’esigenza organizzativa di coprire quelle mansioni esiste ancora.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su alcuni pilastri giuridici solidi. In primo luogo, ha ribadito che il controllo del giudice sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo riguarda l’effettività e la non pretestuosità della ragione addotta dall’imprenditore. Si tratta di una quaestio facti (questione di fatto), il cui apprezzamento è riservato ai giudici di merito e non può essere rivalutato in sede di legittimità, se non per vizi logici gravi, qui non riscontrati.

In secondo luogo, la Corte ha specificato che la prova della non effettività della soppressione del posto può essere data con ogni mezzo, comprese le presunzioni semplici (art. 2727 c.c.). I giudici di merito hanno correttamente valorizzato una serie di indizi gravi, precisi e concordanti: la ricerca di personale a soli due mesi dal licenziamento, per la medesima posizione e con mansioni sostanzialmente identiche, con la finalità di un inserimento stabile in azienda. Questo insieme di elementi ha permesso di risalire dal fatto noto (la ricerca dello stagista) al fatto ignoto (la non veridicità della soppressione del posto).

Infine, la Corte ha respinto le argomentazioni della società relative alla non ammissione di prove testimoniali, ricordando che la valutazione sull’ammissibilità e rilevanza delle prove spetta al giudice di merito e non è sindacabile in Cassazione se non entro limiti rigorosissimi e qui non violati.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Datori di Lavoro e Lavoratori

Questa ordinanza offre un importante monito ai datori di lavoro: un licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve basarsi su una riorganizzazione aziendale reale, effettiva e dimostrabile. La soppressione del posto di lavoro deve essere definitiva e non un mero pretesto per sostituire un dipendente con personale a minor costo, come uno stagista. Per i lavoratori, la sentenza rafforza la tutela contro i licenziamenti pretestuosi, confermando che il giudice ha il potere di guardare oltre le apparenze formali per accertare la vera natura delle decisioni aziendali. La coerenza tra le motivazioni addotte per il licenziamento e le successive azioni dell’azienda è, e rimane, un elemento cruciale per la validità del recesso.

La ricerca di uno stagista dopo un licenziamento per giustificato motivo oggettivo rende automaticamente illegittimo il recesso?
Non automaticamente, ma è un elemento presuntivo molto forte che può portare il giudice a ritenere il licenziamento illegittimo. La decisione si basa sulla valutazione complessiva delle circostanze, come la vicinanza temporale tra licenziamento e ricerca, la coincidenza delle mansioni e la finalità di assunzione dello stagista. Se questi elementi dimostrano che il posto di lavoro non era stato effettivamente soppresso, il licenziamento è illegittimo.

È sufficiente che un’azienda affermi di aver soppresso un posto di lavoro per giustificare un licenziamento?
No, non è sufficiente. Il controllo del giudice verte proprio sulla veridicità e non pretestuosità della ragione addotta. L’azienda deve essere in grado di dimostrare l’effettiva soppressione della posizione lavorativa o la redistribuzione delle mansioni tra il personale esistente. Le azioni successive dell’azienda, come la ricerca di nuovo personale, possono contraddire e invalidare la motivazione dichiarata.

Un datore di lavoro può difendersi sostenendo che uno stage non è un rapporto di lavoro subordinato?
No, questa difesa non è risolutiva. Come chiarito dalla Corte, ciò che rileva non è la forma giuridica del nuovo rapporto (stage, tirocinio, etc.), ma la sostanza: se le mansioni richieste al nuovo inserito sono le stesse del lavoratore licenziato, significa che l’esigenza aziendale di coprire quella posizione non è mai venuta meno, rendendo pretestuosa la motivazione del licenziamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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