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Licenziamento non domino: tutele dopo la cessione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31551/2024, affronta il caso di una lavoratrice licenziata dalla società cedente dopo che il suo rapporto di lavoro era già stato trasferito per legge alla società cessionaria. La Corte stabilisce che tale licenziamento è giuridicamente inesistente (‘tam quam non esset’) e non semplicemente illegittimo. Di conseguenza, non si applicano le tutele specifiche previste dall’art. 18 L. 300/70, ma quelle del diritto comune: il rapporto di lavoro prosegue senza interruzioni con la società cessionaria, che è l’unica obbligata a corrispondere le retribuzioni. La società cedente non può essere condannata ad alcun risarcimento.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento non domino: le tutele dopo la cessione d’azienda

La cessione d’azienda è un momento delicato nella vita di un’impresa e dei suoi dipendenti. La legge, con l’articolo 2112 del codice civile, stabilisce un principio fondamentale: la continuità dei rapporti di lavoro, che passano automaticamente in capo al nuovo titolare. Ma cosa succede se il vecchio datore di lavoro, dopo la cessione, tenta di licenziare un dipendente? La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31551 del 2024, offre una risposta netta, qualificando tale atto come licenziamento non domino e delineando le tutele spettanti al lavoratore. Questo provvedimento chiarisce che il recesso è giuridicamente inesistente e che l’unico responsabile del rapporto è il nuovo datore di lavoro.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda una lavoratrice di una compagnia aerea il cui rapporto di lavoro era stato trasferito, per effetto di una cessione di ramo d’azienda, da una società (la cedente) a un’altra (la cessionaria). Nonostante il trasferimento fosse già pienamente efficace per legge, la società cedente aveva successivamente intimato il licenziamento alla dipendente. La Corte d’Appello, pur riconoscendo il passaggio del rapporto di lavoro, aveva dichiarato illegittimo il licenziamento e condannato la società cedente a un’indennità risarcitoria, ordinando invece alla società cessionaria la reintegrazione. Contro questa decisione hanno proposto ricorso tutte le parti coinvolte, dando vita a un complesso quadro processuale.

Il Principio del Licenziamento non domino e la Decisione della Cassazione

Il cuore della questione ruota attorno alla natura giuridica del licenziamento intimato da chi non è più il datore di lavoro. La Cassazione accoglie il ricorso della società cedente, affermando un principio consolidato: il recesso comunicato da un soggetto ormai estraneo al rapporto di lavoro non è semplicemente nullo o illegittimo, ma giuridicamente inesistente. Viene qualificato come licenziamento non domino, un atto tam quam non esset, ovvero ‘come se non fosse mai esistito’.

Questa distinzione non è puramente teorica, ma ha conseguenze pratiche enormi. Se il licenziamento è inesistente, non può produrre alcun effetto, neanche quello di estinguere il rapporto di lavoro. Di conseguenza, non si attivano le tutele specifiche previste dalla legge per i licenziamenti illegittimi, come quelle dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori (reintegrazione e indennità risarcitoria).

Le Tutele del Diritto Comune

Al posto delle tutele speciali, si applicano i rimedi del diritto comune. Il rapporto di lavoro si considera come mai interrotto e prosegue senza soluzione di continuità con l’effettivo e unico datore di lavoro: la società cessionaria. Sarà quest’ultima, pertanto, l’unica obbligata a corrispondere tutte le retribuzioni maturate dal momento in cui il licenziamento inesistente ha tentato di produrre i suoi effetti. La società cedente, invece, essendo un soggetto terzo, non può essere condannata a pagare alcun risarcimento del danno.

Le Motivazioni della Corte

La Corte motiva la sua decisione basandosi sulla logica dell’articolo 2112 c.c., che garantisce l’effetto legale del trasferimento del rapporto di lavoro. Un atto successivo posto in essere dal cedente è inidoneo a incidere su un rapporto di cui non ha più la titolarità. La Cassazione chiarisce che il lavoratore non ha nemmeno l’onere di impugnare formalmente un atto giuridicamente inesistente, poiché la sua unica finalità è far valere l’effettività del passaggio e la prosecuzione del rapporto con il cessionario. La tutela applicabile è quindi quella contrattuale ordinaria, che impone al datore di lavoro (cessionario) di adempiere alle proprie obbligazioni, inclusa quella retributiva.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza la tutela dei lavoratori nelle operazioni di trasferimento d’azienda. Stabilisce in modo inequivocabile che il licenziamento non domino è un atto privo di qualsiasi valore giuridico. Le implicazioni pratiche sono chiare:

1. Per il lavoratore: La sua tutela risiede nella continuità del rapporto con il nuovo datore di lavoro e nel diritto a percepire tutte le retribuzioni maturate. Non deve temere decadenze per la mancata impugnazione di un atto inesistente.
2. Per la società cedente: Una volta perfezionata la cessione, non ha più alcun potere di recesso e non può essere ritenuta responsabile per danni derivanti da un licenziamento che non poteva intimare.
3. Per la società cessionaria: È l’unica titolare del rapporto di lavoro e, di conseguenza, l’unica responsabile per gli obblighi retributivi e contributivi verso il dipendente trasferito.

Qual è la validità di un licenziamento comunicato dal precedente datore di lavoro dopo una cessione d’azienda?
Secondo la Corte di Cassazione, tale licenziamento è giuridicamente inesistente (‘tam quam non esset’). Non è semplicemente nullo o illegittimo, ma è un atto privo di qualsiasi effetto giuridico perché proviene da un soggetto che non ha più la titolarità del rapporto di lavoro.

Chi è tenuto a pagare lo stipendio al lavoratore in caso di licenziamento da parte del cedente dopo la cessione?
L’unico soggetto obbligato a corrispondere la retribuzione è la società cessionaria, ovvero il nuovo datore di lavoro. Poiché il licenziamento è inesistente, il rapporto di lavoro si considera proseguito senza interruzioni con la società acquirente, che deve quindi farsi carico di tutti gli obblighi contrattuali.

Il lavoratore deve impugnare formalmente il licenziamento intimato dal vecchio datore di lavoro per non perdere i suoi diritti?
No. La Corte ha chiarito che, trattandosi di un atto giuridicamente inesistente, non è necessario impugnarlo entro specifici termini di decadenza. L’azione del lavoratore è volta unicamente a far accertare la continuità del rapporto di lavoro con il cessionario e a ottenere le retribuzioni dovute.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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