Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34563 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34563 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 11829-2022 proposto da:
NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– ricorrente –
principale –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale nonchè contro
NOME
ricorrente principale – controricorrente incidentale –
Oggetto
Licenziamento
ex lege n. 92 del 2012
R.G.N. 11829/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 08/11/2024
CC
avverso la sentenza n. 457/2022 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 31/03/2022 R.G.N. 969/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/11/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
In data 7.2.2018 la RAGIONE_SOCIALE intimava al dipendente NOME COGNOME con qualifica di addetto alle operazioni ausiliarie alla vendita (IV livello del CCNL di settore) in rapporto di part time per 30 ore settimanali presso il punto vendita di Botricello, il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (con decorrenza dal 31.3.2018) per i seguenti fatti: nel novembre del 2016 il COGNOME aveva chiesto di essere messo in aspettativa non retribuita (concessagli) fino al 20.2.2017 allorché, anziché riprendere servizio, aveva chiesto un ulteriore periodo di aspettativa ‘per seri motivi personale e familiari’; la RAGIONE_SOCIALE aveva rigettato tale istanza invitando il lavoratore a riprendere servizio e solo allora il COGNOME aveva comunicato di trovarsi ‘in carcerazione preventiva’ sin dal mese di novembre; l’azienda aveva rappresentato di avere provveduto a sostituire il lavoratore ma, perdurando la situazione, aveva precisato di non poterlo più sostituire comunicandogli l’intenzione di licenziarlo.
Il provvedimento di recesso era notificato al COGNOME con raccomandata a.r. ricevuta il 6.3.2018 ed era stato impugnato dal difensore del lavoratore (Avv. COGNOME con missiva del 23.2.2018, sottoscritta dal procuratore e dallo stesso COGNOME e notificata al datore di lavoro a mezzo pec .
Il Tribunale di Catanzaro, sia in fase sommaria che in sede di opposizione ex lege n. 92 del 2012, dichiarava inammissibile l’impugnativa stragiudiziale perché redatta in forma analogica, ovvero cartacea e sottoscritta materialmente e, poi, trasmessa in formato pdf.
La Corte di appello di Catanzaro, con la sentenza n. 457/2022, dichiarava, a differenza di quanto ritenuto dal primo giudice, efficace la impugnazione; tuttavia, esaminando il merito della vicenda,
riteneva che: a) era stata regolare la procedura di convocazione del lavoratore per il tentativo di conciliazione, per il giorno 21.2.2018, presso la DTL essendo la nota pervenuta presso la Casa Circondariale in cui era ristretto il Mercurio con attestazione di avvenuta comunicazione al detenuto in data 19.2.2018; b) la assenza prolungata dal posto di lavoro per oltre un anno, a causa di sottoposizione alla misura della custodia cautelare era indice di una impossibilità assoluta e non parziale della prestazione, per cui era legittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo: c) non era ipotizzabile una pretesa violazione dell’obbligo di repêchage stante l’impossibilità di rendere qualsiasi prestazione lavorativa per la condizione di restrizione in ambiente carcerario; d) non era fondata la richiesta di differimento di udienza, presentata nell’interesse del lavoratore, con le note depositate in data 19.2.2022, perché dalla documentazione prodotta non si evinceva quale fosse il provvedimento cautelare che aveva determinato l’assenza ed il conseguente licenziamento.
Avverso la sentenza di secondo grado NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi cui resisteva con controricorso la intimata che presentava, altresì, ricorso incidentale condizionato sulla base di tre motivi cui resisteva, a sua volta, il ricorrente principale con controricorso e successiva memoria.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo si denuncia la violazione dell’art. 7 della legge n. 604/1966, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, per la illegittimità del tentativo di conciliazione per omessa o irregolare convocazione del lavoratore. Si deduce, in sostanza, che la comunicazione, contenente l’invito alla partecipazione all’incontro presso la Commissione Provinciale di conciliazione, diretta ad esso ricorrente, si discostava dalla previsione contenuta nel richiamato art. 7 co. 4 legge n. 604/1966 perché non era stata trasmessa e recapitata
al domicilio del lavoratore, indicato nel contratto di lavoro o in altro domicilio formalmente comunicato, e perché la comunicazione effettuata presso la Casa Circondariale gli aveva impedito la concreta possibilità di partecipare all’incontro e di potere esercitare, nella appropriata sede extra-giudiziaria e in via conciliativa, il proprio diritto a contestare il licenziamento ovvero a sollecitare soluzioni alternative o anche a pervenire alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. Si rappresenta, inoltre, che essendo esso NOME ristretto in regime di alta sicurezza presso la Casa Circondariale di Vibo Valentia, non aveva avuto la possibilità di potere essere eventualmente rappresentato dal suo difensore in quanto l’avviso di convocazione, a questi inoltrato, non era mai pervenuto nella casella di posta elettronica per l’erronea indicazione dell’indirizzo pec del legale.
Con il secondo motivo si censura la violazione dell’art. 7 legge n. 604/1966, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, nonché l’assoluta carenza di motivazione di fatto decisivo per il giudizio in quanto, dalla data della comunicazione della convocazione del 19.2.2018 a quella di comparizione per il tentativo di conciliazione, per il regime detentivo cui era sottoposto esso lavoratore, vi era una assoluta impossibilità di potere partecipare alla seduta della Commissione come anche di comunicare tale impossibilità.
Con il primo motivo del ricorso incidentale la società lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 bis e 11 della legge 53/1994 e dell’art. 6 della legge n. 604/1966, in relazione all’articolo 360 co. 1 n. 3 cpc rilevando che, attraverso un esame di tutte le disposizioni in materia, la Corte di merito avrebbe dovuto ritenere la mancanza di qualsiasi valido atto di impugnazione del licenziamento e, quindi, dichiarare inammissibile l’originario ricorso.
Con il secondo motivo si eccepisce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cpc, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, per omessa pronuncia, da parte della Corte territoriale, sulla eccezione relativa alla non riconducibilità dell’impugnazio ne di licenziamento alla volontà del lavoratore recante una sottoscrizione a
lui non imputabile e apposta dopo appena quattro ore dello stesso giorno della sua comunicazione.
Con il terzo motivo la ricorrente si duole dell’omesso esame del fatto di cui al motivo precedente qualora la doglianza non fosse da qualificarsi come omessa pronuncia.
Preliminarmente va respinta l’eccezione di difetto della procura speciale, per sua giuridica inesistenza, sollevata dal controricorrente in relazione al ricorso introduttivo del presente giudizio.
Invero, in tema di procura alle liti, a seguito della riforma dell’art. 83 c.p.c. disposta dalla l. n. 141 del 1997, il requisito della specialità, richiesto dall’art. 365 c.p.c. come condizione per la proposizione del ricorso per cassazione (del controricorso e degli atti equiparati), è integrato, a prescindere dal contenuto, dalla sua collocazione topografica, nel senso che la firma per autentica apposta dal difensore su foglio separato, ma materialmente congiunto all’atto, è in tutto equiparata alla procura redatta a margine o in calce allo stesso; tale collocazione topografica fa sì che la procura debba considerarsi conferita per il giudizio di cassazione anche se non contiene un espresso riferimento al provvedimento da impugnare o al giudizio da promuovere, purché da essa non risulti, in modo assolutamente evidente, la non riferibilità al giudizio di cassazione, tenendo presente, in ossequio al principio di conservazione enunciato dall’art. 1367 c.c. e dall’art. 159 c.p.c., che nei casi dubbi la procura va interpretata attribuendo alla parte conferente la volontà che consenta all’atto di produrre i suoi effetti (Cass. n. 36057/2022, Cass. n. 36827/2022).
Nella fattispecie, la procura difensiva rilasciata dal COGNOME al proprio Difensore, sebbene non contenga il riferimento specifico al provvedimento impugnato, tuttavia è stata collocata, con foglio separato, in calce al ricorso per cassazione di talché è possibile desumere la certezza della provenienza dalla parte del potere di rappresentanza e la riferibilità della procura al giudizio cui l’atto accede.
Venendo allo scrutinio dei motivi del ricorso principale, deve rilevarsi che il primo presenta profili di infondatezza e di inammissibilità.
E’ infondato nella parte in cui si contesta che la comunicazione, contenente l’invito alla partecipazione all’incontro presso la Commissione Provinciale di conciliazione, diretta al lavoratore NOME, si discosta dalla previsione contenuta nel richiamato art. 7 co. 4 legge n. 604/1966.
Invero, attesa l’alternatività dei recapiti onde ritenere valida la ricezione della suddetta comunicazione, va sottolineato che la procedura prevista dalla suddetta disposizione sia stata pienamente osservata.
Invero, la società, con lettera del 7.2.2018, ha provveduto ad avviare il tentativo di conciliazione presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro, mediante comunicazione inviata al lavoratore a mezzo pec presso il carcere di Vibo Valentia ove era detenuto, presso la sua residenza nonché, sempre a mezzo pec , presso il suo Procuratore avv. COGNOME cui la pec risulta essere stata correttamente consegnata nella casella di posta.
La nota di convocazione dell’ITL per il giorno 21.2.2018 è pervenuta il 14.2.2018 presso la Casa Circondariale e comunicata al lavoratore il 19.2.2018.
In data 22.2.2018 l’Avv. COGNOME con propria nota, contestava la originaria richiesta dell’AZ spa del 7.2.2018.
Come è agevole rilevare, alcuna violazione del disposto dell’art. 7 legge n. 604/1966 è ravvisabile sotto il profilo procedimentale.
Quanto, poi, ai rilievi di cui alle restanti doglianze (riguardanti il breve lasso temporale concesso per partecipare all’incontro, la assenza della verifica, da parte della Commissione, della regolarità della convocazione, gli orari della avvenuta comunic azione al detenuto, il mancato ricevimento dell’avviso di convocazione all’indirizzo pec del legale per erronea indicazione del recapito), essi sono inammissibili sia perché prospettano questioni
nuove e sia perché attengono a circostanze ritenute, con un accertamento di merito, irrilevanti e, quindi, insindacabili in sede di legittimità.
Il secondo motivo, articolato in relazione al dedotto vizio ex art. 360 co. 1 n. 5 cpc, è inammissibile.
In primo luogo, va rilevato che si verte in ipotesi di cd. ‘doppia conforme’ in cui non si indicano, nella censura, le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse.
In secondo luogo, deve precisarsi che la formulazione di censure per il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione non è più consentita ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, nella ultima versione ratione temporis applicabile.
In terzo ed ultimo luogo, va ribadito che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (per tutte cfr. Cass. n. 17005/2024; Cass. n. 8053/2014).
Nella fattispecie, il fatto storico di essere il COGNOME sottoposto al regime detentivo è stato tenuto presente dalla Corte territoriale e ritenuto, in sostanza, trascurabile per avere egli ricevuto una tempestiva convocazione, per il tentativo di conciliazione, in relazione alla quale avrebbe potuto comunque attivarsi.
Il ricorso principale deve essere, pertanto, rigettato con conseguente assorbimento del ricorso incidentale proposto in via condizionata.
Al rigetto segue la condanna del ricorrente principale al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo, limitatamente al ricorrente principale.
PQM
La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale. Condanna il ricorrente principale al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, l’8 novembre 2024