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Licenziamento ingiurioso: onere della prova e limiti

Un ex dirigente, dopo un licenziamento ritenuto illegittimo, ha agito in giudizio per ottenere un risarcimento per il carattere ingiurioso del recesso, basato su una presunta fuga di notizie alla stampa da parte dell’azienda. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che spetta al lavoratore fornire la prova certa che la condotta lesiva sia direttamente attribuibile al datore di lavoro, non essendo sufficiente una mera presunzione.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento Ingiurioso: la Prova della Fuga di Notizie è a Carico del Lavoratore

Il licenziamento ingiurioso rappresenta una particolare categoria di recesso datoriale che, oltre a essere illegittimo, lede la dignità e l’onore del dipendente. Ma cosa succede se la notizia del licenziamento viene diffusa alla stampa prima ancora che il lavoratore ne sia informato? A chi spetta provare che la fuga di notizie è colpa dell’azienda? Con l’ordinanza n. 6548/2024, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su questi aspetti, delineando i confini tra valutazione di merito e violazione di legge.

I Fatti di Causa

Un dirigente generale di una società di trasporto pubblico veniva licenziato per giusta causa. Il Tribunale, in primo grado, dichiarava l’illegittimità del recesso e condannava l’azienda a un duplice risarcimento: uno per la perdita delle retribuzioni fino alla scadenza del contratto e un altro, cospicuo, per il danno non patrimoniale derivante dal carattere ingiurioso del licenziamento.

La Corte d’Appello, tuttavia, riformava parzialmente la decisione. Pur confermando l’illegittimità del licenziamento e il relativo danno economico, escludeva la natura ingiuriosa. Secondo i giudici di secondo grado, non vi era prova sufficiente che la diffusione della notizia del licenziamento sulla stampa, avvenuta prima della comunicazione ufficiale al dirigente, fosse direttamente attribuibile alla società.

Il lavoratore decideva quindi di ricorrere in Cassazione, sostenendo che la responsabilità dell’azienda dovesse essere presunta, poiché solo i suoi vertici erano a conoscenza della decisione al momento della fuga di notizie.

La Questione del Licenziamento Ingiurioso in Cassazione

Il punto centrale del ricorso verteva sulla prova del carattere ingiurioso del licenziamento. Il ricorrente lamentava la violazione di norme sull’onere della prova e sulla valutazione degli indizi (presunzioni), affermando che la Corte d’Appello avesse erroneamente rigettato la sua domanda di risarcimento per il danno alla reputazione.

Secondo la sua tesi, la pubblicazione della notizia da parte degli organi di stampa il giorno successivo alla delibera del Consiglio di Amministrazione costituiva un indizio grave, preciso e concordante, sufficiente a provare, in via presuntiva, la responsabilità del datore di lavoro nella diffusione lesiva.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo importanti precisazioni. In primo luogo, ha ribadito la distinzione fondamentale tra illegittimità del licenziamento e il suo carattere ingiurioso. Quest’ultimo non coincide con la semplice mancanza di giusta causa, ma richiede la presenza di forme e modalità offensive specifiche che ledono la dignità del lavoratore.

Il Collegio ha chiarito che la censura del ricorrente non riguardava un errore nell’applicazione delle norme di legge, ma una critica alla ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello. I giudici di merito avevano concluso che mancava la prova del fatto principale: la riconducibilità della comunicazione alla stampa alla società datrice di lavoro. Valutare se gli indizi fossero sufficienti a fondare una presunzione è un’attività riservata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità, se non per vizi logici non riscontrati nel caso di specie.

La Corte ha inoltre precisato che non vi è stata alcuna violazione dell’art. 2697 c.c. (onere della prova), poiché i giudici non hanno invertito tale onere, ma hanno semplicemente ritenuto che la parte onerata – il lavoratore – non avesse fornito prove adeguate a sostegno della propria pretesa.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione della Cassazione sottolinea un principio fondamentale: per ottenere un risarcimento per licenziamento ingiurioso, non è sufficiente dimostrare che si sono verificate circostanze potenzialmente lesive. È necessario fornire una prova concreta e diretta che tali circostanze siano state causate da un comportamento del datore di lavoro.

L’onere di questa prova grava interamente sul lavoratore. Affidarsi a semplici presunzioni, per quanto logiche possano apparire, può non essere sufficiente se il giudice di merito, nella sua valutazione discrezionale, le ritiene non abbastanza gravi, precise e concordanti. Questa ordinanza serve quindi da monito: la battaglia per il riconoscimento del carattere ingiurioso di un recesso si vince sul piano probatorio, con elementi certi che colleghino in modo inequivocabile la condotta lesiva all’azienda.

Qual è la differenza tra un licenziamento illegittimo e un licenziamento ingiurioso?
Un licenziamento illegittimo è un recesso privo di una giusta causa o di un giustificato motivo. Un licenziamento ingiurioso, invece, pur essendo illegittimo, è caratterizzato da particolari forme o modalità offensive che ledono la dignità e l’onore del lavoratore, giustificando un autonomo risarcimento del danno non patrimoniale.

A chi spetta l’onere di provare il carattere ingiurioso del licenziamento?
Secondo la Corte di Cassazione, l’onere della prova spetta interamente al lavoratore. È lui che deve dimostrare non solo l’esistenza di una condotta lesiva, ma anche che tale condotta è direttamente attribuibile al datore di lavoro.

Una fuga di notizie alla stampa sul licenziamento è sufficiente a renderlo ingiurioso?
No, non automaticamente. La sentenza chiarisce che la mera pubblicazione della notizia non è sufficiente se non viene provato in modo concreto che la comunicazione alla stampa sia stata effettuata dalla società datrice di lavoro. Una semplice presunzione, basata sul fatto che solo l’azienda conosceva la decisione, può essere ritenuta insufficiente dal giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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