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Licenziamento illegittimo: quando scatta la reintegra?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22300/2024, ha stabilito che in caso di licenziamento illegittimo per giustificato motivo oggettivo, qualora il fatto posto a base del recesso si riveli insussistente, il giudice deve ordinare la reintegrazione del lavoratore. La Corte ha applicato i principi sanciti da due sentenze della Corte Costituzionale, eliminando la necessità che l’insussistenza del fatto sia “manifesta”. Il caso riguardava un marinaio licenziato per il disarmo di un motopeschereccio, una circostanza poi ritenuta non sufficiente a giustificare il licenziamento.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento illegittimo: la reintegrazione è d’obbligo se il fatto non sussiste

Un licenziamento illegittimo può avere conseguenze molto diverse per il lavoratore, che vanno da un semplice indennizzo economico alla reintegrazione nel posto di lavoro. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale riguardo al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, stabilendo che quando il fatto alla base del licenziamento è insussistente, la reintegrazione non è una scelta discrezionale del giudice, ma un obbligo. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa: Dal Tribunale alla Corte d’Appello

Il caso riguarda un lavoratore, impiegato come marinaio su un motopeschereccio, licenziato da una società cooperativa. La motivazione addotta dall’azienda era il “disarmo” dell’imbarcazione, un classico esempio di giustificato motivo oggettivo legato a scelte organizzative.

In primo grado, il Tribunale ha dichiarato il licenziamento illegittimo, ordinando la reintegrazione del lavoratore e condannando l’azienda a un risarcimento. Il giudice ha riscontrato non solo vizi procedurali, ma anche una “manifesta insussistenza del fatto” che aveva motivato il recesso.

La Corte d’Appello, tuttavia, ha modificato la decisione. Pur confermando l’illegittimità del licenziamento, ha escluso la “manifesta” insussistenza del motivo, trasformando la tutela da reintegratoria a puramente economica. Al lavoratore è stata quindi riconosciuta un’indennità risarcitoria pari a 15 mensilità, ma il rapporto di lavoro è stato dichiarato definitivamente risolto.

Il Ricorso in Cassazione del Lavoratore

Il lavoratore ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando tre questioni principali:
1. Errata applicazione della legge: La Corte d’Appello avrebbe sbagliato a non considerare il fatto (il disarmo della nave) come manifestamente insussistente ai fini della reintegrazione.
2. Omessa pronuncia: I giudici di secondo grado non si sarebbero espressi sulla palese inconfigurabilità del fatto posto a base del licenziamento.
3. Contraddizione insanabile: La sentenza presentava una palese contraddizione tra la motivazione e il dispositivo finale riguardo alla quantificazione della retribuzione utile al calcolo del risarcimento.

Le Motivazioni della Cassazione: L’Impatto delle Sentenze Costituzionali sul licenziamento illegittimo

La Corte di Cassazione ha accolto tutti i motivi del ricorso, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo esame. La decisione si fonda su due pilastri fondamentali.

L’Insussistenza del Fatto e l’Obbligo di Reintegrazione

Il punto cruciale della decisione risiede nell’applicazione di due importantissime sentenze della Corte Costituzionale (n. 59/2021 e n. 125/2022), intervenute dopo la pronuncia della Corte d’Appello. In particolare, la sentenza n. 125/2022 ha dichiarato incostituzionale l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori nella parte in cui richiedeva che l’insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per motivo oggettivo fosse “manifesta” per poter applicare la tutela reintegratoria.

Di conseguenza, oggi è sufficiente che il giudice accerti la semplice insussistenza del fatto per essere obbligato a ordinare la reintegrazione del lavoratore. Non si tratta più di una facoltà, ma di un preciso dovere. Il licenziamento basato su una ragione organizzativa che si rivela inesistente è talmente grave da imporre la massima tutela prevista dall’ordinamento.

La Nullità per Contrasto tra Motivazione e Dispositivo

La Cassazione ha inoltre rilevato la fondatezza del terzo motivo di ricorso. La sentenza d’appello era viziata da un contrasto insanabile tra la parte motiva (dove si confermava un certo calcolo della retribuzione) e il dispositivo finale (che sembrava accogliere una quantificazione diversa richiesta dal lavoratore). Questo tipo di contraddizione, quando non risolvibile come semplice errore materiale, determina la nullità della sentenza.

Le Conclusioni: Cosa Cambia per il Licenziamento Illegittimo per Motivo Oggettivo

Questa ordinanza della Cassazione, applicando i principi costituzionali, rafforza significativamente la posizione del lavoratore di fronte a un licenziamento illegittimo per motivo oggettivo. Il messaggio è chiaro: se un’azienda licenzia un dipendente adducendo una ragione organizzativa (come la chiusura di un reparto o il disarmo di un mezzo) e questa ragione si dimostra inesistente in giudizio, la conseguenza non può che essere il ritorno del lavoratore al suo posto. La tutela economica diventa l’eccezione, mentre la reintegrazione torna ad essere la regola nei casi più gravi di illegittimità.

Cosa succede se il motivo oggettivo di un licenziamento si rivela inesistente?
Se in un processo viene accertato che il fatto posto alla base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo non sussiste, il giudice deve ordinare la reintegrazione del lavoratore nel suo posto di lavoro.

È necessario che l’insussistenza del fatto sia “manifesta” per ottenere la reintegrazione?
No. A seguito della sentenza n. 125/2022 della Corte Costituzionale, il requisito della “manifesta” insussistenza è stato eliminato. È sufficiente la semplice insussistenza del fatto per far scattare l’obbligo di reintegrazione.

Qual è la conseguenza di una contraddizione tra la motivazione e il dispositivo di una sentenza?
Se il contrasto tra ciò che il giudice spiega nella motivazione e ciò che ordina nel dispositivo è insanabile e non può essere corretto come un semplice errore materiale, la sentenza è nulla e deve essere cassata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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