Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22300 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 22300 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23479-2021 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, che lo rappresentano e difendono unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 617/2021 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 08/07/2021 R.G.N. 246/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/06/2024 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
Licenziamento
–
g.m.o. – insussistenza
–
effetti delle sentenza della
Corte
Costituzionale in materia
RNUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 05/06/2024
CC
RILEVATO CHE
il Tribunale di Rimini dichiarava l’illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo comunicato dalla RAGIONE_SOCIALE al dipendente NOME con nota 5.8.2019 e decorrenza 19.8.2019, per disarmo del motopeschereccio DALVENT operante nel settore della mitilicoltura, sul quale il lavoratore era imbarcato in cd. continuità, con qualifica di marinaio e applicazione del CCNL RAGIONE_SOCIALE, ravvisando violazione dell’art. 1, comma 40, legge n. 92/2012 per omesso espletamento della procedura di conciliazione e manifesta insussistenza del fatto posto alla base del licenziamento; ordinava la reintegrazione del lavoratore e condannava la RAGIONE_SOCIALE al pagamento dell’indennità risarcitoria nella misura di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, determinata nella misura di € 1.861,11, nonché al pagamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal recesso alla reintegra;
2. la Corte d’Appello di Bologna, pronunciando sui reclami, principale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e incidentale dal lavoratore, in parziale accoglimento del reclamo principale confermava l’illegittimità del licenziamento, ma dichiarava risolto il rapporto di RAGIONE_SOCIALE alla data della relativa efficacia, giudicando non manifesta l’insussistenza del motivo oggettivo a base del licenziamento, con condanna della società RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore del lavoratore di un’indennità risarcitoria pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, confermata in € 1.861,11, oltre accessori; respingeva il reclamo incidentale del lavoratore diretto alla rideterminazione della misura della retribuzione globale di fatto mediante
inclusione di assegno ad personam , quindi corrispondente a € 2.101,68;
3. per la cassazione della predetta sentenza ricorre il lavoratore con tre motivi, illustrati da memoria; resiste la società RAGIONE_SOCIALE con controricorso; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione degli artt. 3 legge n. 604/1966, art. 18, commi 4 e 7, legge n. 300/1970, 1256 e 1464 c.c.; sostiene che erroneamente la Corte di Bologna non ha ritenuto manifestamente insussistente la temporanea impossibilità di utilizzare le prestazioni del lavoratore quale giustificato motivo oggettivo di licenziamento, limitandosi a rilevare la violazione dell’obbligo di repêchage ;
con il secondo motivo (subordinato) deduce (art. 360, n. 4, c.p.c.) nullità della sentenza per omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. sulla manifesta inconfigurabilità del fatto posto a base del recesso;
3. con il terzo motivo deduce (art. 360, n. 4, c.p.c.) nullità della sentenza per contrasto tra dispositivo e motivazione, in quanto, in riferimento al reclamo incidentale con il quale si impugnava la quantificazione della retribuzione globale di fatto, nella motivazione della sentenza impugnata è stata confermata la quantificazione del primo giudice, mentre nel dispositivo è stata dichiarata dovuta la somma richiesta dal lavoratore;
i primi due motivi, connessi, sono fondati;
come noto, l’art. 18, comma 7, della legge n. 300/1970 (come novellato dalla legge n. 92/2012) che regola l’apparato
sanzionatorio da applicare in caso di accertamento della illegittimità di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo -è stato inciso da due recenti sentenze della Corte Costituzionale, successive alla pronuncia impugnata, proprio con riguardo ai r equisiti per l’applicazione della tutela reintegratoria in caso di accertata insussistenza di giustificato motivo oggettivo di licenziamento; la sentenza n. 59 del 2021 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, settimo comma, secondo periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall’art. 1, comma 42, lettera b), della legge 28 giugno 2012, nella parte in cui prevede che il giudice, quando accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, « può altresì applicare » -invece che « applica altresì » -la disciplina di cui al medesimo art. 18, quarto comma; la sentenza n. 125 del 2022 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18, settimo comma, secondo periodo, della legge 20 maggio 1970, n. 300, come modificato dall’art. 1, comma 42, lettera b), della legge 28 giugno 2012, n. 92, limitatamente alla parola « manifesta »;
6. anche nel giudizio di cassazione, per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma di legge, tale da condizionare il contenuto ed il tipo di decisione che la Corte stessa è chiamata a rendere, sussiste il dovere della Corte di cassazione di tenere conto della suddetta dichiarazione, posto che il giudizio di cassazione pende sino a quando la sentenza non sia stata pubblicata, e considerato che le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dopo la pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale (cfr. Cass. n. 16081/2004);
7. dette pronunce hanno rilievo decisivo e assorbente nel presente giudizio e portano, seppure con un meccanismo
peculiare, all’accoglimento dei primi due motivi del ricorso del lavoratore;
8. infatti, a seguito degli interventi della Corte costituzionale sull’apparato sanzionatorio da applicare in caso di illegittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ai sensi dell’art. 18, comma 7, della legge n. 300/1970, come novellato dalla legge n. 92/2012, il giudice, accertata l’insussistenza del fatto posto a base di tale licenziamento, deve ordinare la reintegrazione del lavoratore nel posto di RAGIONE_SOCIALE, senza facoltà di scelta tra tutela ripristinatoria e tutela economica (cfr. Cass. n. 30167/2022, n. 35497/2022, n. 1299/2023, n. 9937/2024);
9. è altresì fondato il terzo motivo;
10. nella motivazione della sentenza gravata si legge la conferma della ‘ quantificazione data dal primo giudice, corretta con l’inserimento dell’emolumento ad personam e con la sottrazione, invece, del rateo contabile del TFR ‘; nel dispositivo viene invece espressamente confermata la misura dell’ultima retribuzione globale di fatto ai fini dell’indennità risarcitoria affermata dal primo giudice e incidentalmente reclamata dal lavoratore, senza inclusione dell’emolumento ad personam e senza che possa comprendersi se l’importo risult ante sia pari a quello richiesto dal lavoratore o meno;
11. nel rito del RAGIONE_SOCIALE soltanto il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione determina la nullità della sentenza, da far valere mediante impugnazione, in difetto della quale prevale il dispositivo, e tale insanabilità deve escludersi quando sussista una parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, divergenti solo da un punto di vista quantitativo, e la seconda inoltre sia ancorata ad un elemento obiettivo che inequivocabilmente la sostenga, essendo in tal caso configurabile l’ipotesi legale del mero errore materiale;
12. nel caso di specie il contrasto tra motivazione e dispositivo della sentenza impugnata non può essere eliminato con il rimedio della correzione dell’errore materiale, poiché non è individuabile con certezza la statuizione del giudice attraverso una valutazione di prevalenza di una delle contrastanti affermazioni contenute nella decisione, con conseguente nullità in parte qua della pronuncia ai sensi dell’art. 156, comma 2, c.p.c. (cfr. Cass. n. 37079/2022, n. 21618/2019, n. 5939/2018);
13. conclusivamente, la sentenza impugnata, in accoglimento dei motivi del ricorso, deve essere cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo per il riesame della concreta fattispecie alla luce del mutato quadro normativo, e dunque per procedere all’applicazione della tutela reintegratoria e alla determinazione della misura della tutela risarcitoria in favore del lavoratore in ragione della già acclarata illegittimità del licenziamento, nonché per determinare la misura della retribuzione globale di fatto ai fini dell’indennità risarcitoria;
14. al giudice del rinvio spetta anche la regolazione delle spese di lite, incluse quelle del presente giudizio di legittimità;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso nella Adunanza camerale del 5 giugno 2024.
La Presidente dott.ssa NOME COGNOME