Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16774 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16774 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17798/2024 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO POTENZA n. 91/2024 depositata il 26/06/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE:
Con sentenza del 26.6.24 la corte d’appello di Potenza ha confermato la sentenza 16.5.23 del tribunale di Matera, che ritenuto ritorsivo il licenziamento della lavoratrice in epigrafe, per l’effetto ne aveva ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro.
Premesso che si tratta di licenziamento senza preavviso e che la contestazione era di ripetuta disobbedienza alle direttive dell’amministratore, peraltro lontana nel tempo, la corte territoriale ha -invece – ritenuto illegittimo il recesso non perché ritorsivo ma per mancata contestazione dell’addebito disciplinare, violazione degli articoli 2, comma 2, legge 60/66, 7 co. 2 e 5 Stat. Lav., e per insussistenza del fatto contestato, con applicazione dell’articolo 18, comma 4, st.lav., ai fini della tutela.
Avverso tale sentenza ricorre la società datoriale con quattro motivi, cui resiste parte controricorrente. Entrambe le parti hanno presentato memorie.
Il Collegio, all’esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento.
CONSIDERATO CHE:
Il primo motivo deduce violazione degli articoli 112, 115 e 116 c.p.c., per non essersi la corte pronunciata sulla ricorrenza di un giustificato motivo oggettivo di recesso datoriale, costituito da un’incompatibilità ambientale della lavoratrice.
Il motivo è manifestamente infondato: per antica e costante giurisprudenza di questa SRAGIONE_SOCIALE. la natura ontologicamente disciplinare del licenziamento (come quello intimato nella vicenda in esame) implica sempre la necessità della previa contestazione dell’addebito; peraltro, va aggiunto che l’asserita incompatibilità ambientale della lavoratrice è stata esclusa in punto di fatto dalla corte territoriale.
Il secondo motivo deduce vizio di motivazione ai sensi del n. 5 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c., in ragione della assenza continuativa di oltre un anno della lavoratrice, fatto che sarebbe stato pacifico tra le parti.
Il motivo, pur non precluso da doppia conforme giacché le motivazioni delle sentenze di merito non coincidono, nondimeno è manifestamente infondato perché il cit. n. 5 del comma 1 dell’art. 360 c.p.c. riguarda propriamente l’omesso esame d’un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, mentre in questo caso l’assenza continuativa di oltre un anno della lavoratrice non riveste alcuna decisività per inficiare le considerazioni che la Corte territoriale ha posto ha fondamento della propria decisione.
Il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 co. 1 numero 4 c.p.c., omessa pronuncia ex art. 112, 115, 116, 132 c.p.c., 2697 c.c., 5 legge 604/66, in ragione del mancato accoglimento delle richieste istruttorie.
Anche tale motivo deve essere disatteso, in quanto la valutazione circa l’ammissibilità delle prove (che nella specie la corte ha escluso in quanto le relative richieste erano generiche ovvero perché la prova verteva su fatti non rilevanti) è valutazione discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sé in sede di legittimità; per altro verso, va esclusa la dedotta violazione dell’art. 2697 c.c., in quanto l’onere della prova della verificazione e della rilevanza dei
fatti giustificativi del licenziamento è sempre a carico del datore di lavoro (v. art. 5 legge n. 604/66).
Il quarto motivo deduce ex art. 360 co. 1 numero 4 c.p.c. motivazione illogica ex art. 112 e 132 c.p.c. e 18 comma 2 e 4 st. lav., per contraddittorietà della motivazione che ha ritenuto non ritorsivo, ma comunque illegittimo il licenziamento.
Il motivo è manifestamente infondato in quanto non vi è alcuna contraddizione tra le due affermazioni, trattandosi di vizi diversi e ben potendo un licenziamento non essere ritorsivo, ma illegittimo per altre ragioni.
Per il resto, nella sostanza le censure del ricorso investono l’accertamento compiuto in punto di fatto e mirano ad una rivisitazione del merito di causa, non consentita in questa sede.
Spese secondo soccombenza.
Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 5.500 per compensi professionali ed euro 200 per esborsi, oltre a spese generali al 15% ed accessori come per legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n.115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 aprile 2025.
Il Presidente
NOME COGNOME