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Licenziamento illegittimo per assenza: quando è lecito

Un’azienda di trasporti licenzia un dipendente per assenze ingiustificate, ma la Corte di Cassazione conferma che si tratta di un licenziamento illegittimo. Le assenze del lavoratore erano una reazione legittima all’inadempimento del datore di lavoro, che non aveva mai specificato le mansioni da svolgere né fornito gli strumenti necessari. La Corte ha ritenuto proporzionato il rifiuto del dipendente di presentarsi al lavoro di fronte a una grave mancanza aziendale, annullando il provvedimento espulsivo e respingendo le eccezioni procedurali della società.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento Illegittimo: L’Assenza è Giustificata se il Datore non Dà Istruzioni

L’assenza dal lavoro è una delle cause più comuni di sanzioni disciplinari e, nei casi più gravi, di licenziamento. Tuttavia, non sempre assentarsi significa avere torto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito che se l’assenza è una reazione diretta e proporzionata a una grave mancanza del datore di lavoro, il provvedimento espulsivo può essere considerato un licenziamento illegittimo. Questo principio, basato sull’eccezione di inadempimento, protegge il lavoratore che si trova nell’impossibilità di svolgere le proprie mansioni per colpa dell’azienda.

I Fatti del Caso: Sanzioni, Licenziamento e la Controversa “Zona di Consegna”

Il caso riguarda un autista addetto al ritiro e alla consegna di pacchi per una società di spedizioni. A un certo punto del rapporto, al lavoratore viene assegnata una nuova zona, denominata “giro di Bra”. Tuttavia, questa assegnazione rimane puramente teorica: l’azienda non fornisce mai dettagli precisi sul percorso, né mette a disposizione un mezzo aziendale o istruzioni operative, nonostante le ripetute richieste del dipendente.

Di fronte a questa situazione di stallo, il lavoratore si reca più volte presso la sede aziendale all’orario di inizio turno, ma senza un veicolo né compiti specifici, non può fare altro che constatare l’impossibilità di lavorare. Le sue conseguenti assenze vengono interpretate dall’azienda come ingiustificate, portando prima a tre sanzioni disciplinari (multe) e, infine, al licenziamento.

Il lavoratore impugna sia le sanzioni sia il licenziamento, ottenendo ragione sia in primo grado che in appello. I giudici di merito riconoscono che il comportamento del dipendente non era un’insubordinazione, ma una legittima reazione all’inadempimento contrattuale del datore di lavoro.

La Difesa del Lavoratore: un licenziamento illegittimo per inadempimento del datore

La tesi difensiva del lavoratore si fonda su un caposaldo del diritto civile: l’eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.). Secondo questo principio, in un contratto a prestazioni corrispettive come quello di lavoro, una parte può rifiutarsi di eseguire la propria prestazione se l’altra non adempie alla sua.

Nel caso specifico, il lavoratore ha sostenuto che l’obbligo principale del datore di lavoro è consentire lo svolgimento dell’attività lavorativa, fornendo mansioni, strumenti e direttive. Non avendo l’azienda mai concretizzato il “giro di Bra”, ha di fatto impedito al dipendente di lavorare. Le sue assenze, quindi, non erano un atto di negligenza, ma la conseguenza diretta e inevitabile della condotta aziendale. I giudici hanno ritenuto questa reazione proporzionata alla gravità dell’inadempimento datoriale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La società, sconfitta nei primi due gradi di giudizio, ricorre in Cassazione basando la sua difesa su diversi motivi, sia procedurali che di merito. La Suprema Corte, però, li ha respinti tutti, confermando la decisione della Corte d’Appello.

Rifiuto del Frazionamento del Credito

L’azienda lamentava che il lavoratore avesse avviato due cause separate (una per le sanzioni e una per il licenziamento), configurando un abusivo frazionamento del credito. La Corte ha respinto questa tesi, chiarendo che le due domande si basano su fatti costitutivi diversi, anche se collegati. Inoltre, la riunione dei due procedimenti sin dal primo grado ha eliminato qualsiasi potenziale pregiudizio per l’azienda.

Inammissibilità della Questione di Competenza

La società contestava anche la competenza territoriale del Tribunale di Cuneo. Anche questo motivo è stato dichiarato inammissibile perché l’azienda non lo aveva formulato correttamente nel ricorso, omettendo di trascrivere le parti essenziali degli atti precedenti. La Corte ha inoltre ricordato che la competenza si determina anche in base al luogo dove si trova una “dipendenza aziendale” in cui il lavoratore opera, e l’azienda non aveva contestato adeguatamente in primo grado che il lavoratore ritirasse il furgone in una località rientrante in quella giurisdizione.

La Legittimità dell’Eccezione di Inadempimento

Sul punto centrale della controversia, la Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello ha correttamente valutato i fatti. Il lavoratore aveva ampiamente dimostrato, tramite la documentazione prodotta, che il “giro di Bra” era un’assegnazione fantasma e che l’azienda lo aveva lasciato privo di compiti e strumenti. Di conseguenza, il suo rifiuto di adempiere alla prestazione lavorativa era giustificato. La Corte ha confermato che l’eccezione di inadempimento non richiede formule sacramentali, ma può essere desunta chiaramente dal complesso delle difese del lavoratore. La decisione dei giudici di merito era quindi ben motivata e immune da vizi, confermando il licenziamento illegittimo.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale nel diritto del lavoro: il rapporto di lavoro si basa su un equilibrio di diritti e doveri. Il datore di lavoro non può pretendere la prestazione del dipendente se, per primo, non adempie ai propri obblighi fondamentali, come quello di assegnare mansioni concrete e fornire gli strumenti per eseguirle.

Un’assenza dal lavoro, in un contesto simile, non è più una colpa del lavoratore, ma una legittima forma di autotutela. Il licenziamento che ne consegue è, pertanto, illegittimo e deve essere annullato, con tutte le conseguenze reintegratorie e risarcitorie previste dalla legge. La decisione serve da monito per le aziende a garantire sempre la concreta eseguibilità delle prestazioni richieste ai propri dipendenti.

È possibile presentare due ricorsi separati per contestare le sanzioni disciplinari e il licenziamento?
Sì, secondo la Corte è possibile se le domande si fondano su fatti costitutivi differenti, anche se storicamente collegati. In questo caso, l’impugnazione delle sanzioni e quella del licenziamento sono state ritenute distinte. Inoltre, l’eventuale riunione dei procedimenti in primo grado sana ogni potenziale pregiudizio per la parte convenuta.

L’assenza dal lavoro è sempre una giusta causa di licenziamento?
No. Questa ordinanza conferma che l’assenza non costituisce un illecito disciplinare se rappresenta una reazione giustificata e proporzionata a un grave inadempimento del datore di lavoro. Se l’azienda rende impossibile la prestazione lavorativa, il rifiuto del dipendente di presentarsi al lavoro è legittimo e un eventuale licenziamento per questo motivo è illegittimo.

Come si determina il tribunale competente in una causa di lavoro?
L’art. 413 c.p.c. prevede tre fori alternativi: quello dove è sorto il rapporto, quello dove si trova l’azienda (o una sua dipendenza) e quello dove il lavoratore è addetto. Nel caso di specie, la competenza è stata radicata nel luogo in cui il lavoratore ritirava il mezzo aziendale, considerato una “dipendenza aziendale”, poiché la società non aveva contestato specificamente tale circostanza in primo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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