Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20824 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 20824 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
SENTENZA
sul ricorso 24717-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 812/2024 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 03/10/2024 R.G.N. 564/2024; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; verbale
udito l’avvocato NOME COGNOME per delega avvocato NOME COGNOME
Oggetto
Licenziamento
R.G.N.24717/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 28/05/2025
PU
udito l’avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, in riforma della pronuncia di primo grado, ha ritenuto illegittimo il licenziamento intimato il 16 giugno 2022 per ‘riduzione del volume di affari’ a NOME COGNOME dalla RAGIONE_SOCIALE
La Corte territoriale, in sintesi, ha ritenuto insussistente il fatto posto a fondamento del giustificato motivo oggettivo di recesso e non provata l’impossibilità di repêchage della dipendente licenziata, condannando la società al pagamento di una somma pari a tre mensilità retributive.
La Corte, inoltre, ha accertato l’inadempimento della società dell’obbligazione contratta con un preliminare stipulato con la Colombo, con cui si era impegnata ad assumerla entro il 1° marzo 2022, condannando la RAGIONE_SOCIALE al versamento della penale ivi prevista.
Per la cassazione di tale sentenza, la società ha proposto ricorso con tre motivi ; ha resistito l’intimata con controricorso.
La Procura Generale ha comunicato memoria con cui ha illustrato la richiesta di inammissibilità del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso possono essere esposti secondo la sintesi offerta dalla stessa parte ricorrente.
1.1. Il primo motivo denuncia ‘la violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della Legge 15 luglio 1966, n. 604, in merito alla mancata considerazione, da parte della Corte
d’Appello di Milano, degli elementi probatori offerti dall’odierna ricorrente a sostegno del giustificato motivo oggettivo del licenziamento”.
1.2. Il secondo motivo lamenta ‘l’erroneo accertamento da parte della Corte d’Appello di Milano in ordine al mancato ottemperamento da parte di RAGIONE_SOCIALE dell’obbligo di repêchage in favore della lavoratrice’; si deduce che, ‘di fatto, RAGIONE_SOCIALE ha allegato e dimostrato come nessun’altra posizione poteva essere offerta alla lavoratrice rendendo inevitabile il provvedimento assunto dall’azienda’.
1.3. Il terzo motivo denuncia: ‘la violazione e falsa applicazione dell’art. 1382 c.c. per erronea applicazione della penale contrattuale da parte della Corte d’Appello la quale, senza considerare la documentazione prodotta da RAGIONE_SOCIALE ha imputato l’inadempimento parzialmente prodottosi alla società, riconoscendo il diritto della lavoratrice ad ottenere la somma a titolo di penale indicata nel contratto preliminare bilaterale di assunzione’.
2. Il ricorso è inammissibile.
2.1. I primi due motivi sono chiaramente inammissibili in quanto volti a contrastare accertamenti di fatto quali la sussistenza o meno della ragione posta a fondamento del licenziamento ovvero l’impossibilità di ricollocare la lavoratrice in altra posizione aziendale.
Come noto, il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., ricorre o non ricorre per l’esclusivo rilievo che, in relazione al fatto accertato, la norma non sia stata applicata quando doveva esserlo, ovvero che lo sia stata quando non si doveva applicarla, ovvero che sia stata ‘male’ applicata, e cioè applicata a fattispecie non esattamente sussumibile nella norma (tra le molteplici, Cass. n. 26307 del 2014; Cass. n. 22348 del 2007); sicché il sindacato sulla
violazione o falsa applicazione di una norma di diritto presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata perché è quella che è stata operata dai giudici del merito; al contrario, ove si critichi la ricostruzione della vicenda storica quale risultante dalla sentenza impugnata, si è fuori dall’ambito di operatività dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., e la censura è attratta inevitabilmente nei confini del sindacabile esclusivamente ex art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., nella formulazione tempo per tempo vigente, vizio che appunto postula un fatto ancora oggetto di contestazione tra le parti.
Invero, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma, quindi al vizio di cui all’art. 360 n. 3 c.p.c., e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (v. Cass. n. 35922 del 2023; Cass. n. 3340 del 2019; Cass. n. 640 del 2019; Cass. n. 10320 del 2018; Cass. n. 24155 del 2017; Cass. n. 195 del 2016).
2.2. Parimenti inammissibile è il terzo motivo.
Nonostante la formale denuncia di violazione e falsa applicazione dell’art. 1382 c.c., in concreto si contesta la valutazione di merito operata dalla Corte territoriale concernente le cause e l’imputabilità del ritardo nell’assunzione.
La Corte del merito ha valorizzato il fatto che la penale era posta a presidio dei tempi dell’assunzione e non dell’effettività dell’assunzione, di modo che l’assunzione tardivamente disposta non poteva influire su di un inadempimento oramai consumato, atteso che il preliminare si era già risolto fin dal 1° marzo 2022 in virtù della clausola risolutiva.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile, con spese regolate secondo soccombenza liquidate come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società al pagamento delle spese liquidate in euro 3.500,00, oltre euro 200 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 28 maggio 2025.
Il Presidente Dott. NOME COGNOME
Il cons. est. Dott. NOME COGNOME