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Licenziamento illegittimo e reintegro: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 87/2024, ha stabilito un principio cruciale in materia di licenziamento illegittimo per giustificato motivo oggettivo. Il caso riguardava una socia lavoratrice di una cooperativa licenziata per una presunta riorganizzazione aziendale. I giudici di merito, pur riconoscendo l’insussistenza del motivo, avevano concesso solo una tutela risarcitoria. La Cassazione ha accolto il ricorso della lavoratrice, cassando la sentenza e rinviando il caso alla Corte d’Appello. Il punto chiave è che, a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale, la semplice insussistenza del fatto posto a base del licenziamento è sufficiente per ordinare il reintegro nel posto di lavoro, senza che tale insussistenza debba essere ‘manifesta’.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento Illegittimo: Niente Reintegro? La Cassazione Annulla e Spiega Perché

Un licenziamento illegittimo per motivi economici o organizzativi dà diritto al lavoratore solo a un risarcimento o anche al reintegro nel posto di lavoro? Con l’ordinanza n. 87/2024, la Corte di Cassazione è tornata su questo tema fondamentale, annullando una decisione di merito e chiarendo, alla luce di un’importante sentenza della Corte Costituzionale, quando la tutela reintegratoria diventa un obbligo per il giudice. La vicenda riguarda una socia lavoratrice di una cooperativa, il cui caso offre spunti decisivi per comprendere l’evoluzione della normativa.

I Fatti del Caso: Il Licenziamento della Socia Lavoratrice

Una cooperativa operante nel settore edile licenziava una sua socia lavoratrice adducendo come giustificato motivo oggettivo una grave crisi economico-finanziaria che avrebbe imposto una riorganizzazione aziendale. Nello specifico, l’azienda sosteneva di aver soppresso l’area amministrativa, cui la lavoratrice era addetta, e di aver esternalizzato le relative funzioni. La lavoratrice impugnava il licenziamento, sostenendo che la riorganizzazione fosse solo un pretesto e che, in ogni caso, l’azienda non avesse adempiuto all’obbligo di répechage, ovvero di verificare la possibilità di ricollocarla in altre mansioni.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello davano ragione alla lavoratrice, accertando che il licenziamento illegittimo era fondato su motivi insussistenti. I giudici evidenziavano come l’azienda non avesse fornito prova né del nesso causale tra la crisi e la soppressione del posto, né dell’impossibilità di ricollocare la dipendente. Tuttavia, pur riconoscendo la ‘manifesta insussistenza del giustificato motivo’, la Corte d’Appello condannava la cooperativa al solo pagamento di un’indennità risarcitoria, escludendo la tutela reintegratoria richiesta dalla lavoratrice.

Il Ricorso in Cassazione e il licenziamento illegittimo

La lavoratrice proponeva ricorso in Cassazione, lamentando principalmente la violazione dell’art. 18 della Legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori). A suo avviso, una volta accertata l’inesistenza del fatto posto a base del licenziamento, il giudice avrebbe dovuto applicare la tutela reintegratoria e non quella meramente economica. La cooperativa, a sua volta, presentava un ricorso incidentale per contestare la valutazione dei fatti operata dai giudici di merito, ricorso che la Cassazione ha dichiarato inammissibile in quanto volto a un riesame del merito, precluso in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Suprema Corte: La Tutela Reintegratoria è la Regola

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della lavoratrice, cassando la sentenza d’appello. Il cuore della decisione risiede nel richiamo alla sentenza della Corte Costituzionale n. 125 del 2022, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della parola ‘manifesta’ contenuta nel settimo comma dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. In passato, per ottenere il reintegro, non bastava che il motivo oggettivo fosse insussistente; era necessario che tale insussistenza fosse ‘manifesta’, cioè palese ed evidente.

La Cassazione spiega che, dopo l’intervento della Consulta, questo requisito è venuto meno. Pertanto, ogni qualvolta il giudice accerta che il fatto posto a fondamento del licenziamento per giustificato motivo oggettivo è inesistente, la tutela da applicare è quella reintegratoria. La Corte d’Appello, pur avendo correttamente riscontrato l’insussistenza del motivo, ha errato nel negare il reintegro, fornendo una ‘motivazione apparente’, cioè una giustificazione non idonea a spiegare logicamente il percorso decisionale seguito. Di conseguenza, ha disatteso i principi di diritto superiori.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un orientamento fondamentale: in caso di licenziamento illegittimo per giustificato motivo oggettivo, se il fatto addotto dall’azienda (la riorganizzazione, la crisi, la soppressione del posto) si rivela inesistente, la conseguenza non è più una scelta discrezionale tra risarcimento e reintegro, ma l’applicazione della tutela reintegratoria. Viene così rafforzata la posizione del lavoratore, eliminando un elemento di incertezza – l’aggettivo ‘manifesta’ – che poteva portare a decisioni divergenti a parità di situazioni. Per le aziende, ciò significa che la prova del giustificato motivo oggettivo deve essere rigorosa e inconfutabile, poiché la mancanza di tale prova espone al rischio concreto di dover reintegrare il dipendente nel posto di lavoro.

Quando un licenziamento per giustificato motivo oggettivo è considerato illegittimo?
Secondo la sentenza, il licenziamento è illegittimo quando il datore di lavoro non riesce a provare la sussistenza dei presupposti che lo giustificano, ovvero l’effettività delle ragioni organizzative e produttive addotte e l’impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni (obbligo di répechage).

In caso di licenziamento illegittimo per insussistenza del motivo oggettivo, al lavoratore spetta il reintegro o solo un’indennità?
La Corte chiarisce che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 125/2022 che ha eliminato il requisito della ‘manifesta’ insussistenza, l’accertata inesistenza del fatto posto a base del licenziamento comporta l’applicazione della tutela reintegratoria, ossia l’ordine di reinserire il lavoratore nel posto di lavoro.

Cosa significa che la motivazione di una sentenza è ‘apparente’?
Significa che la motivazione, pur essendo formalmente presente nel testo della sentenza, è talmente generica, illogica, contraddittoria o superficiale da non rendere comprensibile l’iter logico-giuridico seguito dal giudice per arrivare alla decisione. Una motivazione di questo tipo rende la sentenza annullabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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