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Licenziamento giustificato motivo oggettivo e stage

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5622/2025, ha dichiarato illegittimo un licenziamento per giustificato motivo oggettivo. La decisione si basa sul fatto che l’azienda, poco dopo aver licenziato un dipendente per soppressione del posto, ha avviato una ricerca di stagisti da inserire nella medesima posizione. Questo comportamento è stato interpretato come prova presuntiva che la soppressione del posto di lavoro non era effettiva, ma solo un pretesto.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento giustificato motivo oggettivo: nullo se cerchi uno stagista

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è uno strumento a disposizione del datore di lavoro per riorganizzare la propria attività, ma non può essere usato come un pretesto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: se un’azienda licenzia un dipendente sostenendo di aver soppresso la sua posizione, ma poco dopo cerca uno stagista per svolgere le stesse mansioni, il licenziamento è illegittimo. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore degli imballaggi in materie plastiche aveva licenziato un dipendente adducendo come motivazione la soppressione della sua posizione lavorativa. Tuttavia, a soli due mesi dal licenziamento, la stessa azienda, tramite un’agenzia per il lavoro, pubblicava annunci per la ricerca di stagisti da inserire in una posizione del tutto analoga a quella del lavoratore licenziato, con mansioni di addetto all’Ufficio Traffico. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano ritenuto illegittimo il licenziamento, sostenendo che la ricerca di nuovo personale, seppur con un contratto di stage, dimostrava la non effettività della soppressione del posto. L’azienda ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando le sentenze dei gradi precedenti. I giudici hanno chiarito che la valutazione sull’effettiva soppressione del posto di lavoro è una quaestio facti, ovvero un accertamento di fatto riservato ai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il sindacato della Cassazione su questo punto è estremamente limitato, specialmente in presenza di una ‘doppia conforme’, cioè quando le decisioni di primo e secondo grado sono identiche.

Il ruolo della prova nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo

La Corte ha sottolineato che la prova della soppressione del posto di lavoro può essere fornita con ogni mezzo, incluse le presunzioni. Nel caso specifico, i giudici di merito hanno correttamente utilizzato il ragionamento presuntivo: dal fatto noto (la ricerca di stagisti a breve distanza dal licenziamento per le medesime mansioni) hanno logicamente dedotto il fatto ignoto (la non veridicità della soppressione della posizione lavorativa). La Corte ha ritenuto questo ragionamento grave, preciso e concordante, e quindi sufficiente a fondare la decisione.

Le Motivazioni

La ratio decidendi della Corte si fonda su un principio di effettività e non pretestuosità delle ragioni addotte a fondamento del recesso. Non è rilevante, secondo la Corte, che il nuovo inserimento avvenga tramite stage e non con un contratto di lavoro subordinato. Ciò che conta è che l’esigenza aziendale di coprire quelle specifiche mansioni non era venuta meno, come invece sostenuto dall’azienda. La ricerca di personale, anche se ‘a scopo di assunzione’ futura e tramite un tirocinio, ha palesato che le mansioni del lavoratore licenziato non erano state soppresse né redistribuite tra il personale in servizio, ma erano rimaste ‘scoperte’, tanto da necessitare l’inserimento di nuove risorse. Ogni censura volta a contestare questo accertamento di fatto è stata dichiarata inammissibile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un importante monito per i datori di lavoro. Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve basarsi su ragioni reali, effettive e verificabili. Qualsiasi comportamento successivo al licenziamento che contraddica la motivazione addotta può essere utilizzato in giudizio come prova della sua illegittimità. La ricerca di stagisti, tirocinanti o collaboratori per coprire le stesse mansioni del dipendente licenziato è un segnale d’allarme che i giudici non esitano a interpretare come prova della natura pretestuosa del recesso, con la conseguente condanna per l’azienda.

Un’azienda può licenziare un dipendente per soppressione del posto e poi assumere uno stagista per le stesse mansioni?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questo comportamento dimostra che la soppressione del posto di lavoro non era effettiva ma solo un pretesto, rendendo il licenziamento illegittimo.

Che tipo di prova è sufficiente per dimostrare l’illegittimità di un licenziamento per giustificato motivo oggettivo?
La prova può essere fornita con ogni mezzo, anche attraverso presunzioni. La ricerca di personale per la stessa posizione del lavoratore licenziato, avvenuta poco dopo il recesso, costituisce un elemento presuntivo grave, preciso e concordante sufficiente a dimostrare l’illegittimità.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti che hanno portato a un licenziamento?
No, l’accertamento dei fatti è compito esclusivo dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione può intervenire solo per violazioni di legge o per vizi logici molto gravi nella motivazione, ma non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici precedenti, soprattutto in caso di ‘doppia conforme’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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