Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31312 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31312 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 27951-2022 proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 322/2022 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 04/10/2022 R.G.N. 163/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Licenziamento ex lege n. 92 del 2012
R.G.N. 27951/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 23/10/2024
CC
RILEVATO CHE
In data 6.10.2017 la Unicredit spa intimava al dipendente NOME COGNOME licenziamento disciplinare per avere, in sintesi, nella giornata del 29.5.2017: a) non dichiarato una eccedenza di denaro pari ad euro 1.580,00 che si era determinata tra i valori della propria cassa; b) occultato detti euro 1.580,00 senza mai consegnarli alla Banca; c) violato ripetutamente la normativa interna della Banca, in tema di operazioni di trading , con l’esecuzione, in pieno orario lavorativo, di numero 388 operazioni personali di trading cd. intraday, in contrasto con l’O.S. n. 3452.
Impugnato il recesso, il Tribunale di Teramo, sia in fase sommaria che in sede di opposizione ex lege n 92 del 2012, rigettava le domande del lavoratore.
La Corte di appello di L’Aquila, sul gravame proposto dal COGNOME, confermava la pronuncia di primo grado.
I giudici di seconde cure, limitata l’indagine ai fini della legittimità del licenziamento -così come il Tribunale- ai soli episodi riguardanti l’eccedenza di denaro per euro 1.580,00, dopo avere analizzato le risultanze istruttorie, rilevavano la sussistenza di tutti i fatti contestati e la gravità del primo a compromettere la fiducia necessaria ai fini della permanenza del rapporto di lavoro, ritenendo, pertanto, che la condotta addebitata costituisse giusta causa di licenziamento.
Avverso la sentenza di secondo grado NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo cui resisteva con controricorso la Unicredit spa.
Il ricorrente depositava memoria.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
Con l’unico articolato motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 300 del 1970 in relazione alla ritenuta punibilità di fatti privi di una previa tipizzazione disciplinare,
ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc. Si obietta l’errata applicazione, da parte della Corte territoriale, della menzionata norma, per essere stati ritenuti punibili, con la massima sanzione espulsiva, fatti non previamente tipizzati come disciplinarmente rilevanti né dalla contrattazione collettiva né dai codici disciplinari, così riconoscendo, in capo al datore di lavoro, un potere sui propri dipendenti del tutto arbitrario; inoltre, si deduce che neanche il riferimento, nella fattispecie in esame, al cd. minimo etico sarebbe stato utile perché mancava proprio la tipizzazione della condotta contestata come punibile, essendo stato il recesso intimato non per la violazione di norme penali da disvalore immediatamente percepibile, ma per la mera violazione di proprie normative organizzative interne.
Il motivo non è fondato.
Va osservato che, in tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva, rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nella attività sussuntiva e valutativa del giudice, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, ma la scala valoriale formulata dalle parti sociali costituisce uno dei parametri cui occorre fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale di cui all’art. 2119 cod. civ. (Cass. n. 17321/2020; Cass n. 3283/2020; Cass. n. 13865/2019).
E’ vincolante la previsione della contrattazione collettiva se, invece, per il fatto addebitato sia prevista, in modo tipizzato ovvero desunta attraverso l’interpretazione di una clausola elastica e generale, l’applicazione di una sanzione conservativa (C ass. n. 8718/2017; Cass. n. 9223/2015; Cass. n. 11665/2022), a meno che il giudice non accerti che le parti non avevano inteso escludere, per i casi di maggiore gravità, la possibilità della sanzione espulsiva (Cass. n. 8621/2020; Cass. n. 9223/2015) ovvero quando siano presenti elementi aggiuntivi, estranei o aggravanti rispetto alla previsione contrattuale (Cass. n. 36427/2023).
Nel caso in esame, pertanto, la Corte territoriale non è incorsa nella denunciata violazione dell’art. 7 St. lav. -in quanto secondo l’assunto di parte ricorrente i fatti contestati non erano sanzionati espressamente con il licenziamento da alcuna disposizione della contrattazione collettiva o del codice di condotta Unicredit- essendo stata, invece, attraverso una corretta analisi metodologica (che ha escluso la inquadrabilità della condotta in previsioni contrattuali collettive punite con sanzione conservativa), ritenuta la sussistenza della giusta causa di licenziamento nel comportamento del dipendente di una banca che, in una ipotesi di eccedenza di cassa con occultamento di valori (distinta quindi dalla fattispecie di mera eccedenza di cassa), aveva negato di avere ricevuto al momento dell’apertura della cassa somme maggiori di quelle registrate, venendo così meno all’obbligo di collaborazione gravante su di esso lavoratore e costituendo il comportamento una lesione del vincolo fiduciario ai fini della permanenza del rapporto di lavoro che giustificava la sanzione espulsiva: ciò a prescindere, come detto, dalla seconda condotta contestata (effettuazione di operazioni di trading intra day nel numero di 388, vietate perché superiori a quelle tassativamente previste dalla normativa interna -n. 200- come da OdS n. 3452), considerata comunque sussistente ma non influente e decisiva ai fini della legittimità del licenziamento.
Quanto, poi, alla doglianza relativa al riferimento alla teoria del cd. ‘minimo etico’, che parte ricorrente ritiene insufficiente per superare la mancata tipizzazione della condotta contestata come punibile, va sottolineata la non pertinenza dell’obiezio ne in quanto la Corte territoriale, in linea con i precedenti sopra menzionati, ha ritenuto l’omessa denuncia di una eccedenza di cassa costituente una condotta che denotava una spiccata indifferenza per le regole che sovrintendevano le mansioni di cassiere, il quale aveva anteposto il proprio interesse a quello dell’impresa, con la conseguenza che il suddetto comportamento rappresentava non una mera irregolarità delle direttive aziendali ma una grave violazione dell’obbligo di
collaborazione, senza pertanto svolgere alcun richiamo al cd. ‘minimo etico’ la cui problematica non ha attinenza al caso in esame.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 ottobre 2024