Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 6779 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 6779 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18286-2022 proposto da:
COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2409/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 26/05/2022 R.G.N. 116/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
28/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Oggetto
R.G.N. 18286/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 28/11/2024
CC
Rilevato che
La Corte di appello di Napoli, quale giudice del reclamo ex lege n. 92/2012, ha confermato il rigetto della domanda con la quale NOME COGNOME aveva chiesto accertarsi la illegittimità/nullità/inefficacia del licenziamento per giusta causa intimatogli dalla datrice di lavoro RAGIONE_SOCIALE in data 5.1.2019, con reintegra nel posto di lavoro e condanna della convenuta società al risarcimento del danno o, in via subordinata, alla corresponsione della indennità risarcitoria; il licenziamento era stato intimato sulla base di contestazioni in data 6.2.2018 e in data 27.12.2018 che ascrivevano al dipendente rispettivamente di non avere effettuato in maniera corretta la riparazione di un macchinario presso un cliente con conseguente danno economico per la datrice di lavoro e di essere rimasto assente ingiustificato dal lavoro a partire dal 17.12.2018;
la Corte di merito, ha ritenuto provata la assenza ingiustificata e rilevato che solo dopo la seconda contestazione ed in difetto di qualsivoglia giustificazione del lavoratore la società aveva provveduto al licenziamento valutando sia singolarmente che congiuntamente la gravità degli addebiti; ha ritenuto corretta la sentenza di primo grado per avere affermato la legittimità del licenziamento sulla base di una sola delle ragioni a fondamento dello stesso in quanto ritenuta di per sé sufficiente a giustificare il recesso datoriale; ha ritenuto provata la assenza ingiustificata ed escluso che il licenziamento fosse stato ispirato da intento ritorsivo nei confronti del dipendente;
per la cassazione della decisione ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di quattro motivi; la parte intimata ha resistito con controricorso ;
parte controricorrente ha depositato memoria:
Considerato che
occorre premettere che parte ricorrente, nella parte dell’atto di impugnazione destinata alla illustrazione dei motivi di ricorso per cassazione, ha sviluppato alcune ‘considerazioni preliminari’ aventi la dichiarata finalità di dimostrare la completa violazione delle regole processuali della Corte Territoriale ( ricorso, pag. 83 e sgg. ); tanto esclude che le argomentazioni e deduzioni difensive svolte nel relativo paragrafo, si configurino quale autonomo motivo di impugnazione, come confermato, del resto, oltre che dalla dichiarata finalità chiarificatrice della esposizione, dall’assenza di rubrica destinata a chiarire lo specifico vizio denunziato fra quelli tassativamente indicati dall’art. 360, comma c.p.c.;
con il primo motivo parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dei canoni ermeneutici e logici ex art. 116 c.p.c.; denunzia arbitraria elisione e comunque errata valutazione della deposizione di teste a sé favorevole; evidenzia che non si era tenuto conto della circostanza che esso lavoratore aveva già esaurito il monte ferie dell’anno di riferimento allorché era stato arbitrariamente collocato in ferie dall’azienda per un ulteriore mese;
con il secondo motivo di ricorso deduce violazione del diritto di difesa e comportamento processuale ostativo del diritto sancito dall’art. 2697 c.c., censurando in sintesi il mancato espletamento della prova orale richiesta sul punto; tale prova
era destinata a dimostrare come l’asserita mancata reazione del lavoratore alla seconda contestazione disciplinare era scaturita dalla condotta datoriale formalmente tranquillizzante ma in realtà finalizzata all’adozione del provvedimento espulsivo;
con il terzo motivo deduce violazione degli artt. 360 nn,. 3 e 5 censurando la mancata ammissione della prova testimoniale in punto di carattere ritorsivo del recesso datoriale;
con il quinto motivo deduce violazione di legge e di esame ed interpretazione del contratto collettivo, denunziando mancata conversione del licenziamento per giusta causa in licenziamento per giustificato motivo soggettivo, come previsto dal contratto collettivo;
il primo motivo di ricorso risulta inammissibile alla luce della condivisibile giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è configurabile solo allorché il giudice apprezzi liberamente una prova legale, oppure si ritenga vincolato da una prova liberamente apprezzabile (Cass., Sez. Un., n. 11892/2016, Cass. n. 13960/2014, Cass. n. 26965/2007), situazioni queste non sussistenti nel caso in esame; il motivo difetta inoltre di specificità in relazione all’asserita circostanza che l’COGNOME aveva già consumato il monte ferie allorquando era stato messo nuovamente in ferie dopo l’episodio della riparazione; parte ricorrente in violazione delle prescrizioni di cui all’art. 366, comma 1 nn. 4 e 6 c.p.c., non chiarisce se ed in che termini tale circostanza era stata allegata nel giudizio di merito e non trascrive la risultanza dalla quale la stessa emergeva; in secondo luogo, quanto alla valutazione di inattendibilità della teste COGNOME, si tratta di apprezzamento rimesso al giudice di
merito, non più rivedibile in sede di legittimità neppure sotto il profilo del vizio ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., la cui deduzione risulta preclusa dalla esistenza di ‘doppia conforme di merito’ ex art. 348 ter ultimo comma c.p.c., nel testo all’epoca vigente, non avendo parte ricorrente indicato le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse, come suo onere (Cass. n. 5947/2023 Cass. n. 26774/ 2019, Cass. n. 19001/2016, Cass. n. 5528/2014);
7. il secondo motivo di ricorso è inammissibile; la violazione dell’art. 2697 c.c. attiene al corretto riparto dell’onere probatorio e risulta pertanto estranea al tema concretamente sviluppato nella esposizione del motivo, incentrato, in sintesi, sulla doglianza relativa alla mancata ammissione della prova orale capitolata al punto 3 b) (v. ricorso, pag. 91), censurabile in sede di legittimità solo mediante deduzione di vizio di motivazione ex art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. , non formalmente dedotto e comunque precluso per <> , secondo quanto già osservato in relazione al primo motivo;
8. il terzo motivo di ricorso è inammissibile;
8.1. la deduzione del vizio di motivazione risulta, come già osservato, preclusa ex art. 348 ter ultimo comma c.p.c.; la deduzione di violazione e falsa applicazione di norma di diritto è invece inammissibile sia per difetto della stessa indicazione della norma asseritamente violata, non evincibile neppure dal contesto della illustrazione della censura, sia per difetto di pertinenza con le ragioni alla base della inconfigurabilità della natura ritorsiva del licenziamento richiedendosi a tal fine che
il motivo illecito addotto ex art. 1345 c.c. sia determinante, dovendo cioè costituire l’unica effettiva ragione di recesso, ed esclusivo, nel senso che il motivo lecito formalmente addotto risulti insussistente nel riscontro giudiziale ( ex plurimis Cass. n. 9468/2019), ipotesi questa non verificatasi avendo la Corte di merito confermato la sussistenza della giusta causa di licenziamento;
il quarto motivo presenta un profilo di improcedibilità perché parte ricorrente non ha prodotto , in violazione dell’art. 369, comma 1 n. 4 c.p.c. il contratto collettivo alla base delle censure articolate; esso è inoltre inammissibile perché o non risulta riportato il contenuto della disposizione di interesse nell’ambito del ricorso per cassazione e per la omesso l’indicazione della collocazione topo grafica del documento nell’ambito del giudizio di merito, come suo onere (Cass. n. 18422/2023, Cass. n. 29521/2021) impedendo a questo Collegio ogni verifica e valutazione su di esso. È noto che l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi – imposto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 – può dirsi soddisfatto solo con la produzione del testo integrale del contratto collettivo, ovvero con l’indicazione della collocazione del medesimo nel fascicolo, adempimento rispondente alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione e necessario per l’applicazione del canone ermeneutico previsto dall’art. 1363 c.c..
10. il quinto motivo di ricorso è inammissibile sostanziandosi in una mera contrapposizione valutativa alle conclusioni attinte dalla Corte di merito in punto di sussistenza della giusta causa rispetto alla pretesa configurabilità di un licenziamento per giustificato motivo soggettivo, valendo in relazione all”invocata
applicazione della norma collettiva il rilievo di improcedibilità del motivo secondo quanto già osservato in relazione al motivo precedente;
11. all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte soccombente alla rifusione delle spese processuali ed pagamento, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali, dell’ulteriore importo del contributo unificato ai sensi dell’ar t. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 4.500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Con distrazione
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 28 novembre 2024
La Presidente Dott.ssa NOME COGNOME