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Licenziamento giusta causa per soste ingiustificate

Una guardia giurata è stata licenziata dopo che un’agenzia investigativa ha scoperto ripetute soste ingiustificate durante il turno, finalizzate a ottenere il pagamento di straordinari non necessari. La Corte di Cassazione ha confermato il licenziamento per giusta causa, ritenendo legittimi i controlli difensivi del datore di lavoro e la condotta del lavoratore sufficientemente grave da ledere il vincolo fiduciario.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento per Giusta Causa: Le Soste Sospette della Guardia Giurata

Il licenziamento per giusta causa rappresenta la più grave sanzione disciplinare nel rapporto di lavoro, ma quando è realmente giustificato? Con l’ordinanza n. 13385/2024, la Corte di Cassazione ha affrontato il caso di una guardia giurata licenziata per aver effettuato soste ingiustificate durante il servizio, una condotta finalizzata a ottenere il pagamento di ore di straordinario non dovute. La pronuncia offre importanti chiarimenti sulla legittimità dei controlli difensivi da parte del datore di lavoro e sulla valutazione della gravità del comportamento del dipendente.

I fatti del caso: la vigilanza e le soste anomale

Una società di vigilanza privata contestava a un suo dipendente, con mansioni di guardia giurata, di aver effettuato, nell’arco di un mese, ben 17 soste ingiustificate durante il turno di lavoro. Le soste avvenivano spesso all’interno dell’auto di servizio, con motore e luci interne accese.

Secondo l’azienda, tale comportamento era fraudolento: le pause ingiustificate creavano l’apparenza della necessità di ricorrere a lavoro straordinario per completare il giro di ispezione, portando il lavoratore a percepire indebitamente una retribuzione aggiuntiva. Le condotte erano emerse a seguito di un’attività investigativa commissionata a un’agenzia esterna. Sulla base di questi elementi, la società procedeva al licenziamento per giusta causa.

La decisione dei giudici di merito

Sia il Tribunale in primo grado sia la Corte d’Appello confermavano la legittimità del licenziamento. I giudici ritenevano che i controlli disposti dalla società rientrassero nella categoria dei “controlli difensivi”, leciti in quanto finalizzati a verificare un sospetto di illecito penale (danno patrimoniale e condotta truffaldina) e non a monitorare la mera esecuzione della prestazione lavorativa. La condotta del lavoratore veniva giudicata sufficientemente grave da giustificare la sanzione espulsiva.

I motivi del ricorso in Cassazione

Il lavoratore impugnava la decisione della Corte d’Appello dinanzi alla Cassazione, sollevando diverse censure, tra cui:

* La violazione del principio di immutabilità della contestazione disciplinare.
* L’illegittimità dell’utilizzo delle relazioni investigative.
* L’erronea equiparazione della sua condotta a quella, sanzionata con il licenziamento dal CCNL, dell'”addormentamento in servizio”.
* La sproporzione della sanzione espulsiva, sostenendo che il fatto dovesse essere punito con una più mite sanzione conservativa.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sul licenziamento per giusta causa

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso del lavoratore, confermando la piena legittimità del licenziamento. Le motivazioni dei giudici si sono concentrate su tre punti fondamentali.

Legittimità dei controlli difensivi

La Corte ha ribadito un principio consolidato: i controlli del datore di lavoro sono legittimi se “difensivi”, ovvero se attivati a fronte di un fondato sospetto di condotte illecite che possano danneggiare il patrimonio o l’immagine aziendale. In questo caso, il sospetto che il dipendente simulasse la necessità di straordinari giustificava pienamente il ricorso a un’agenzia investigativa per accertare i fatti. Non si è trattato, quindi, di un controllo a distanza sull’attività lavorativa, vietato dallo Statuto dei Lavoratori, ma di una legittima azione a tutela degli interessi aziendali.

Gravità della condotta e proporzionalità del licenziamento per giusta causa

Secondo la Cassazione, la Corte d’Appello ha correttamente valutato la gravità del comportamento. Le soste non erano una semplice negligenza, ma una condotta fraudolenta e ripetuta, che minava alla base il rapporto di fiducia. I giudici hanno ritenuto che, per la sua gravità, tale comportamento fosse paragonabile a quello del “mero addormentamento in servizio ripetuto”, previsto dal contratto collettivo come causa di licenziamento. Non si è trattato di un’applicazione analogica di una norma, ma di una valutazione di merito sulla proporzionalità tra l’inadempimento e la sanzione, valutazione che, se motivata logicamente come in questo caso, è insindacabile in sede di legittimità.

Irrilevanza dell’archiviazione penale

Infine, la Corte ha specificato che l’archiviazione del procedimento penale avviato per gli stessi fatti (in questo caso per “particolare tenuità del fatto”) non ha alcuna efficacia vincolante nel giudizio civile. Il giudice del lavoro deve condurre una valutazione autonoma della condotta del dipendente sotto il profilo dell’inadempimento contrattuale, che ha presupposti e finalità diversi da quelli della responsabilità penale.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che una condotta fraudolenta, anche se non esplicitamente descritta nel codice disciplinare, può costituire un licenziamento per giusta causa se la sua gravità è tale da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario. La decisione rafforza inoltre la legittimità dei controlli difensivi come strumento a disposizione del datore di lavoro per proteggersi da comportamenti illeciti, a condizione che non si traducano in una sorveglianza generalizzata e indiscriminata sulla prestazione lavorativa.

Un datore di lavoro può usare un’agenzia investigativa per controllare un dipendente?
Sì, ma solo per effettuare “controlli difensivi”. Secondo la Corte, questi controlli sono legittimi quando non mirano a verificare il semplice adempimento della prestazione lavorativa, ma a tutelare il patrimonio aziendale a fronte di un fondato sospetto di condotte illecite da parte del lavoratore, come nel caso di soste ingiustificate finalizzate a percepire indebitamente straordinari.

Una condotta non esplicitamente prevista dal CCNL può giustificare un licenziamento per giusta causa?
Sì. La Corte ha stabilito che i giudici possono valutare la gravità di una condotta, anche se non specificamente elencata, e paragonarla a quelle che il contratto collettivo punisce con il licenziamento. Nel caso di specie, le soste ripetute e fraudolente sono state ritenute di gravità paragonabile al “mero addormentamento in servizio ripetuto”, giustificando la sanzione espulsiva.

L’archiviazione di un procedimento penale per gli stessi fatti impedisce il licenziamento?
No. La Corte ha chiarito che il giudizio civile e quello penale sono autonomi. L’archiviazione penale, specialmente se disposta per “particolare tenuità del fatto”, non impedisce al giudice civile di accertare autonomamente la sussistenza dei fatti e di valutarli come un grave inadempimento contrattuale che giustifica il licenziamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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