Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23840 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 23840 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 31555-2021 proposto da:
NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 306/2021 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 04/10/2021 R.G.N. 206/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/06/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
Oggetto
Licenziamento
ex lege n. 92 del 2012
RNUMERO_DOCUMENTO.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 26/06/2024
CC
RILEVATO CHE
Con la sentenza n. 306 del 2021 la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la pronuncia di prime cure del Tribunale di Gela che, sia in fase sommaria che in sede di opposizione ex lege n. 92 del 2012, aveva respinto l’impugnativa del licenziamento per giusta causa, intimato il 3.1.2018, dalla RAGIONE_SOCIALE al dipendente NOME COGNOME, a seguito di contestazione disciplinare per un tentativo di furto avvenuto l’11.12.2017 del carburante dal serbatoio di un mezzo aziendale utilizzato per la raccolta dei rifiuti e condotto dallo stesso lavoratore.
I giudici di seconde cure, in sintesi, hanno rilevato che: a) non vi erano elementi per ravvisare un intento ritorsivo come origine causale di un complotto aziendale contro il COGNOME, finalizzato alla ‘fabbricazione’ di una giusta causa: in particolare per essere il COGNOME un dipendente scomodo sia per avere egli rivendicato i propri diritti retributivi sia per i disservizi e le illegalità attribuibili alla società nella gestione dei rifiuti sia per un confuso attentato incendiario effettuato nei suoi confronti; b) dalle risultanze istruttorie risultava dimostrata la condotta addebitata; c) la tenuità del danno patrimoniale (tentato furto) non incideva sulla gravità del fatto; d) la proposta di riassunzione della società non rappresentava un riconoscimento della non gravità del fatto in quanto si inseriva in una più ampia proposta transattiva.
Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME affidato a quattro motivi cui ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
Il ricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo il ricorrente eccepisce l’omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, ai
sensi dell’art. 360 co. 1 n. 5 cpc, costituiti: a) dalla scheda tecnica Visirun riguardante il sistema da cui era stato possibile ritenere provato il comportamento addebitato; b) le foto ed il video del cantiere della RAGIONE_SOCIALE e dei mezzi aziendali per il servizio dei rifiuti; c) l’offerta formale di riassunzione avanzata dalla società all’incolpato.
Con il secondo motivo si denuncia l’errata e/o falsa applicazione dell’art. 115 cpc, per non avere la Corte territoriale ritenuto provato l’episodio incendiario di cui esso COGNOME era stato vittima un mese prima del licenziamento e per il quale aveva subito pressioni volte all’insabbiamento dello stesso.
Con il terzo motivo si obietta la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia, ex art. 360 co. 1 n. 4 cpc e/o per omessa motivazione, sulla documentazione nuova prodotta nel giudizio di opposizione.
Con il quarto motivo si censura la errata e/o falsa applicazione degli artt. 2106 e 2119 cc e dello Statuto dei lavoratori; il ricorrente reitera le eccezioni già sollevate nei precedenti gradi riguardanti: la violazione delle norme e dei principi in tema di licenziamento sia sotto il profilo procedurale (sospensione cautelare applicata prima di una formale contestazione degli addebiti e incidenza del procedimento penale instaurato a seguito della denuncia/querela presentata dalla società) sia sotto il profilo sostanziale (mancanza di giusta causa e proporzionalità).
Il primo motivo presenta profili di inammissibilità e di infondatezza.
L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso
esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. n. 25216/2014; Cass. n. 9253/2017; Cass. n. 27415/2018).
Nella fattispecie, la Corte territoriale, in conformità della valutazione espressa dal Tribunale di Gela, ha ritenuto provato il fatto storico (tentato furto di carburante) posto dalla società a fondamento della sanzione espulsiva, non ritenendo ritorsivo il licenziamento, analizzando le risultanze istruttorie considerate rilevanti ai fini della ricostruzione della vicenda: il tutto, peraltro, in una ipotesi di c.d. doppia conforme ex art. 348 ter, comma 5 cpc ove il ricorrente non ha specificamente indicato le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse fossero tra loro diverse; dall’altro , è opportuno ribadire che la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 16467/2017).
Il secondo motivo è parimenti non meritevole di accoglimento.
In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione: ipotesi, queste, non ravvisabili nel caso in
esame (Cass. n. 29867/2020; Cass. n. 27000/2016; Cass. n. 13960/2014).
Il terzo motivo è infondato.
Va ribadito che, in tema di contenuto della sentenza, il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito (Cass. n. 22232/2016; Cass. n. 3819/2020; Cass. n. 6758/2022).
L’omesso esame di una questione puramente processuale, poi, non integra il vizio di omessa pronuncia, configurabile soltanto con riferimento alle domande ed eccezioni di merito, dovendosi escludere che l’omesso esame di un’eccezione processuale possa dare luogo a pronuncia implicita, idonea al giudicato, venendo in rilievo la diversa questione della riproposizione dell’eccezione in appello.
Nel caso in esame, quindi, escluso il vizio di omessa pronuncia, deve ritenersi che vi è stata comunque una valutazione implicita da parte della Corte territoriale della documentazione prodotta in sede di opposizione cui ha attribuito, nell’esame complessivo delle risultanze processuali, una diversa rilevanza rispetto a quella prospettata dall’allora reclamante.
Va ribadito il principio ormai consolidato secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico -formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei
fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 19547/2017; Cass. n. 29404/2017).
Il quarto motivo, infine, è inammissibile.
Al riguardo, va osservato che il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, nel quale le censure alla pronuncia di merito devono trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale, esercitando, invece, un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa. Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenute nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti (Cass. n. 25332/14; Cass. n. 6519/2019) oppure a reiterare le eccezioni già sollevate nei precedenti gradi senza veicolarle, in modo critico e dettagliato, attraverso i vizi tassativamente previsti dall’art. 360 co. 1 cpc.
Le censure così redatte nel motivo, infatti, mirano più che altro ad un ulteriore riesame nel merito, come già detto, non consentito in sede di legittimità.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna del ricorrente, sebbene abbia presentato istanza di ammissione al gratuito patrocinio, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo. Invero, il patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, ex art. 74, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002, non vale ad addossare all’Erario anche le spese che la parte ammessa sia condannata a pagare all’altra risultata vittoriosa (Cass. n. 8388/2017; Cass n. 25653/2020).
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 giugno 2024