Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12788 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 12788 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso 8670-2021 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati COGNOME NOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1820/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, del 22/09/2020 R.G.N. 2137/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/03/2024 dal AVV_NOTAIO.
Oggetto
Licenziamento disciplinare
RNUMERO_DOCUMENTO. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 06/03/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Roma ha respinto il gravame proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Velletri di rigetto dell’impugnativa del licenziamento irrogatogli dalla Banca Popolare del Lazio, di cui era dipendente con qualifica di quadro direttivo, con lettera del 15.10.2009 a seguito di procedimento disciplinare, ribadito con lettera del 4.2.2010 per fatti ulteriori;
per quanto qui rileva, la Corte distrettuale, riportate le contestazioni disciplinari, concernenti operazioni contabili irregolari e prelievo della somma complessiva di € 712.677,30 (fatti da cui sono originati distinti procedimenti, penale e risarcitorio), esaminati i motivi di appello, ha confermato la decisione di primo grado, ritenendo, sulla base delle risultanze testimoniali e documentali e della CTU contabile, che i fatti addebitati fossero state provati, che le operazioni di pagamento riferibili al dipendente al di fuori delle regole e prassi aziendali avessero arrecato alla banca un ingente danno patrimoniale, che ricorresse la giusta causa di recesso ex art. 2119 c.c. per irreparabile lesione del vincolo fiduciario, avuto riguardo alle mansioni, al grado di affidamento, al danno ingente arrecato al datore di lavoro, in assenza di riscontro della prospettazione difensiva dell’appellante;
per la cassazione della predetta sentenza ricorre NOME COGNOME con sei motivi, illustrati da memoria; resiste la Banca con controricorso; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo parte ricorrente deduce vizio della sentenza (art.360, n. 5, c.p.c.) per motivazione apparente e manifesta e irriducibile incongruità e contraddittorietà della
motivazione in relazione a dichiarazione scritta del lavoratore resa nell’ambito degli accertamenti ispettivi;
con il secondo, vizio della sentenza (art. 360, n. 5, c.p.c.) per motivazione apparente e manifesta e irriducibile incongruità e contraddittorietà della motivazione in relazione alle deposizioni testimoniali raccolte e valutate;
con il terzo, vizio della sentenza (art. 360, n. 5, c.p.c.) e vizio di violazione di norme di diritto (art. 360, n. 3, c.p.c.) in riferimento all’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in relazione alla consulenza tecnica d’ufficio svolta;
con il quarto, ancora vizio della sentenza (art. 360, n. 5, c.p.c.) per motivazione apparente e manifesta e irriducibile incongruità e contraddittorietà della motivazione in relazione alla CTU e vizio di violazione di norme di diritto (art. 360, n. 3, c.p. c.) in riferimento all’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in relazione agli esiti della stessa;
con il quinto, vizio della sentenza (art. 360, n. 5, c.p.c.) per motivazione apparente, contraddittoria, perplessa, incomprensibile e omessa valutazione degli atti processuali in relazione a sentenza penale di appello che ha escluso il reato di truffa contestato all’odierno ricorrente (con restituzione degli atti alla Procura della Repubblica per il reato di appropriazione indebita, come osservato da parte controricorrente);
con il sesto, vizio della sentenza (art.360, n. 5, c.p.c.) in relazione all’art. 2697 c.c. in tema di licenziamento disciplinare, per anomalia ed errore motivazionale;
le doglianze fondate sui vizi della sentenza impugnata denunciati ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. sono inammissibili in presenza di cd. doppia conforme (primo, secondo, quinto e sesto motivo);
infatti, la Corte d’Appello ha confermato integralmente le statuizioni di primo grado, così realizzandosi, nel caso in esame, ipotesi di cd. doppia conforme, rilevante ai sensi
dell’art. 348-ter (ora art. 360, comma 4, c.p.c.), con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.; tale inammissibilità si verifica non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass. n. 7724/2022, n. 29715/2018);
quando la pronuncia di appello conferma la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti ai medesimi fatti posti a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’art. 360, primo comma, nn. 1), 2), 3), 4), c.p.c.; in caso di cd. doppia conforme, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 26774/2016; conf. Cass. n. 20994/2019; Cass. n. 8320/2021);
anche la denunciata violazione dell’art. 132 c.p.c. (contenuta nel terzo e quarto motivo, prospettata quale violazione di legge ai sensi del n. 3 dell’art. 360 c.p.c., in aggiunta al profilo di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c.) non risulta ammissibile;
secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105/2017;
conf. Cass, n. 20921/2019), restando il sindacato di legittimità sulla motivazione circoscritto alla sola verifica della violazione del cd. minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass. S.U. n. 8053/2014, Cass. n. 23940/2017, n. 16595/2019);
nel caso in esame, previa ampia ricostruzione in fatto alla luce degli elementi probatori acquisiti, inclusa consulenza tecnica contabile che ha confermato gli accertamenti ispettivi, elementi probatori (la cui selezione e valutazione spetta alle fasi di merito e non è sindacabile in sede di legittimità ove congruamente e logicamente motivata) esaminati criticamente alla luce dei motivi di appello, la Corte di merito ha, appunto, motivato congruamente e logicamente il percorso giuridicofattuale che l’ha portata a confermare il giudizio di primo grado in ordine alla (raggiunta) prova delle condotte addebitate a ll’odierno ricorrente e alla gravità degli addebiti accertati in termini di idoneità a fondare il recesso disciplinare;
il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile nel suo complesso;
parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione in favore di parte controricorrente delle spese del presente giudizio secondo la regola della soccombenza;
all’inammissibilità del ricorso consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per l’impugnazion e.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 5.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 6 marzo 2024.