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Licenziamento giusta causa: il caso della doppia conforme

Un ex quadro direttivo di un istituto di credito viene licenziato per irregolarità contabili e prelievi per oltre 700.000 euro. Dopo la conferma della legittimità del licenziamento in primo e secondo grado, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del lavoratore, applicando il principio della “doppia conforme”. La decisione sottolinea come il licenziamento per giusta causa sia fondato quando il vincolo fiduciario è irrimediabilmente compromesso.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento per giusta causa: la Cassazione e la regola della ‘doppia conforme’

Quando un licenziamento per giusta causa viene confermato sia in primo grado che in appello, quali sono le possibilità di successo di un ulteriore ricorso in Cassazione? Con l’ordinanza n. 12788/2024, la Suprema Corte offre un importante chiarimento sul principio della cosiddetta ‘doppia conforme’, ribadendo i limiti del proprio sindacato e la legittimità di un recesso datoriale di fronte a gravi inadempimenti del lavoratore. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I fatti del caso

La vicenda riguarda un quadro direttivo di un istituto di credito, licenziato a seguito di un procedimento disciplinare. Le contestazioni erano gravissime: operazioni contabili irregolari e il prelievo di una somma complessiva di oltre 700.000 euro. Il lavoratore ha impugnato il licenziamento, ma sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le sue doglianze. I giudici di merito, sulla base di prove testimoniali, documentali e di una consulenza tecnica contabile, hanno ritenuto provati i fatti addebitati, riconoscendo l’esistenza di un ingente danno patrimoniale per la banca e una lesione irreparabile del vincolo fiduciario. Di fronte a queste due decisioni sfavorevoli, il lavoratore ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione.

I motivi del ricorso e il licenziamento per giusta causa

Il dipendente ha basato il suo ricorso su sei distinti motivi, lamentando principalmente vizi di motivazione della sentenza d’appello. Sosteneva, in sintesi, che la Corte territoriale avesse fornito una motivazione apparente, incongruente e contraddittoria nella valutazione delle prove, come le deposizioni testimoniali, la consulenza tecnica e persino una sentenza penale di appello a lui favorevole per un’accusa di truffa. L’obiettivo era dimostrare che la Corte d’Appello avesse errato nel confermare la legittimità del licenziamento per giusta causa.

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza. La ragione principale di questa decisione risiede nell’applicazione del principio della ‘doppia conforme’, previsto dall’art. 348-ter del codice di procedura civile.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che, quando la sentenza di appello conferma la decisione di primo grado basandosi sul medesimo ‘iter logico-argomentativo’ in relazione ai fatti principali, il ricorso per cassazione per omesso esame di un fatto decisivo (art. 360, n. 5, c.p.c.) è precluso. Nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno riscontrato che la Corte d’Appello aveva confermato la sentenza del Tribunale condividendone pienamente le ragioni, senza discostarsi nella ricostruzione dei fatti. Pertanto, i motivi di ricorso basati su presunti vizi di motivazione erano, per legge, inammissibili.

Inoltre, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: il suo ruolo non è quello di un ‘terzo giudice di merito’. Non può, cioè, riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti. Il suo compito è verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica del ragionamento seguito dalla corte d’appello. In questo caso, la motivazione è stata giudicata congrua, logica e basata su un’ampia analisi degli elementi probatori acquisiti, confermando così la sussistenza della giusta causa di recesso.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, evidenzia la difficoltà di ottenere una revisione in Cassazione quando due sentenze di merito sono conformi nella valutazione dei fatti. Il principio della ‘doppia conforme’ agisce come un filtro potente, limitando l’accesso al terzo grado di giudizio ai soli casi in cui si contestano reali violazioni di legge o vizi motivazionali talmente gravi da rendere incomprensibile la decisione. In secondo luogo, il caso conferma la solidità del concetto di licenziamento per giusta causa di fronte a condotte che minano alla base la fiducia del datore di lavoro, specialmente in settori delicati come quello bancario, dove l’affidamento e la correttezza sono elementi essenziali del rapporto lavorativo.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per “doppia conforme”?
Quando la sentenza d’appello conferma integralmente quella di primo grado basandosi sullo stesso percorso logico-argomentativo riguardo ai fatti principali della causa. In questo caso, il ricorso per l’omesso esame di un fatto decisivo è precluso.

Cosa si intende per giusta causa di licenziamento in questo caso?
Si intende una violazione così grave degli obblighi del dipendente (operazioni contabili irregolari per un importo ingente) da ledere irreparabilmente il vincolo di fiducia con il datore di lavoro, rendendo impossibile la prosecuzione anche solo provvisoria del rapporto.

È possibile riesaminare le prove come testimonianze o perizie in Cassazione?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito le prove. Il suo compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata, senza sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di primo e secondo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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