Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22187 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 22187 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12378/2021 r.g., proposto
da
NOME , elett. dom.to in INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 1191/2021 pubblicata in data 02/03/2021, n.r.g. 2363/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 05/06/2024 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
1.- NOME era stato dipendente di RAGIONE_SOCIALE dal 02/09/2002, con mansioni da ultimo di direttore e responsabile dell’ufficio postale di Santa Croce del Sannio (BN) a decorrere dall’01/02/2008. Deduceva di essere stato licenziato per giusta causa in data 26/07/2018.
OGGETTO:
direttore ufficio postale appropriazione indebita -scusante -limiti -patteggiamento in sede penale -rilevanza -successiva remissione di querela – rilevanza
Impugnava il licenziamento, di cui chiedeva la declaratoria di nullità, ovvero l’annullamento e/o la declaratoria di inefficacia, con tutte le conseguenze previste dall’art. 18 L. n. 300/1970, prima fra tutte la reintegrazione nel posto di lavoro.
2.Costituitosi il contraddittorio, espletata l’istruttoria, all’esito della fase c.d. sommaria il Tribunale di Benevento rigettava l’impugnazione.
Anche l’opposizione proposta dal lavoratore veniva rigettata.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il reclamo interposto dal NOME.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
il licenziamento è senza dubbio tempestivo, atteso che la società ha avuto una prima e sommaria conoscenza dei fatti solo nel momento in cui (02/10/2017) aveva ricevuto la comunicazione della Procura della Repubblica del rinvio a giudizio del lavoratore per il reato di cui agli artt. 646 e 61 n. 11 c.p. (appropriazione indebita aggravata);
quattro giorni dopo, ossia il 06/10/2017, la società adottava un provvedimento cautelare (assegnazione provvisoria presso lo staff del direttore della filiale di Benevento), di cui il NOME prendeva visione in data 09/10/2017;
la legittimità di questo provvedimento cautelare è data dal fatto di essere fondato sull’art. 56 CCNL, che espressamente lo prevede nel caso in cui si sia in presenza di un rinvio a giudizio, come nella specie;
la tempestività va valutata non con riferimento al momento dei fatti, bensì a quello in cui il datore di lavoro abbia avuto piena contezza del comportamento del lavoratore oppure a quello in cui sia intervenuta sentenza di condanna;
peraltro è legittimo differire la contestazione disciplinare per la pendenza del procedimento penale, al fine di acquisire elementi di valutazione più sicuri (Cass. n. 14787/2019; Cass. sez. un. n. 25686/2014);
ne consegue che la contestazione disciplinare ricevuta dal lavoratore in data 17/07/2018 è tempestiva, considerato che il NOME aveva consegnato alla società in data 02/07/2018 la sentenza con cui era
stato definito il giudizio penale con sentenza di patteggiamento e considerate le dimensioni dell’impresa;
l’istruttoria svolta in primo grado è certamente sufficiente, anche perché integrata dall’intervenuta sentenza di patteggiamento, che ha rilevanza probatoria nel giudizio disciplinare (Cass. n. 5897/2020) ed i fatti ai quali si riferisce hanno trovato conferma nell’istruttoria svolta;
la cliente COGNOME, escussa come testimone, ha confermato che in data 29/12/2014 il NOME le aveva detto che la somma di euro 2.300,00 (che ella, in qualità di cliente, voleva depositare in contanti unitamente all’importo di euro 1.300,00 effettivamente depositato) era costituita da banconote false, sicché egli le aveva trattenute dicendole che avrebbe dovuto inoltrarle alla Banca d’Italia; la testimone ha poi aggiunto di aver denunziato il proprio fidanzato alla Polizia per averle dato banconote false;
è pacifico che il NOME non abbia provveduto ad inoltrare quelle banconote asseritamente false alla Banca d’Italia;
egli si è giustificato dicendo di averle in buona fede distrutte;
tale circostanza, quand’anche fosse stata provata, nulla toglie alla rilevanza disciplinare del fatto contestato, ossia l’avvenuta appropriazione di banconote (asseritamente false) per il complessivo importo di euro 2.300,00, con l’aggravante di essere il direttore dell’ufficio postale;
l)
terzi (Cass. n. 28962/2017; Cass. n. 20931/2018).
l’importanza della procedura da seguire, nel caso in cui la falsità fosse stata effettiva, è fuori discussione, in quanto ha la finalità non solo di accertare l’effettiva contraffazione, ma anche di togliere le banconote dalla circolazione e di consentire l’attività investigativa al fine di individuare i responsabili della falsificazione e dello spaccio delle banconote, entrambe condotte previste come delitti dal codice penale; quanto all’elemento intenzionale, l’art. 54 ccnl prevede condotte di mero pericolo, per le quali è sufficiente il dolo generico, ossia la consapevole scelta di violare la legge, i regolamenti o i doveri scaturenti dal rapporto di lavoro, non essendo invece richiesto il dolo specifico, ossia il fine specifico di arrecare pregiudizio all’azienda o a
4.- Avverso tale sentenza NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.
5.- RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
6.- Entrambe le parti hanno depositato memoria.
7.- Il Collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 1, 3, 5 L. n. 604/1966, 7 L. n. 300/1970, 2697 e 2727 c.c., 116 e 116 c.p.c., 1362 ss. c.c., 54 e 80 ccnl per il personale non dirigente di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 30/11/2017, 112 c.p.c. per avere la Corte territoriale violato il principio di immodificabilità della contestazione disciplinare e del successivo licenziamento e ritenuti provati i fatti oggetto di addebito. In particolare censura la sentenza impugnata per avere i giudici del reclamo incentrato la motivazione sulla circostanza dell’omessa attivazione della procedura prevista per l’inoltro delle banconote false, circostanza mai contestata al lavoratore.
Il motivo è infondato.
La Corte territoriale, sulla base della testimonianza della cliente COGNOME e della sentenza di patteggiamento, ha ritenuto dimostrata la condotta oggetto di contestazione disciplinare, ossia l’appropriazione indebita delle banconote per l’importo complessivo di euro 2.300,00. L’omessa attivazione della procedura di inoltro alla Banca d’Italia procedura addotta dal NOME alla cliente come scusa per giustificare la mancata restituzione di quelle banconote, come testimoniato dalla cliente -è stata valutata dalla Corte territoriale solo come circostanza confermativa dell’appropriazione indebita di cosa altrui, in mancanza di qualunque prova circa la dedotta distruzione volontaria di quelle banconote asseritamente false. Trattasi di una valutazione conforme a diritto: la distruzione confermerebbe l’appropriazione, rappresentandone un post factum frutto di una scelta volontaria del dipendente e, quindi, confermativa dell’appropriazione ossia dell’acquisita disponibilità di quella cosa altrui alla quale viene data una determinata destinazione propria (eventualmente anche in termini di distruzione).
La Corte territoriale ha altresì ritenuto che pure ammesso in ipotesi che si trattasse di banconote false, comunque ha considerato che esse rappresentavano la cosa altrui rispetto alla quale restava ferma l’integrazione del delitto di appropriazione indebita.
La stessa omissione è stata, infine, considerata quale elemento sulla base del quale fondare il sindacato giudiziale di proporzionalità della sanzione rispetto alla condotta di indebita appropriazione. Ne consegue che il principio della necessaria corrispondenza fra contestazione disciplinare, sanzione disciplinare e sindacato giudiziale è stato rispettato.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ dell’art. 295 c.p.c. per avere la Corte territoriale negato la sospensione del processo in attesa dell’esito del giudizio di revisione penale ex artt. 630 e 631 c.p.p. della sentenza di patteggiamento, nonché violazione degli artt. 112 e 113 c.p.c.
Il motivo è infondato.
La veridicità dei fatti storici come risultanti dalla sentenza di patteggiamento è stata ritenuta dalla Corte territoriale confermata dall’istruttoria espletata (v. sentenza impugnata, pag. 12: ‘ … devono ritenersi dimostrati i fatti storici accertati con la sentenza penale di cui all’ art. 444 c.p.p. e la loro idoneità ad acquisire rilevanza in sede disciplinare, soprattutto considerato che essi hanno avuto una sostanziale conferma nell’istruttoria espletata ‘). Ciò esclude che quella sentenza penale abbia assunto valore dirimente e, correlativamente, esclude la pregiudizialità della sua impugnazione per revisione. In definitiva, il convincimento della Corte territoriale si fonda su altri elementi istruttori, sicché il principio di autonomia delle valutazioni disciplinari rispetto all’eventuale processo penale esclude la necessità della sospensione del giudizio civile ex art. 295 c.p.c.
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 1, 6, co. 1 e 3, CEDU, 2, 3, 24 e 111 Cost., 101, 115, 116 c.p.c., 2697, 2727, 2728, 2729 c.c. per avere la Corte territoriale negato l’ammissione dei mezzi istruttori, in particolare volti a dimostrare l’avvenuta distruzione in buona
fede di quelle banconote false, violando il diritto di difesa del lavoratore.
Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 5), c.p.c. il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ossia dell’avvenuta distruzione di quelle banconote false.
I due motivi -proposti congiuntamente dal ricorrente -sono inammissibili.
Questa Corte ha già affermato che il provvedimento reso sulle richieste istruttorie è censurabile con ricorso per cassazione per violazione del diritto alla prova, ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c. allorquando il giudice di merito rilevi preclusioni o decadenze insussistenti ovvero affermi l’inammissibilità del mezzo di prova per motivi che prescindano da una valutazione della sua rilevanza in rapporto al tema controverso ed al compendio delle altre prove richieste o già acquisite, nonché per vizio di motivazione in ordine all’attitudine dimostrativa di circostanze rilevanti ai fini della decisione, con la conseguenza che è inammissibile il ricorso che non illustri la decisività del mezzo di prova di cui si lamenta la mancata ammissione (Cass. ord. n. 30810/2023).
Nel caso in esame, invece, la Corte territoriale ha analiticamente valutato i singoli capitoli (v. sentenza impugnata, p. 7) ed ha ritenuto che alcuni riguardassero circostanze pacifiche, altri circostanze già provate documentalmente, altri circostanze ritenute generiche, altri implicanti valutazioni inammissibili, altri infine circostanze irrilevanti ai fini della decisione.
Infine, quanto all’asserita violazione dell’art. 2697 c.c., va premesso in via di principio che la mancata ammissione di un mezzo istruttorio (nella specie, prova testimoniale) si traduce in un vizio della sentenza se il giudice pone a fondamento della propria decisione l’inosservanza dell’onere probatorio ex art. 2697 c.c., benché la parte abbia offerto di adempierlo (Cass. ord. n. 18285/2021).
Nel caso in esame il lavoratore, con i due motivi in esame, si duole della mancata ammissione dei capitoli di prova relativi alla circostanza dell’avvenuta distruzione di quelle banconote false. Ma, come sopra si è visto, tale circostanza è stata esattamente ritenuta irrilevante dalla Corte
territoriale, perché non inficiante la configurazione della condotta in termini di indebita appropriazione di cosa altrui, anzi confermativa di tale configurazione.
Tali considerazioni tolgono anche decisività al fatto che il lavoratore intendeva provare, sicché resta precluso in radice anche il vizio di cui all’art. 360, co. 1, n. 5) c.p.c., peraltro precluso anche dalla c.d. doppia conforme (art. 360, penult. co., c.p.c.).
4.Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 2697 e 2727 c.c., 115 e 116 c.p.c., 1362 ss. c.c., 54 e 80 ccnl 15/12/2014, per avere la Corte territoriale ritenuta integrata la fattispecie prevista dal contratto collettivo come punita con il licenziamento pur in assenza di dolo e per aver violato il principio di proporzionalità.
Il motivo è inammissibile per plurime ragioni: sollecita a questa Corte una diversa valutazione di proporzionalità, riservata ai giudici di merito; ribadisce l’insussistenza del dolo senza confrontarsi in alcun modo con la specifica motivazione addotta al riguardo alla Corte territoriale circa la sufficienza del dolo generico rispetto a condotte previste dal ccnl come di pericolo (e non di danno); insiste sulla prova della buona fede del lavoratore nella scelta di distruggere quelle banconote false, senza confrontarsi con la specifica motivazione addotta dalla Corte territoriale circa l’irrilevanza di tale fatto ulteriore rispetto alla illecita condotta appropriativa (v. supra ).
6.- Con la sua memoria il NOME deduce che «la seconda sezione penale di Codesta Suprema Corte, con la Sentenza n. 40766/2021, emessa all’esito della camera di consiglio del 02/11/2021 e depositata l’11 .11.2021, che si allega (cfr. doc.1 all.), in accoglimento del ricorso proposto dal NOME, annullando l’Ordinanza di rigetto emessa dalla sezione penale della Corte di Appello di Roma, ha revocato la Sentenza del Tribunale di Benevento del 22.05.2018 e, in applicazione del disposto dal DLgs. n.36/2018, dichiarato ‘ non doversi procedere perché il reato è estinto per remissione di querela ‘» .
La deduzione e la relativa produzione documentale sono inammissibili: la prima perché ex art. 378 c.p.c. sono consentite solo difese illustrative dei motivi già svolti con il ricorso; la seconda perché ex art. 372 c.p.c. sono
consentiti solo documenti che attengano all’ammissibilit à del ricorso per cassazione (o alla nullità della sentenza impugnata).
7.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in