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Licenziamento e esclusione: reintegra dopo due sentenze

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto alla reintegrazione di una socia lavoratrice, prima licenziata e successivamente esclusa da una cooperativa. Entrambi gli atti sono stati annullati in giudizi separati. La Corte ha stabilito che l’annullamento della delibera di esclusione costituisce un fatto nuovo che supera il precedente giudicato che negava la reintegra, dando così diritto alla lavoratrice di ottenere la piena tutela ripristinatoria e risarcitoria.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento e Esclusione: la Cassazione fa chiarezza sulla Reintegrazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un caso complesso di licenziamento e esclusione di una socia lavoratrice da una cooperativa, delineando importanti principi sul diritto alla reintegrazione e sui limiti del giudicato. La decisione chiarisce come l’annullamento di atti di recesso distinti, avvenuti in momenti diversi, possa creare una nuova situazione giuridica che consente di superare precedenti decisioni e ottenere piena tutela.

I Fatti di Causa: una Battaglia Legale su più Fronti

La vicenda giudiziaria, durata oltre un decennio, ha visto una lavoratrice, assunta nel 2001, affrontare due distinti atti di recesso da parte della cooperativa datrice di lavoro:
1. Il licenziamento nel 2004.
2. L’esclusione dalla compagine sociale nel 2007.

La lavoratrice ha impugnato entrambi gli atti in procedimenti separati. In un primo giudizio, il licenziamento è stato dichiarato illegittimo, ma non è stata disposta la reintegrazione a causa dell’avvenuta esclusione dalla cooperativa. In un secondo giudizio, invece, la delibera di esclusione è stata annullata, con conseguente ripristino del rapporto associativo.

Forte di questa seconda vittoria, la lavoratrice ha avviato un terzo giudizio per ottenere la declaratoria di sussistenza del rapporto di lavoro subordinato, la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento del danno dal momento della sua messa a disposizione.

L’Impatto del Doppio Annullamento su Licenziamento e Esclusione

La questione centrale portata all’attenzione della Cassazione era se la precedente sentenza che aveva negato la reintegra costituisse un “giudicato” insuperabile. La società sosteneva che, essendo già stata negata la reintegrazione, la lavoratrice non potesse più richiederla.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha respinto questa tesi, accogliendo il ragionamento della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno sottolineato la peculiarità del caso, caratterizzato da due atti di recesso autonomi e temporalmente distinti: il licenziamento e l’esclusione. L’annullamento giudiziale di entrambi ha creato una situazione di fatto e di diritto completamente nuova rispetto a quella esaminata nel primo giudizio.

Il Principio del “Nuovo Fatto” che Supera il Giudicato

La Cassazione ha affermato che l’annullamento con effetto ex tunc (retroattivo) della delibera di esclusione ha rimosso l’ostacolo che, nel primo processo, aveva impedito la reintegra. Questo evento, successivo al primo giudicato, costituisce una nuova causa petendi (ragione della domanda), che legittima la lavoratrice a chiedere la piena applicazione della tutela reintegratoria. In sostanza, il giudicato formatosi in precedenza non poteva coprire una situazione giuridica non ancora esistente e perfezionatasi solo in seguito.

Le Altre Motivazioni della Suprema Corte

Oltre alla questione principale del giudicato, la Corte ha rigettato tutti gli altri motivi di ricorso presentati dalla società.

Sulla Domanda di Reintegrazione

La società lamentava che il giudice avesse concesso la “reintegrazione” pur essendo stato chiesto il “ripristino del rapporto”. La Corte ha liquidato la questione come meramente nominale e non sostanziale, ritenendo le due espressioni equivalenti nel contesto della richiesta di accertare la persistenza del rapporto di lavoro.

Sull’Offerta della Prestazione Lavorativa

La Corte ha confermato la validità dell’atto di messa in mora inviato dalla lavoratrice, considerandolo un accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità. Ha inoltre dichiarato inammissibili le questioni relative allo stato di salute della lavoratrice, in quanto sollevate per la prima volta in Cassazione.

Sull’Eccezione di Aliunde Percipiendum

L’eccezione con cui la società chiedeva di ridurre il risarcimento, sostenendo che la lavoratrice avesse percepito o potuto percepire altri redditi, è stata giudicata generica e non adeguatamente provata.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sono solidamente ancorate ai principi del diritto processuale e del lavoro. La decisione stabilisce che il giudicato non è un ostacolo insormontabile quando eventi successivi modificano radicalmente il quadro giuridico di riferimento. L’annullamento della delibera di esclusione, avvenuto dopo la sentenza sul licenziamento, ha creato le condizioni per una nuova valutazione del diritto alla reintegrazione. Questo ha permesso alla lavoratrice di ottenere la piena tutela ripristinatoria, essendo venuto meno l’impedimento (lo status di non-socia) che in precedenza l’aveva preclusa. La Corte ha quindi riaffermato che la giustizia deve considerare l’evoluzione dei fatti e non rimanere ancorata a situazioni superate dagli eventi processuali.

Le conclusioni di questa sentenza hanno importanti implicazioni pratiche per i casi di licenziamento e esclusione nelle società cooperative. Viene sancito che la tutela del lavoratore-socio deve essere valutata nella sua interezza, considerando l’esito di tutte le impugnazioni contro gli atti di recesso. Un primo giudicato sfavorevole sulla reintegra non è definitivo se un successivo giudizio annulla un diverso atto (come l’esclusione) che ne era la causa ostativa. Ciò garantisce una protezione più completa e sostanziale, impedendo che cavilli procedurali prevalgano sul diritto fondamentale al lavoro.

Un precedente giudicato che nega la reintegra impedisce di richiederla di nuovo se la situazione giuridica cambia?
No. Secondo la Corte, se un evento successivo, come l’annullamento della delibera di esclusione da una cooperativa, modifica la situazione di fatto e di diritto, si crea una nuova “causa petendi”. Questo consente al lavoratore di agire nuovamente in giudizio per ottenere la reintegra che prima gli era stata negata a causa di un ostacolo ora rimosso.

Cosa accade quando un socio lavoratore subisce sia il licenziamento sia l’esclusione e li impugna entrambi con successo?
Se entrambi gli atti vengono annullati, anche in giudizi separati e in tempi diversi, il rapporto di lavoro e quello associativo si considerano come mai interrotti. Di conseguenza, il lavoratore ha diritto alla piena tutela, che include la reintegrazione nel posto di lavoro e il risarcimento del danno per il periodo in cui non ha potuto lavorare.

A chi spetta l’onere di provare l’inidoneità al lavoro di un dipendente reintegrato?
L’onere della prova spetta al datore di lavoro. La sentenza chiarisce che l’eventuale inidoneità al servizio della lavoratrice deve essere accertata tramite visita medica o sulla base di documenti medici specifici. Una generica affermazione contenuta in un vecchio atto di parte, senza alcuna richiesta istruttoria, non è sufficiente a sollevare il datore di lavoro da tale onere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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