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Licenziamento disciplinare: termini e controlli

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un licenziamento disciplinare a carico di un’informatrice scientifica del farmaco. La lavoratrice era stata licenziata per giusta causa dopo che un’indagine privata aveva rivelato la mancata effettuazione di visite mediche obbligatorie, falsamente annotate nei report aziendali. La Corte ha stabilito che i termini per la conclusione del procedimento disciplinare previsti dal CCNL sono stati rispettati, anche grazie a una dilazione concessa per la chiusura estiva aziendale, e ha ribadito la liceità dei controlli difensivi per accertare illeciti del dipendente.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento Disciplinare: Termini, Controlli e Giusta Causa

Il licenziamento disciplinare rappresenta uno dei momenti più critici nel rapporto di lavoro. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 1229/2025) offre spunti fondamentali sulla gestione dei tempi del procedimento e sulla legittimità dell’uso di agenzie investigative per accertare condotte illecite. Analizziamo questa decisione per comprendere i principi affermati dai giudici e le loro implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un’informatrice scientifica del farmaco, licenziata per giusta causa da un’azienda farmaceutica. La contestazione disciplinare si basava sul fatto che la dipendente, in alcune giornate di luglio 2019, non aveva effettuato le visite obbligatorie presso alcuni medici, pur avendole registrate come svolte.

I sospetti dell’azienda erano nati da alcune anomalie, tra cui rimborsi chilometrici e spese di carburante notevolmente superiori a quelle di altri colleghi che operavano in zone più vaste. Di fronte a questi ‘fondati sospetti’, la società aveva ingaggiato un’agenzia investigativa per verificare la condotta della lavoratrice. Le indagini avevano confermato che le visite contestate non erano mai avvenute.

La dipendente ha impugnato il licenziamento, sostenendo principalmente due argomenti: la tardività del provvedimento rispetto ai termini previsti dal CCNL e l’illegittimità del controllo effettuato tramite investigatori privati. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le sue richieste, confermando la legittimità del licenziamento.

Il licenziamento disciplinare e i termini del CCNL

Uno dei punti centrali del ricorso era la presunta violazione dei termini per la conclusione del procedimento disciplinare. L’art. 38 del CCNL Chimica Industria prevede che il provvedimento disciplinare debba essere comunicato entro 16 giorni dalla contestazione. Questo termine è interpretato dalla giurisprudenza come una sequenza ‘8+8’: 8 giorni a disposizione del lavoratore per presentare le proprie difese e successivi 8 giorni per il datore di lavoro per decidere.

Nel caso specifico, la contestazione era del 2 agosto 2019. L’azienda, tuttavia, aveva comunicato alla lavoratrice che, a causa della chiusura feriale, il termine per le giustificazioni sarebbe iniziato a decorrere dal 26 agosto. La dipendente si era avvalsa di questa dilazione, inviando le sue difese il 30 agosto. Il licenziamento è stato poi comunicato il 6 settembre.

La Cassazione ha ritenuto questo iter corretto. La dilazione, accettata e utilizzata dalla lavoratrice, ha spostato l’inizio del conteggio. Di conseguenza, le giustificazioni (rese entro 8 giorni dal 26 agosto) e il licenziamento (comunicato entro i successivi 8 giorni) sono risultati tempestivi. La Corte ha chiarito che se il datore concede un termine a difesa superiore agli 8 giorni (in questo caso ‘x’ giorni), il termine complessivo diventa ‘x+8’. Questa flessibilità, se va a vantaggio del diritto di difesa del lavoratore, è pienamente legittima.

L’uso legittimo delle agenzie investigative

Un altro motivo di ricorso riguardava l’utilizzo di un’agenzia investigativa. La lavoratrice sosteneva che tale controllo fosse illegittimo. La Corte di Cassazione ha respinto anche questa tesi, richiamando il suo orientamento consolidato sui cosiddetti ‘controlli difensivi’.

I giudici hanno spiegato che il divieto di controlli a distanza sull’attività dei lavoratori non si applica quando l’indagine non mira a vigilare sul mero adempimento della prestazione lavorativa, ma a verificare eventuali illeciti che possono danneggiare il patrimonio o l’immagine aziendale. In presenza di ‘fondati sospetti’, come nel caso in esame, il ricorso a investigatori privati per accertare condotte fraudolente (come la falsa attestazione di attività) è considerato lecito, specialmente per i lavoratori che operano al di fuori dei locali aziendali e senza un controllo diretto.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte ha ritenuto il licenziamento fondato su una giusta causa. La gravità della condotta non risiedeva solo nella falsa rendicontazione, ma anche nell’elemento intenzionale (dolo) dimostrato dagli ‘escamotages’ difensivi adottati dalla lavoratrice. Quest’ultima, infatti, aveva tentato di giustificarsi producendo dichiarazioni di rettifica dei medici, che però erano risultate preparate da lei stessa ‘in bianco’, alterate o carpite in buona fede. Questo comportamento, secondo la Corte, ha rivelato un grave disvalore e una chiara intenzione di ingannare l’azienda, minando irrimediabilmente il rapporto di fiducia.

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibili alcuni motivi del ricorso per il principio della ‘doppia conforme’. Poiché sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano basato le loro decisioni sulla medesima valutazione dei fatti, non era possibile, in sede di Cassazione, riesaminare le prove per contestare la ricostruzione degli eventi.

Conclusioni

Questa ordinanza offre due importanti insegnamenti. In primo luogo, i termini previsti dai CCNL per i procedimenti disciplinari possono essere gestiti con una certa flessibilità, a condizione che non venga mai compresso il diritto di difesa del lavoratore. Anzi, una dilazione concordata o accettata può validare un procedimento che altrimenti potrebbe apparire tardivo. In secondo luogo, viene confermata la piena legittimità dei controlli difensivi tramite agenzie investigative quando sussistono fondati sospetti di illeciti. Per i datori di lavoro, è un’affermazione del diritto a proteggere il patrimonio aziendale; per i lavoratori, è un monito sulla gravità di condotte che, oltre a violare gli obblighi contrattuali, dimostrano un’intenzione fraudolenta.

È possibile per il datore di lavoro concedere più tempo al dipendente per difendersi in un procedimento disciplinare senza rendere nullo il successivo licenziamento?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che se il datore di lavoro accorda al dipendente un termine per le giustificazioni superiore a quello minimo previsto dal CCNL (nel caso specifico, a causa della chiusura estiva), e il lavoratore accetta e utilizza tale dilazione, il termine per la successiva adozione del provvedimento decorre dalla scadenza del maggior termine concesso. L’importante è che il diritto di difesa del lavoratore sia garantito e non compresso.

Quando è legittimo per un’azienda assumere un investigatore privato per controllare un dipendente?
È legittimo quando lo scopo non è vigilare sul normale svolgimento dell’attività lavorativa, ma accertare e raccogliere prove su specifici comportamenti illeciti del dipendente che possono danneggiare il patrimonio o l’immagine aziendale. Questi vengono definiti ‘controlli difensivi’ e sono ammessi in presenza di ‘fondati sospetti’, specialmente per lavoratori che operano fuori dalla sede aziendale.

Cosa ha reso particolarmente grave la condotta della lavoratrice, giustificando il licenziamento?
Oltre alla mancata effettuazione delle visite e alla falsa rendicontazione, la Corte ha dato particolare peso all’elemento intenzionale (dolo). La lavoratrice non solo ha commesso l’illecito, ma ha anche tentato di coprirlo predisponendo materiale difensivo falso, come dichiarazioni ‘in bianco’ fatte firmare ai medici e poi alterate. Questo comportamento ha dimostrato una chiara volontà di ingannare l’azienda, rompendo in modo insanabile il rapporto di fiducia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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