Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20341 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20341 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 591-2024 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4401/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 27/11/2023 R.G.N. 2219/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/04/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Licenziamento
disciplinare
R.G.N. 591/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 23/04/2025
CC
RILEVATO CHE
NOME COGNOME dipendente COGNOME (in passato Fiat, RAGIONE_SOCIALE, e altre denominazioni sociali) dal 1999 nello stabilimento di Piedimonte San Germano, da ultimo inquadrato come impiegato, area professionale A2 del CCL di primo livello del Gruppo Fiat, impugnava innanzi al Tribunale di Cassino il p rimo licenziamento intimatogli il 24.6.2021 a seguito della testimonianza resa dinanzi al medesimo Tribunale nel giudizio di impugnativa del licenziamento di altra dipendente, asseritamente contrastante con la dichiarazione che il lavoratore aveva reso al datore di lavoro nell’immediatezza dei fatti oggetto del licenziamento della dipendente in questione, e il secondo licenziamento intimato il 23.7.2021 per asserito svolgimento di attività lavorativa in proprio in una specifica giornata, durante la sospensione in cassa integrazione guadagni straordinaria;
in esito alla fase sommaria il Tribunale dichiarava la nullità di entrambi i licenziamenti in quanto ritorsivi e comunque infondati, ordinando la reintegrazione e condannando la società al pagamento di indennità risarcitoria dal giorno del primo licenziamento;
a seguito dell’opposizione della società, in parziale modifica dell’ordinanza, escludeva il connotato ritorsivo dei licenziamenti, ma ne dichiarava l’illegittimità per insussistenza di rilievo disciplinare nei fatti contestati, confermando l’ordine di reintegrazione e condannando la società al pagamento di indennità risarcitoria limitata a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto;
la Corte d’Appello di Roma, in accoglimento del reclamo della società e in riforma della sentenza del Tribunale,
respingeva l’impugnazione proposta dal lavoratore contro il licenziamento intimato il 24.6.2021 e dichiarava assorbita quella proposta contro il secondo licenziamento;
la Corte di Roma, in particolare, accoglieva il reclamo della società con riguardo alla ritenuta (nel grado precedente) marginalità della discrasia tra la dichiarazione resa nell’immediatezza del fatto e la dichiarazione resa un anno dopo in sede testimoniale, con riferimento alla lite tra le dipendenti NOME COGNOME e NOME COGNOME nella causa di licenziamento della prima, che aveva portato all’addebito per l’odierno ricorrente di aver determinato con la sua testimonianza ( di sostanziale ritrattazione di precedente dichiarazione resa ad incaricato aziendale in merito alla vicenda della quale era stato unico testimone) l’annullamento del licenziamento; ciò in base al principio di autoresponsabilità e alla perdita di fiducia della società nella correttezza dei futuri adempimenti del dipendente per violazione dei doveri di fedeltà e di leale collaborazione con il datore di lavoro;
avverso la sentenza della Corte d’Appello il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione con 6 motivi; ha resistito con controricorso la società; entrambe le parti hanno depositato memorie;
al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo, parte ricorrente deduce violazione degli artt. 112, 115, 116, 244, 253, 256 c.p.c., 2104, 2105, 2119 c.c., 5 legge n. 604/1966 (art.360, primo comma, n. 3, c.p.c.), per erronea valutazione circa la sussistenza di
divergenza tra le dichiarazioni rese dal lavoratore, nonché violazione delle norme processuali poste a disciplina dell’apprezzamento delle prove testimoniali;
con il secondo motivo, deduce nullità della sentenza d’appello per violazione dell’art.116 c.p.c. (art.360, n. 4, c.p.c.);
con il terzo motivo, violazione degli artt. 2103, 2104, 2105, 1455, 2106, 2119, 1175, 1375 c.c. (art.360, n. 3, c.p.c.), sostenendo erroneità della sentenza in ragione dell’insussistenza della condotta addebitata, dell’insussistenza di comportamento disciplinarmente rilevante, dell’insussistenza di condotta connotata da violazione dei precetti di correttezza e buona fede;
con il quarto motivo, violazione degli artt. 22, 23, 24 del Contratto Collettivo di primo livello specifico del gruppo FCA dell’11 marzo 2019, nonché degli artt. 1362, 1363, 1365, 1366, 1367, 2119 c.c., 18, comma 4, legge n. 300/1970 (art. 360, n. 3, c.p.c.), per erronea esclusione che le condotte contestate fossero punibili con sanzioni conservative e non con sanzione espulsiva;
5. con il quinto motivo, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (art. 360, n. 5, c.p.c.), sempre in relazione alle previsioni disciplinari del contratto collettivo applicato e alla previsione del quarto comma dell’art. 18 legge n. 300/1970 ;
6. con il sesto motivo, deduce violazione dell’art. 7, commi terzo e quarto, legge n. 300/1970, nonché degli artt. 1175 e 1375 c.c., 112 c.p.c. (art. 360, n. 3, c.p.c.), sostenendo erroneità della sentenza in relazione all’eccezione proposta di tardività dell’azione disciplinare;
7. parte ricorrente formula altresì ulteriori deduzioni in relazione al secondo licenziamento comminato con lettera
23.7.2021 (atteso che ogni questione relativa al secondo licenziamento è stata ritenuta assorbita nella sentenza impugnata);
il primo e secondo motivo di ricorso per cassazione, da trattare congiuntamente per connessione, sono inammissibili;
poiché spettano al giudice di merito la selezione e valutazione delle prove a base della decisione, per integrare la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli; resta, invece, inammissibile la diversa doglianza che il giudice di merito, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.; le censure in esame si risolvono in una contestazione della valutazione probatoria della Corte territoriale, riservata al giudice di merito e pertanto, qualora congruamente argomentata, insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 29404/2017, n. 1229/2019, S.U. n. 34476/2019, S.U. 20867/2020, n. 5987/2021, n. 6774/2022, n. 36349/2023);
il quarto e quinto motivo, anch’essi connessi in relazione ai comuni profili di censura sollevati, sono invece fondati per quanto di ragione, e tali da determinare, per il principio della ragione più liquida, l’assorbimento del terzo motivo;
11. per consolidata giurisprudenza di questa Corte, la giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell’elemento fiduciario, dovendo il giudice valutare, da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in
relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all’intensità del profilo intenzionale, dall’altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell’elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro, sia tale, in concreto, da giustificare la massima sanzione disciplinare; quale evento <>, la giusta causa di licenziamento integra una clausola generale, che richiede di essere concretizzata dall’interprete tramite valorizzazione dei fattori esterni relativi alla coscienza generale e dei principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge (Cass. n. 12786/2019, n. 6498/2012, n. 5095/2011);
12. sul piano del metodo, in questa ricostruzione e valutazione il giudice deve partire dalla contestazione disciplinare e verificarne la tenuta all’esito dell’accertamento, ossia verificare se la condotta come accertata rimanga connotata da un disvalore tale da integrare la giusta causa ex art. 2119 c.c.; al riguardo questa Corte ha affermato che la giusta causa di licenziamento ex art. 2119 c.c. integra una clausola generale che l’interprete deve concretizzare tramite fattori esterni relativi alla coscienza generale e principi tacitamente richiamati dalla norma e, quindi, mediante specificazioni di natura giuridica, la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l’accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi integranti il parametro normativo costituisce un giudizio di fatto, demandato al giudice di merito ed incensurabile in cassazione
se privo di errori logici o giuridici (Cass. n. 14042/2024, n. 7029/2023, n. 12789/2022, n. n. 13534/2019);
13. inoltre, i n tema di licenziamento disciplinare, in presenza di disposizioni del contratto collettivo che, anche attraverso clausole generali o elastiche, prevedono per la stessa infrazione l’applicazione di una sanzione conservativa e, nei casi di maggiore gravità, della sanzione espulsiva, il giudice di merito deve verificare la sussumibilità del fatto contestato nella previsione collettiva e individuare gli specifici elementi, di cui dar conto in motivazione, atti a integrare il dirimente requisito della maggiore gravità (in termini, Cass. n. 17306/2024; v. anche Cass. n. 8621/2020). Ciò posto si osserva che la Corte di merito ha omesso di procedere alla prescritta verifica della sussumibilità del fatto accertato nell’ambito delle ipotesi sanzionate con misura conservativa dal contratto collettivo, come necessario al fine della verifica della legittimità del licenziamento ed a tanto consegue la cassazione in parte qua della decisione con rinvio alla Corte di appello di Roma in diversa composizione perché proceda alla verifica omessa alla luce della complessiva interpretazione delle previsioni del contratto collettivo applicato.
14. i l sesto motivo risulta inammissibile, posto che, in tema di licenziamento disciplinare, l’immediatezza della contestazione va intesa in senso relativo, dovendosi dare conto delle ragioni che possono cagionare il ritardo, con valutazione riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici (Cass n. 14726/2024);
15. conclusivamente, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione, per procedere al