Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 4241 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 4241 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 18/02/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 10742/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del difensore ex art. 16sexies del d.l. n. 179 del 2012 conv. con modif. dalla legge n. 221 del 2012
-ricorrente-
contro
Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici siti in Roma INDIRIZZO domicilia
-controricorrente-
avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Napoli n. 1810/2024 depositata il 22/04/2024.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza in data 04/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
udita il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Napoli , adita in sede di reclamo proposto ex lege n. 92 del 2012, ha confermato il rigetto dell’impugnazione del licenziamento irrogato in data 23 settembre 2022 dal Ministero della giustizia -Dipartimento della giustizia minorile e di comunità -ad NOME COGNOME dipendente con mansioni di funzionaria della professionalità pedagogica presso il C entro di prima accoglienza ‘Don Peppino Diana’ sito in Napoli.
Nei limiti di rilievo nella presente sede, la Corte territoriale ha respinto l’eccezione di nullità del licenziamento perché irrogato da organo incompetente per essere stato rispettato il principio di terzietà, in termini di distinzione sul piano organizzativo tra l’ufficio dei procedimenti disciplinari e la struttura nella quale opera il dipendente, atteso che ad emettere il provvedimento di recesso era stato il Direttore generale del personale, nell’ambito del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, in qualità di dirigente di tutto l’ufficio, organo che rappresenta all’esterno detto ufficio, estraneo all’ufficio presso il quale la dipendente svolgeva il proprio servizio, in base all’art. 7 del d. P.C.M n. 84 del 15 giugno 2015. Inoltre, in dichiarata conformità a precedente di questa Corte, ha chiarito che la formazione della volontà degli organi collegiali resta distinta dalla sua manifestazione; di conseguenza, mentre la prima deve esprimersi all’interno dell’organo , secondo le regole che ne presiedono il funzionamento, all’esterno l’organo agisce in persona del soggetto che lo rappresenta e, dunque, gli atti ben possono essere sottoscritti solo da quest’ultimo.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione NOME COGNOME articolando due motivi, cui resiste il Ministero della giustizia con controricorso.
Il rappresentante del Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte con richiesta di rigettare il ricorso.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
La causa giunge in decisione all’esito della trattazione in pubblica udienza, nella quale è intervenuto il rappresentante del Pubblico Ministero,
che ha concluso per il rigetto del ricorso, richiamando le conclusioni già rassegnate nella memoria depositata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare, va dato atto che il Ministero, nel costituirsi, ha sanato la nullità della notificazione del ricorso, effettuata presso l’Avvocatura distrettuale invece che nei confronti del l’Avvocatura Generale dello Stato.
Ciò consente anche di superare ogni questione in ordine alla tardività della costituzione da parte dell’amministrazione , considerato che proprio in virtù della stessa, benché fuori termine, si è reso possibile esaminare nel merito il ricorso, evitando di disporre la rinnovazione della notificazione. Va, inoltre, rilevato che la ricorrente ha depositato memoria nella quale ha espressamente preso posizione in ordine alle difese svolte da ll’amministrazione.
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 416, 112, e 113 cod. proc. civ., dell’art. 1 preleggi nonché dell’art. 7 d. P.C.M. n. 84 del 2015 in relazione all’art. 2697 cod. civ., ex art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello respinto l’eccezione di incompetenza dell’organo che ha intimato il recesso nonostante il Ministero non avesse contestato né preso posizione in ordine a tale eccezione e, solo nel corso della udienza di discussione, avesse evidenziato l’esistenza del d. P.C.M. n. 84 del 2015, sollecitando l’applicazione del principio iura novit curia . La decisione assunta in proposito dal Tribunale e poi dalla Corte d’appello era, dunque, illegittima perché in violazione del l’art. 416 cod. proc. civ. nonché del l’art. 113 cod. proc. civ., per aver applicato il richiamato principio ad una fonte meramente regolamentare e non avente forza di legge, così violando anche il divieto di ultra o extra petizione. In ogni caso, il d.P.C.M. in questione risultava superato dalla riforma operata con il d.lgs. n. 75 del 2017, che assegna competenza esclusiva all’U PD; peraltro, anche a considerare il predetto d.P.C.M., lo stesso prevedeva la competenza del Direttore generale solo «quando il capo della struttura non ha qualifica dirigenziale», con
conseguente onere del Ministero di provare la suddetta circostanza per sostenere la legittimità del licenziamento.
2.1. Il motivo è infondato, in disparte l’inammissibilità della censura relativa all a violazione dell’onere di contestazione, che, per costante indirizzo di questa Corte, può avere ad oggetto unicamente circostanze di fatto e non si applica, quindi, alla risoluzione di questioni di diritto, come correttamente rilevato dal Pubblico Ministero.
Infatti, assume valore dirimente rispetto ad ogni altra questione la considerazione che, per i procedimenti disciplinari instaurati in relazione ad illeciti commessi dopo l ‘ entrata in vigore del d.lgs. n. 75 del 2017, l ‘ erronea individuazione dell ‘ organo interno alla P.A. titolare del potere disciplinare, nonché il mancato rispetto delle regole di costituzione e funzionamento dello stesso, incidono sulla legittimità della sanzione, espulsiva o conservativa, solo quando emerga che l ‘ ufficio non sia terzo e specializzato, con concreta compromissione delle garanzie difensive dell ‘ incolpato, in quanto l ‘ introduzione dei commi 9bis e 9ter nell ‘ art. 55bis del d.lgs. n. 165 del 2001 ha ristretto l ‘ ambito di applicazione della nullità prevista dal primo comma dell ‘ art. 55 del medesimo decreto, sicché il carattere imperativo della disciplina in esame non è più da sola idonea a determinare, ex art. 1418 cod. civ., la nullità della sanzione (così, Cass. Sez. L, 15/11/2022, n. 33619). In particolare, come pure affermato nel richiamato precedente, l ‘erronea individuazione dell’organo interno alla P.A. per mezzo del quale il potere disciplinare può essere esercitato, nonché il mancato rispetto delle regole che stabiliscono le modalità di costituzione e di funzionamento di quell’organo, potranno incidere sulla legittimità della sanzione, espulsiva o conservativa, solo qualora emerga che di fatto non siano state assicurate al dipendente quelle garanzie che la previsione di un ufficio terzo e specializzato mira a realizzare. Non senza precisare che il principio di terzietà non può essere confuso con quello di imparzialità dell ‘ organo giudicante, che solo un soggetto terzo rispetto al lavoratore ed alla amministrazione potrebbe assicurare, e postula unicamente la distinzione sul piano organizzativo fra detto ufficio e la struttura nella quale opera il
dipendente (in tal senso, fra molte, anche Cass. Sez. L, 01/06/2021, n. 15239, e Cass. Sez. L, 19/03/2024, n. 7267).
Nella specie, il giudice del merito, con accertamento di fatto non censurabile in questa sede, ha ritenuto la terzietà dell’organo che ha intimato il licenziamento rispetto alla struttura cui era adibita la ricorrente ed escluso, nel merito, la lesione del diritto di difesa, lesione non utilmente prospettata dalla ricorrente.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 55 -bis del d.lgs. n. 165 del 2001, dell’art. 416 cod. proc. civ. nonché dell’art. 2607 cod. civ., ex art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ., in quanto la Corte d’appello non ha colto la censura intesa a contestare la mancata formazione della volontà dell’UPD all’interno dell’organo collegiale. Nel caso di specie, l’UPD aveva ricevuto la segnalazione del dirigente del CGM, aveva provveduto alla contestazione disci plinare, aveva proceduto all’audizione richiesta dalla dipendente in sede di giustificazioni, mentre il provvedimento finale, di intimazione del licenziamento, risultava a firma del Direttore generale, senza che fosse stato deliberato o riferibile all’UPD, con conseguente nullità del recesso.
3.1. La censura, nei termini formulati, è infondata, oltre che per l’assorbente rilievo svolto in ordine al primo mezzo, perché nella sentenza impugnata risulta correttamente applicato il principio espresso da questa Corte secondo cui, in relazione all ‘ attività degli organi collegiali la formazione della volontà resta distinta dalla manifestazione, sicché mentre la prima si deve formare all ‘ interno dell ‘ organo collegiale secondo le regole che ne presiedono il funzionamento, all ‘ esterno l ‘ organo agisce in persona del soggetto che lo rappresenta, sicché gli atti ben possono essere sottoscritti solo da quest ‘ ultimo (Cass. Sez. L, 06/02/2019, n. 3467). Ogni ulteriore rilievo sul punto, pertanto, trasmoda in un’inammissibile censura nel merito dell’accertamento svolto dalla Corte d’appello.
In definitiva, il ricorso va respinto, con conseguente condanna della ricorrente soccombente alla refusione delle spese processuali, liquidate come da dispositivo in ragione dell’attività difensiva svolta.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 4.500,00 per compensi in favore del Ministero della giustizia, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della