Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10945 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10945 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 9221-2023 proposto da:
NOME COGNOME domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE NOME RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio degli avvocati COGNOME, NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 112/2023 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA, depositata il 03/03/2023 R.G.N. 451/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
25/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME.
Oggetto
Licenziamento disciplinare
R.G.N. 9221/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 25/02/2025
CC
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di L’Aquila, confermando i provvedimenti del Tribunale di Pescara in esito alle fasi sommaria e di opposizione ex legge n. 92/2012, ha respinto il reclamo di NOME COGNOME contro la Fondazione Paolo VI – di cui l’odierno ricorrente era dipendente dal 2013, quale direttore sanitario di centro di riabilitazione con ricovero in Bolognanoche aveva domandato la declaratoria di illegittimità del licenziamento irrogatogli il 12.4.2019 in esito a procedimento disciplinare, a seguito di duplice ravvicinata contestazione di addebito;
nel provvedimento impugnato la Corte territoriale, in sintesi, per quanto in questa sede rileva, ha osservato che:
-era sufficiente, al fine di riscontrare la validità del licenziamento, la sussistenza della condotta contestata relativa all’episodio in cui si addebitava al dott. NOME di essere intervenuto nel corso di un intervento di urgenza nei confronti di un’inferm iera con le modalità ed i toni indicati nella seconda contestazione (specifica), per l’utilizzo di toni alterati nel rimprovero mosso all’infermiera e di espressioni gravemente lesive della dignità professionale degli operatori, idonee a turbare lo svolgi mento dell’intervento, con il concreto rischio di comprometterne l’esito, e capaci di alterare la serenità dell’ambiente lavorativo anche per il futuro, considerata la posizione ricoperta dal reclamante nella struttura;
-l’art. 11 del CCNL applicato al rapporto (per il personale medico dipendente da case di cura, IRCCS, presidi e centri di riabilitazione) prevede il licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo oggettivo nei medesimi casi per i quali -a titolo esemplificativo -è prevista la sanzione conservativa,
‘ qualora le infrazioni abbiano carattere di particolare gravità ‘; tra le condotte punibili con sanzione conservativa (e dunque con possibile licenziamento in caso di infrazione di particolare gravità), è ricompresa la condotta di chi ‘ tenga un contegno scorretto o offensivo verso i degenti, il pubblico e gli altri dipendenti ‘; nel caso di specie, il contegno contestato veniva valutato come gravemente scorretto ed offensivo nei confronti della dipendente, potenzialmente pregiudizievole per il paziente nello svolgimento di attività terapeutica d’urgenza, di particolare gravità anche per la presenza di altro medico ed idoneo a pregiudicare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro anche in relazione al ruolo ricoperto;
avverso tale sentenza il Mauro propone ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi, cui resiste con controricorso la Fondazione; entrambe le parti hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’o rdinanza;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo parte ricorrente, denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 5 legge n. 604/1966; sostiene che sarebbe stato onere della Fondazione fornire la prova dell’esistenza di un’eccezione alla regola generale che impone di scrivere immediatamente il nome del farmaco all’atto della somministrazione;
2. con il secondo motivo, deduce violazione dell’art. 11 del CCNL applicabile, degli artt. 1362, 2106, 2119 c.c. e 18, comma 4, St. lav. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), assumendo erroneità della sentenza, la quale non avrebbe dovuto ravvisare nella condott a tenuta il ‘carattere di particolare gravità’ in
relazione alle fattispecie per le quali sarebbe ordinariamente prevista la mera sanzione conservativa;
il primo motivo non è fondato;
posto che la violazione dell’art. 2697 c.c. è deducibile per cassazione, ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne sia onerata, secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, la doglianza sul punto di parte ricorrente non si confronta compiutamente con la motivazione della sentenza impugnata, la quale non ha ritenuto dirimente la questione della trascrizione del nome del farmaco e della sua tempistica, ma ha valutato complessivamente il contegno tenuto dal direttore sanitario, in situazione d’urgenza e in presenza di altro sanitario (oltre che del paziente), nei confronti dell’infermie ra, qualificato come ingiustificatamente lesivo della dignità di quest’ultima;
deve qui ribadirsi, in generale, che, in tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, la valutazione della gravità e proporzionalità della condotta rientra nell’attività sussuntiva e valutativa del giudice di merito, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, con la quale viene riempita di contenuto la clausola generale dell’art. 2119 c.c.; questa Corte non può sostituirsi al giudice del merito nell’attività di riempimento di concetti giuridici indeterminati, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza; tale sindacato sulla ragionevolezza non è relativo alla motivazione del fatto storico, ma alla sussunzione dell’ipotesi specifica nella norma generale, quale sua concretizzazione; dunque, l’accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi
integranti il parametro normativo costituisce un giudizio di fatto, demandato al giudice di merito ed incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici (cfr. Cass. n.13534/2019, e giurisprudenza ivi richiamata; cfr. anche Cass. n. 985/2017, n. 88/2023; v. anche Cass. n. 14063/2019, n. 16784/2020, n. 17321/2020, n. 29332/2022, n. 7029/2023, n. 23287/2023, n. 26043/2023, n. 30663/2023, n. 107/2024, n. 5596/2024, n. 12787/2024, n. 21123/2024, n. 24523/2024);
6. in questo senso, e passando così al secondo motivo di gravame, la sussunzione, da parte dei giudici del merito, con statuizione doppia conforme, dei fatti contestati tra le ipotesi ‘particolarmente gravi’ sanzionate con il licenziamento dal CCNL applicato al rapporto (anziché tra quelle sanzionate in via conservativa) è stata adeguatamente motivata dalla sentenza impugnata in base alla operata valutazione dei caratteri oggettivi e soggettivi della condotta, come accertati in fatto;
7. il giudizio di sussunzione nell’ipotesi grave, nel caso di specie, è stato ancorato al dato contrattuale collettivo, con congrua e logica motivazione in relazione agli accertamenti di fatto svolti in concreto, sicché il relativo giudizio non è utilmente censurabile in questa sede sotto il profilo della violazione di legge; ciò in conformità del principio, già chiarito da questa Corte, secondo cui, in tema di licenziamento disciplinare, in presenza di disposizioni del contratto collettivo che, anche attraverso clausole generali o elastiche, prevedono per la stessa infrazione l’applicazione di una sanzione conservativa e, nei casi di maggiore gravità, della sanzione espulsiva, il giudice di merito deve verificare la sussumibilità del fatto contestato nella previsione collettiva ed individuare gli specifici elementi, di cui dar conto in motivazione, atti ad integrare il dirimente requisito della maggiore gravità (Cass. n. 17306/2024); verifica che nei
gradi di merito è stata svolta, e di cui la Corte distrettuale ha dato compiuta motivazione;
in ragione della soccombenza, parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione in favore di parte controricorrente delle spese del presente giudizio;
al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.500 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’Adunanza camerale del 25 febbraio 2025.