Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 26614 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 26614 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13426/2023 r.g., proposto da
NOME , elett. dom.to in presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Palermo n. 462/2023 pubblicata in data 11/04/2023, n.r.g. 564/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 09/09/2025 dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
1.- Con nota prot. 425 del 23/12/2019 la RAGIONE_SOCIALE aveva contestato al proprio dipendente COGNOME NOME di essersi indebitamente appropriato di quaranta litri di carburante di proprietà aziendale in data 11/11/2019 mentre era addetto all’erogazione del carburante ai mezzi della
OGGETTO:
licenziamento disciplinare prova dell’addebito -valutazione del giudice di merito – insindacabilità in sede di legittimità
società all’interno dell’autoparco di Palermo, durante il turno dalle ore 15,00 alle ore 23,00. Poi lo aveva licenziato.
2.Il Tribunale, sia all’esito della fase c.d. sommaria del rito introdotto dalla legge n. 92/2012, sia all’esito dell’opposizione del COGNOME, rigettava l’impugnazione del licenziamento.
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame interposto dal COGNOME.
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale riteneva del tutto implausibile la tesi difensiva dell’ex dipendente fondata su un asserito errore di trascrizione a fine turno dei litri erogati.
4.- Avverso tale sentenza NOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a sette motivi.
5.- RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
6.- La Consigliera delegata dal Presidente ha formulato una proposta di definizione accelerata, evidenziando plurimi profili di inammissibilità sia per la sollecitazione di rivalutazione dei fatti e del compendio probatorio, non consentita in sede di legittimità, sia per la mancata trascrizione delle istanze di prova testimoniale di cui si lamenta la mancata ammissione e per la mancata dimostrazione della loro decisività, sia per essere la consulenza tecnica d’ufficio, di cui si lamenta la mancata ammission e, un mezzo istruttorio affidato al prudente apprezzamento del giudice e quindi sottratto alla disponibilità delle parti.
7.- Il difensore del COGNOME ha proposto istanza di decisione.
8.- Entrambe le parti hanno depositato memoria.
9.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 5 L. n. 604/1966 e 2697 c.c., per avere la Corte territoriale ritenuto provato sia il fatto, sia la sua imputabilità a lui.
Il motivo è inammissibile per plurime ragioni:
non si confronta con la specifica motivazione, con cui la Corte territoriale ha evidenziato che in sede disciplinare l’unica giustificazione addotta dal
NOME era stata quella di essere incorso in un errore di percezione del numero indicato nella colonnina di erogazione al momento dell’indicazione del numero di litri erogati in funzione dell’inizio del turno successivo, circostanza tuttavia non verosimile, atteso che il numero di litri di carburante indicato alla chiusura del turno era esattamente corrispondente alla somma dei rifornimenti parziali evincibili dalle schede dei singoli veicoli riforniti (v. sentenza impugnata, pp. 4-5);
non si confronta con la specifica motivazione, con cui la Corte territoriale ha evidenziato che l’ulteriore tesi difensiva secondo cui sarebbero stati commessi alcuni errori nelle varie e tante annotazioni delle erogazioni effettuate durante la giornata dell’11/11/2019 era smentita dalla perfetta congruenza dei dati relativi ai litri erogati di volta in volta annotati nel medesimo importo sia sulle schede carburanti vistate dagli autisti, sia sul foglio carburanti dal COGNOME o dal suo collega COGNOME, entrambi in servizio fino alle ore 18,00 (v. sentenza impugnata, p. 5);
non si confronta con la specifica motivazione, con cui la Corte territoriale ha evidenziato che questa ulteriore tesi difensiva era smentita dalla prova testimoniale assunta in sede di reclamo, dalla quale era emersa una prassi aziendale finalizzata proprio ad escludere il verificarsi di siffatti errori di trascrizione del dato del carburante di volta in volta erogato (v. sentenza impugnata, p. 5);
tende a sollecitare a questa Corte un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie, non consentito in sede di legittimità (come quando lamenta la non rispondenza al vero che le annotazioni dell’ultimo valore della giornata dell’11/11/2019 e quello in iziale del 12/12/2019 fossero state effettuate sul medesimo foglio, trattandosi invece di due fogli distinti e separati, nonché quando si duole della ritenuta contestualità delle due annotazioni, a suo dire invece insussistente: v. ricorso per cassazione, p. 13).
Il motivo è altresì infondato, dal momento che la Corte territoriale non ha invertito la regola dell’onere probatorio a carico del datore di lavoro, bensì, sulla esatta premessa di tale onere, l’ha ritenuto adempiuto da parte della datrice di lavoro.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c.
il ricorrente denuncia la nullità della sentenza per violazione degli artt. 111 Cost., 132, co. 2, n. 4), c.p.c. e 118 disp.att.c.p.c. per avere la Corte territoriale motivato in modo apparente.
Il motivo è infondato.
Va ricordato che il vizio di motivazione meramente apparente della sentenza ricorre allorquando il giudice, in violazione del preciso obbligo di legge costituzionalmente imposto (art. 111 Cost.) e cioè dell’art. 132, co. 2, n. 4, c.p.c. omette di esporre concisamente i motivi in fatto e diritto della decisione, di specificare o illustrare le ragioni e l’iter logico seguito per pervenire alla decisione assunta e cioè di chiarire su quali prove ha fondato il proprio convincimento e sulla base di quali argomentazioni è pervenuto alla propria determinazione, in tal modo consentendo anche di verificare se abbia effettivamente giudicato iuxta alligata et probata . Quest’obbligo del giudice «di specificare le ragioni del suo convincimento», quale «elemento essenziale di ogni decisione di carattere giurisdizionale» è affermazione che ha origine lontane nella giurisprudenza di questa Corte (Cass. sez. un. n. 1093/1947).
Alla stregua di tali principi consegue che la sanzione di nullità colpisce non solo le sentenze che siano del tutto prive di motivazione dal punto di vista grafico (ipotesi di scuola) o quelle che presentano un «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e che presentano una «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile» (Cass. sez. un. n. 8053/2014), ma pure quelle che contengono una motivazione meramente apparente, del tutto equiparabile alla prima più grave forma di vizio, perché dietro la parvenza di una giustificazione della decisione assunta, la motivazione addotta dal giudice è tale da non consentire «di comprendere le ragioni e, quindi, le basi della sua genesi e l’iter logico seguito per pervenire da essi al risultato enunciato» (Cass. n. 4448/ 2014), venendo quindi meno alla finalità sua propria, che è quella di esternare un «ragionamento che, partendo da determinate premesse pervenga con un certo procedimento enunciativo», logico e consequenziale, «a spiegare il risultato cui si perviene sulla res decidendi» (Cass. sez. un. n. 22232/2016; Cass. ord. n. 14297/2017).
La riformulazione dell’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83/2012, conv. in legge n. 134/2012, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione
al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione» (Cass. sez. un. n. 8053/2014; Cass. n.13977/2019).
Nessuno di tali vizi ricorre nella specie, poiché la Corte territoriale ha analiticamente indicato gli elementi sui quali ha ritenuto di poter fondare il proprio convincimento circa la sussistenza del fatto e la sua imputabilità al COGNOME.
Infine inammissibile è la sollecitazione a una diversa valutazione della deposizione del teste COGNOME (v. ricorso per cassazione, p. 15) e della circostanza della scarsa leggibilità dei dati sulla colonnina (v. ricorso per cassazione, p. 18), interdetta in sede di legittimità in quanto riservata al giudice di merito.
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. il ricorrente denunzia nullità della sentenza per la mancata ammissione delle prove testimoniali con motivazione apparente, in violazione dell’art. 132, co. 2, n. 4), c.p.c.
Il motivo è inammissibile, laddove è nella facoltà discrezionale del giudice di merito ammettere le prove, qualora ritenute ammissibili e rilevanti. Quindi non è censurabile in sede di legittimità la sentenza che non abbia ammesso e non abbia indicato le ragioni della mancata ammissione di detti mezzi, dovendo ritenersi per implicito che non se ne sia ravvisata la necessità (Cass. n. 9551/2009). Quindi va ribadito il principio di diritto, secondo cui il giudizio sulla superfluità o genericità della prova testimoniale è insindacabile in cassazione, involgendo una valutazione di fatto che può essere censurata soltanto se basata su erronei principi giuridici, ovvero su incongruenze di ordine logico (Cass. ord. n. 34189/2022), nella specie insussistenti.
In ogni caso dai capitoli, trascritti dal ricorrente, non si evince la decisività delle prove richieste. E al riguardo questa Corte ha già affermato che il provvedimento reso sulle richieste istruttorie è censurabile con ricorso per cassazione per violazione del diritto alla prova, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. allorquando il giudice di merito rilevi preclusioni o decadenze insussistenti ovvero affermi l’inammissibilità del mezzo di prova per motivi che prescindano da una valutazione della sua rilevanza in rapporto al tema controverso ed al compendio delle altre prove richieste o già acquisite, nonché per vizio di motivazione in ordine all’attitudine dimostrativa di circostanze rilevanti ai fini della decisione, con la conseguenza che è inammissibile il ricorso che non illustri la decisività del mezzo di prova di cui si lamenta la mancata ammissione (Cass. ord. n. 30810/2023).
4.Con il quarto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. il ricorrente denunzia la nullità della sentenza per motivazione apparente sulla mancata ammissione della consulenza tecnica d’ufficio .
Il motivo è infondato, dal momento che proprio al riguardo la Corte territoriale ha articolato una specifica motivazione (v. sentenza impugnata, p. 9: ‘ Del tutto inammissibile, in quanto inconducente, si rivela inoltre la domanda di CTU concernente la videoregistrazione delle telecamere di sorveglianza … Sul punto deve ricordarsi che il teste NOME COGNOME COGNOME apparendo del tutto intuitiva l’impossibilit à a distanza di così tanto tempo, di recuperare immagini provenienti da un hard disk più e più volte oggetto di sovrapposizione di registrazioni ‘).
5.Con il quinto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. il ricorrente lamenta violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. nonché del divieto della praesumptio de praesumpto .
Con il sesto motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c., il ricorrente denunzia nullità della sentenza per motivazione apparente in ordine alla prova della sussistenza del fatto e della sua imputabilità a lui.
I due motivi -da esaminare congiuntamente per la loro stretta connessione -sono infondati.
Contrariamente all’assunto del ricorrente, la Corte territoriale ha ritenuto provata l’appropriazione del carburante in considerazione delle modalità con cui sono avvenute le annotazioni dei litri erogati indicate come quelli a fine
giornata 11/11/2019 e quelli a inizio giornata 12/11/2019 da parte del Ferrara e dell’assenza di errore. La conclusione tratta non è a sua volta una presunzione, bensì l’indicazione della valenza dimostrativa riconosciuta come propria a quei fatti storici accertati sia pure all’esito di una ricostruzione indiziaria.
Sussiste poi la motivazione, sulla base della quale è agevole la ricostruzione dell’iter logico -giuridico seguito dalla Corte territoriale per pervenire al proprio convincimento. Dunque risulta ampiamente rispettato il ‘minimo costituzionale’ della motivaz ione (Cass. sez. un. n. 8053/2014).
6.Con il settimo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4), c.p.c. il ricorrente lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la Corte territoriale omesso di prendere in esame il secondo motivo di reclamo, con cui egli si era doluto del fatto che la condotta oggetto di contestazione disciplinare rientrava fra quelle previste come punibili con sanzione conservativa.
Il motivo è infondato: nel caso in esame si evince chiaramente il rigetto c.d. implicito di quel motivo di reclamo, che postulava la fondatezza della tesi (difensiva) dell’errore nell’esecuzione delle incombenze di trascrizione dei dati sul foglio carburanti (errore effettivamente punito con sanzione conservativa), fondatezza invece espressamente esclusa dalla Corte territoriale, che ha ritenuto dimostrata la fraudolenta sottrazione di carburante.
8.- Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo. Non trova applicazione l’art. 96, co. 3 e 4, c.p.c., richiamato dall’art. 380 bis c.p.c., in quanto la motivazione della presente ordinanza è in parte difforme da quella della proposta di decisione accelerata, nella quale è mancata la valutazione dell ‘ultimo motivo di ricorso, sicché non vi è quella ‘conformità’ alla P.D.A . invece richiesta dal legislatore per configurare un’ipotesi tipizzata di ‘abuso del processo’ , per la quale è stata disciplinata la sanzione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in data 09/09/2025.
La Presidente AVV_NOTAIOssa NOME COGNOME