Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 14166 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 14166 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 27/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 3918-2024 proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3915/2023 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 07/12/2023 R.G.N. 2760/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
27/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte di Appello di Napoli, con la sentenza impugnata, in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto
Oggetto
Licenziamento disciplinare
R.G.N. 3918/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 27/03/2025
CC
l’impugnativa del licenziamento disciplinare intimato dalla RAGIONE_SOCIALE ad NOME COGNOME per avere simulato un infortunio sul lavoro;
la Corte ha preliminarmente ritenuto la sentenza di primo grado nulla ‘perché pronunciata all’esito di una riserva e senza la fissazione dell’udienza di discussione e conseguente, successiva, obbligatoria lettura del dispositivo ex art. 429 c.p.c.’, provvedendo poi all’istruzione e decisione della controversia, non ravvisando una ipotesi di remissione della causa al primo giudice;
la Corte, quindi , ha respinto l’appello incidentale del lavoratore non risultando ‘provati comportamenti datoriali ritorsivi e discriminatori’;
ha invece accolto l’impugnazione principale della società, essendo dimostrato che l’infortunio sul lavoro denunciato dal Clemente non si era verificato e ravvisando nella condotta, tempestivamente contestata, la grave lesione del vincolo fiduciario idonea a giustificare il licenziamento in tronco;
per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il soccombente con quattro motivi; ha resistito con controricorso l’intimata società;
entrambe le parti hanno comunicato memorie;
all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
1. preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione, formulata dalla controricorrente, di nullità della procura del ricorso per cassazione in quanto ‘rilasciata su foglio a parte’ e notificata a mezzo PEC unitamente al ricorso;
invero le Sezioni unite di questa Corte hanno recentemente chiarito che ‘in tema di ricorso per cassazione, il requisito della specialità della procura, di cui agli artt. 365 e 83, comma 3, c.p.c., non richiede la contestualità del relativo conferimento rispetto alla redazione dell’atto a cui accede, essendo a tal fine necessario soltanto che essa sia congiunta, materialmente o mediante strumenti informatici, al ricorso e che il conferimento non sia antecedente alla pubblicazione del provvedimento da impugnare e non sia successivo alla notificazione del ricorso stesso’ (Cass. SS.UU. n. 2075 del 2024);
nella specie, dallo stesso tenore della procura risulta che la stessa è stata conferita successivamente al provvedimento impugnato, di cui vengono indicati gli estremi, ed anche la parte eccipiente ammette che la procura è stata rilasciata prima della notificazione del ricorso con cui è stata contestualmente notificata;
sempre in via preliminare, va dichiarata l’irritualità del deposito di una sentenza penale effettuato dalla controricorrente unitamente alla memoria ex 380 bis.1 c.p.c.; invero, nel giudizio innanzi alla Corte di Cassazione non è consentita la produzione di documenti relativi a vicende successive al deposito del ricorso, indipendentemente dal rispetto delle forme previste dall’art. 372, comma 2, c.p.c., fatta eccezione per i documenti che riguardano la nullità della sentenza e l’ammissibilità del ricorso e del controricorso nonché dell’atto di rinuncia al ricorso (tra molte, Cass. n. 2062 del 2024); ne consegue l’inammissibilità della produzione della sentenza penale che sia estranea all’ambito previsionale dell’art. 372 c.p.c. (Cass. n. 9900 del 2024; Cass. n. 16413 del 2023; Cass. n. 22376 del 2017);
il primo motivo di ricorso denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 429, primo comma, c.p.c., dell’art. 161, secondo comma, c.p.c. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 e 4 c.p.c.’; si critica la sentenza impugnata per aver dichiarato la nullità della pronuncia del Tribunale nonostante nella decisione medesima si desse atto della ‘definizione della controversia mediante lettura del dispositivo e contestuale motivazione’, attestazione che avrebbe dovuto essere vinta da una querela di falso;
la censura non merita accoglimento;
come accertato dalla Corte territoriale, dal verbale dell’udienza di discussione del 14 aprile 2021 risulta solo che il giudice ‘si riserva’; tale attestazione, che può essere inficiata esclusivamente da una querela di falso (Cass. n. 36727 del 2021; Cass n. 26105 del 2014), non può essere contrastata dall’affermazione contenuta nella sentenza di primo grado (cfr. Cass. n. 13165 del 2009), la quale, depositata il giorno successivo, dà solo atto della ‘ lettura del dispositivo e contestuale motivazione’; si t ratta, evidentemente, di un giorno diverso rispetto a quello in cui erano presenti le parti, senza che vi sia indicazione del provvedimento con cui era stato comunicato lo scioglimento della riserva alle parti (cfr. Cass. n. 23056 del 2024) per la fissazione della nuova udienza di discussione cui le parti stesse avevano diritto di partecipare;
il secondo motivo denuncia: ‘Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360, comma primo, n. 5 c.p.c.’; la Corte territoriale avrebbe trascurato che la società, dopo la contestazione dell’a ddebito e nel corso del procedimento disciplinare, ‘proponeva al lavoratore la sottoscrizione di un ‘;
la censura è inammissibile;
la stessa viene articolata senza alcun rispetto dei canoni imposti dalle Sezioni unite di questa Corte per la prospettazione del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c. (Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014); in particolare, il fatto di cui sarebbe stato omesso l’esame è rappresentato da una proposta di conciliazione, peraltro neanche perfezionatasi in un accordo, fatto che non ha alcuna valenza decisiva nel senso patrocinato da questa Corte, ovvero che, se fosse stato esaminato, avrebbe condotto, con prognosi di certezza, ad un diverso esito della controversia;
il terzo motivo denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione degli articoli 116 c.p.c., 2697 c.c., 421 c.p.c., art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, art. 24 della Costituzione in relazione di cui all’art. 360 c.p.c. comma primo, n. 3, 4 e 5 c.p.c.’; si criti ca diffusamente la sentenza impugnata sia per aver negato la natura ritorsiva del licenziamento, sia per aver considerato provato l’addebito contestato;
le censure variamente formulate nel motivo sono inammissibili; la violazione dell’art. 2697 c.c. è censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne fosse onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (Cass. n. 15107 del 2013; Cass. n. 13395 del 2018), mentre nella specie parte ricorrente critica l’apprezzamento operato dai giudici del merito circa la natura ritorsiva del licenziamento ovvero la fondatezza dell’addebito, opponendo una diversa valutazione;
quanto alla violazione dell’art. 116 c.p.c., le Sezioni unite (cfr. Cass. SS.UU. n. 20867 del 2020) hanno ribadito che la stessa è riscontrabile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo «prudente apprezzamento», pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), nonché, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia invece dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca -come nella specie che il giudice ha solamente male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova, la censura era consentita ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., nel testo previgente ed ora solo in presenza dei gravissimi vizi motivazionali individuati da questa Corte fin da Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014; per il residuo, ogni altra doglianza contenuta nel motivo è inammissibile perché, sebbene formalmente prospettata come violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nella sostanza è volta a sollecitare una diversa valutazione dei fatti, come conclamato dal diffuso rinvio ai materiali istruttori;
6. il quarto motivo denuncia: ‘Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 e 18 dello Statuto dei Lavoratori in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 e 5 c.p.c.’; si lamenta che la Corte napoletana abbia ritenuto tempestiva la contestazione disciplinare avvenuta il 12 marzo 2020 rispetto all’infortunio del 12 febbraio 2020, denunciato il 14 febbraio successivo; si eccepisce anche la genericità della contestazione e si contesta ancora che il datore di lavoro avesse dimostrato la sussistenza dell’addebito ;
anche tali doglianze sono inammissibili, atteso che la valutazione della tempestività della contestazione, così come della specificità della medesima e della valutazione della prova, involge apprezzamenti di merito demandati al giudice al quale il merito compete (cfr. Cass. n. 1247 del 2015; Cass. n. 5546 del 2010; Cass. n. 29480 del 2008; Cass. n. 14113 del 2006);
conclusivamente, il ricorso deve essere respinto nel suo complesso, con spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo, con attribuzione all’avv. NOME COGNOME che si è dichiarato antistatario;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, occorre altresì dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020);
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 4.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, accessori secondo legge e rimborso spese generali al 15%, da distrarsi.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nell’adunanza camerale del 27 marzo 2025.
La Presidente
Dott.ssa NOME COGNOME