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Licenziamento disciplinare: la riammissione non salva

Un dipendente pubblico, il cui procedimento disciplinare era stato sospeso a causa di un’accusa penale, è stato riammesso in servizio e ha ottenuto un contratto a tempo indeterminato. Tuttavia, dopo la condanna penale definitiva, il procedimento è stato riaperto e si è concluso con il licenziamento. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare, chiarendo che la sospensione e la successiva riapertura del procedimento erano conformi alla legge e che la riammissione in servizio non costituiva una rinuncia al potere sanzionatorio da parte dell’amministrazione.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento Disciplinare: La Riammissione in Servizio non Annulla la Sanzione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13633 del 2024, affronta un caso complesso di licenziamento disciplinare nel pubblico impiego, chiarendo un punto fondamentale: la riammissione in servizio del dipendente durante la sospensione di un procedimento disciplinare non implica una rinuncia da parte dell’amministrazione al suo potere sanzionatorio. Questa pronuncia offre importanti spunti di riflessione sulla gestione dei procedimenti disciplinari collegati a vicende penali.

I Fatti di Causa

La vicenda riguarda un assistente tecnico amministrativo di un’istituzione scolastica, arrestato in flagranza di reato nel 2013. A seguito dell’arresto e dell’avvio dell’azione penale, l’amministrazione datrice di lavoro avvia un procedimento disciplinare, che viene però sospeso in attesa della definizione del giudizio penale.

Sorprendentemente, durante il periodo di sospensione, il dipendente viene riammesso in servizio e gli viene persino stipulato un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Anni dopo, la sentenza di condanna penale a suo carico passa in giudicato. A seguito della comunicazione della condanna definitiva, nel 2019, l’amministrazione riapre il procedimento disciplinare precedentemente sospeso, che si conclude con il licenziamento del lavoratore.

La Posizione del Lavoratore e l’Iter Giudiziario

Il dipendente impugna il licenziamento, sostenendo che il lungo tempo trascorso, la sua riammissione in servizio e la trasformazione del contratto a tempo indeterminato avessero generato un legittimo affidamento sulla volontà dell’amministrazione di non volerlo più sanzionare. A suo dire, questi comportamenti concludenti equivalevano a una rinuncia all’azione disciplinare. Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello rigettano però la sua domanda, confermando la legittimità del recesso datoriale.

Le Motivazioni sul licenziamento disciplinare della Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso del lavoratore, confermando la decisione dei giudici di merito. Il ragionamento della Suprema Corte si fonda su una chiara distinzione tra la fase di sospensione del procedimento e la sua conclusione.

Il punto centrale, la ratio decidendi, è che la normativa (in particolare l’art. 55-ter del D.Lgs. 165/2001) consente esplicitamente all’amministrazione di sospendere il procedimento disciplinare in pendenza di un processo penale e di riaprirlo tempestivamente una volta ricevuta la comunicazione della sentenza definitiva.

La Corte chiarisce che la riammissione in servizio durante questo periodo di ‘limbo’ non ha alcun valore di rinuncia. Si tratta di una scelta gestionale che non incide sul potere disciplinare, il quale rimane ‘congelato’ ma non estinto. Il datore di lavoro ha agito correttamente riattivando la procedura disciplinare solo dopo aver avuto certezza dell’esito penale.

Inoltre, la Cassazione convalida anche il giudizio sulla proporzionalità della sanzione. Il licenziamento disciplinare è stato ritenuto adeguato non solo per la gravità del fatto penale in sé, ma anche per l’impatto negativo che la condotta del dipendente ha avuto sull’immagine dell’amministrazione scolastica e sulla rottura del vincolo fiduciario, elemento imprescindibile in un rapporto di pubblico impiego.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: la sospensione del procedimento disciplinare è uno strumento previsto dalla legge per garantire che la valutazione dell’amministrazione si basi su un accertamento definitivo dei fatti in sede penale. Le decisioni prese durante il periodo di sospensione, come la riammissione in servizio, non possono essere interpretate come una tacita archiviazione del caso. Il potere disciplinare dell’amministrazione si riattiva pienamente al termine del processo penale, e può sfociare nella massima sanzione se la gravità della condotta, anche se extra-lavorativa, ha irrimediabilmente compromesso il rapporto di fiducia e l’immagine della pubblica amministrazione.

La riammissione in servizio di un dipendente, durante la sospensione del procedimento disciplinare, impedisce il successivo licenziamento?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la riammissione in servizio durante il periodo in cui il procedimento disciplinare è sospeso in attesa della definizione del giudizio penale non costituisce una rinuncia da parte del datore di lavoro al suo potere sanzionatorio. Il procedimento può essere legittimamente riaperto e concluso con il licenziamento una volta che la sentenza penale è divenuta definitiva.

Quando può essere riaperto un procedimento disciplinare sospeso in attesa della sentenza penale?
Il procedimento disciplinare deve essere riaperto tempestivamente a seguito della comunicazione della sentenza penale passata in giudicato. La legge prevede termini specifici per la riattivazione, e il rispetto di questi termini garantisce la legittimità formale dell’azione disciplinare.

Un comportamento extra-lavorativo può giustificare un licenziamento disciplinare?
Sì. La Corte ha confermato che una condotta extra-lavorativa di particolare gravità può giustificare il licenziamento se è tale da ledere il vincolo fiduciario con il datore di lavoro e da arrecare un pregiudizio all’immagine dell’amministrazione, specialmente in un contesto come quello scolastico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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