Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 13891 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 13891 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20321-2024 proposto da:
A.RRAGIONE_SOCIALE PUGLIA – Agenzia Regionale per le attività Irrigue e Forestali, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1043/2024 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 08/07/2024 R.G.N. 4/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 03/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Oggetto
LICENZIAMENTI DIMISSIONI PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N. 20321/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 03/04/2025
CC
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C on sentenza dell’8 luglio 2024, la Corte d’Appello di Bari confermava la decisione resa dal Tribunale di Foggia e accoglieva la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’Agenzia Regionale Attività Irrigue e Forestali (ARIF Puglia), avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli in data 24.11.2022 per falsa attestazione della presenza in servizio mediante alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o altre modalità fraudolente e per assenza ingiustificata dal proprio posto di lavoro ex art. 55 quater d.lgs. n. 165/2001 e 25 CCNL di comparto con condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro.
L a decisione della Corte territoriale discende dall’aver e questa ritenuto ammissibile l’appello dell’ARIF Puglia ma infondate tanto la riproposta eccezione di incompetenza territoriale quanto le censure di merito alla sentenza di primo grado.
In particolare il giudice d’appello , dopo avere richiamato giurisprudenza di questa Corte sull’interpretazione dell’art. 55 quater del d.lgs. n. 165/2001 e sulla ripartizione degli oneri probatori, ha valutato negativamente per ARIF l’esito dell’accertamento sul l’effettività della condotta e, comunque, la proporzionalità della comminata sanzione, non avendo, da un lato, la condotta addebitata -l’allontanamento del COGNOME dal posto di lavoro alle ore 13,50 anziché alle 14,00 risultanti dal registro delle presenze -trovato conferma in sede istruttoria e non potendo, dall’altro, dirsi dimostrato, ove anche il materiale allontanamento del COGNOME dal posto di lavoro con dieci minuti di anticipo rispetto all’orario di uscita annotato sui registri presenza fosse effettivo, che tale condotta fosse frutto della sua consapevole volontà di immutare il vero, piuttosto che dell’erronea rilevazione dell’orario di uscita per la
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mancata/difettosa sincronizzazione del proprio orologio con quello dei colleghi o per mera distrazione.
P er la cassazione di tale decisione ricorre l’ARIF Puglia , affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui resiste, con controricorso, il COGNOME.
La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
C on l’unico motivo, l’ARIF Puglia ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 55 quater d.lgs. n. 165/2001, lamenta la non conformità a diritto della pronunzia resa dalla Corte territoriale e sostiene che sulla base delle risultanze processuali il giudice d’appello avrebbe dovuto ritenere provata la condotta contestata sotto il profilo tanto oggettivo che soggettivo e qualificare l’atteggiamento del De Filippo in termini di dolo e non di colpa, sì da ritenere integrata la lesione irrimediabile del vincolo fiduciario.
Il motivo è inammissibile, atteso che, sotto l’apparenza della denuncia di una violazione di legge, il ricorrente intende confutare l’apprezzamento dell’esito dell’istruttoria cui perviene la Corte territoriale circa l’assolvimento dell’onere della prova in ordine al l’effettività della condotta addebitata nella sua consistenza oggettiva, senza neppure tener conto, non facendone oggetto di specifica censura, della duplice conformità dell’esito del giudizio reso da entrambi i giudici del merito in ordine al profilo soggettivo della condotta medesima, teso ad escludere il dolo, assolutamente rilevante essendo l’art. 55 quater volto a sanzionare condotte qualificate da un intento fraudolento.
Da tempo è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’orientamento secondo cui il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte
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del provvedimento impugnato, della fattispecie normativa astratta e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di una errata ricostruzione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione, nei limiti fissati dalla normativa processuale succedutasi nel tempo. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi è, dunque, segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. fra le più recenti Cass. n. 26033/2020; Cass. n. 3340/2019; Cass. n. 640/2019; Cass. n. 24155/2017).
E’ stato altresì affermato che nella deduzione del vizio di violazione di legge è onere del ricorrente indicare non solo le norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, svolgere specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione ( Cass. n. 17570/2020; Cass. n. 16700/2020).
Nella specie l’Agenzia ricorrente, pur deducendo la violazione dell’art. 55 quater del d.lgs. n. 165/2001, non contesta l’interpretazione data alla disposizione in parola dalla Corte territoriale e svolge considerazioni tutte volte a prospettare una diversa valutazione della prova documentale e delle
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dichiarazioni testimoniali, rispetto a quella espressa dal giudice del merito.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi oltre alle spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 aprile 2025
La Presidente
NOME COGNOME