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Licenziamento disciplinare: la nota spese falsa basta

Una dipendente pubblica veniva licenziata per aver presentato note spese falsificate al fine di ottenere rimborsi non dovuti. La lavoratrice ha impugnato il licenziamento lamentando vizi procedurali e sproporzione della sanzione. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare, stabilendo che una condotta fraudolenta di questo tipo rompe in modo irreparabile il vincolo di fiducia con il datore di lavoro, giustificando la massima sanzione.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento Disciplinare: la Presentazione di Note Spese False Giustifica la Sanzione Espulsiva

La presentazione di note spese contraffatte per ottenere rimborsi non dovuti costituisce una condotta talmente grave da ledere irrimediabilmente il vincolo di fiducia e giustificare un licenziamento disciplinare. Questo è il principio cardine ribadito dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 30547 del 2024, che ha respinto il ricorso di una dipendente pubblica licenziata per aver posto in essere una condotta fraudolenta ai danni dell’ente datore di lavoro.

I Fatti di Causa

Una dipendente di un importante istituto nazionale di previdenza sociale veniva licenziata in seguito a un procedimento disciplinare. L’accusa era quella di aver richiesto e ottenuto rimborsi per spese di alloggio, allegando note di addebito risultate contraffatte e non provenienti dalle strutture alberghiere indicate. La condotta fraudolenta si era protratta nel tempo, inducendo in errore l’amministrazione.

La lavoratrice, ritenendo illegittimo il provvedimento, lo impugnava in tribunale chiedendone l’annullamento e la reintegrazione nel posto di lavoro. Le sue richieste, tuttavia, venivano respinte sia in primo grado che in appello. I giudici di merito confermavano la gravità dei fatti e la correttezza procedurale dell’operato del datore di lavoro.

L’Iter Giudiziario e le Ragioni del Ricorso contro il licenziamento disciplinare

Non arrendendosi, la lavoratrice portava il caso dinanzi alla Corte di Cassazione, affidando il suo ricorso a sette motivi. Tra le principali censure sollevate vi erano:

* La tardività della contestazione disciplinare: secondo la difesa, l’ente avrebbe avuto conoscenza dei fatti ben prima dell’avvio del procedimento, violando il principio di immediatezza.
* Vizi nella notifica degli addebiti: si contestavano le modalità di consegna materiale delle lettere di contestazione.
* La formazione “progressiva” della contestazione: l’ente avrebbe aggiunto nuovi fatti in corso di procedimento, ledendo il diritto di difesa.
* La violazione del principio di non colpevolezza: si lamentava che i giudici avessero dato per provata una responsabilità penale (truffa) in assenza di una condanna definitiva.
* La sproporzione della sanzione: il licenziamento era ritenuto eccessivo rispetto alla condotta, anche alla luce delle previsioni del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL).

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo importanti chiarimenti su diversi aspetti del diritto disciplinare nel pubblico impiego.

La Tempestività della Contestazione Disciplinare

Sul primo punto, la Corte ha ribadito il suo orientamento consolidato: il termine per la conclusione del procedimento disciplinare (120 giorni) decorre non dalla mera conoscenza del fatto, ma dal momento in cui l’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD) riceve una “notizia di infrazione” completa e tale da consentirgli di avviare correttamente l’iter. Nel caso specifico, l’ente aveva agito tempestivamente dopo aver ricevuto dalle strutture alberghiere la conferma della falsità della documentazione. Il semplice sospetto o la mancata allegazione di fatture elettroniche non erano sufficienti a far decorrere i termini.

La Proporzionalità della Sanzione Espulsiva

Il cuore della decisione riguarda la proporzionalità del licenziamento. La Cassazione ha ritenuto infondate le doglianze della ricorrente, confermando che la condotta posta in essere era di gravità tale da giustificare la massima sanzione. I giudici hanno valorizzato l’idoneità del comportamento fraudolento a:

1. Arrecare un pregiudizio economico all’ente.
2. Scuotere in modo irreparabile il vincolo fiduciario.

La Corte ha specificato che la consapevole realizzazione di una condotta fraudolenta, attuata con artificio e raggiro per indurre in errore il datore di lavoro, è oggettivamente idonea a rompere il legame di fiducia. Tale rottura è così profonda da rendere impossibile la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro. La condotta rientrava pienamente nelle ipotesi previste dal CCNL che sanzionano con il licenziamento senza preavviso i “gravi fatti illeciti di rilevanza penale” e le “violazioni intenzionali degli obblighi” di gravità tale da non consentire la prosecuzione del rapporto.

Il Principio di Non Colpevolezza nel Giudizio Disciplinare

La Corte ha inoltre chiarito che la valutazione disciplinare è autonoma rispetto a quella penale. La legittimità del licenziamento non dipendeva dall’esito del processo penale per truffa. Ciò che rileva nel giudizio civile è l’accertamento del fatto storico (la presentazione di documenti falsi) e la sua idoneità a ledere il vincolo fiduciario, a prescindere dalla qualificazione del fatto come reato e dall’esistenza di una condanna definitiva.

Le Conclusioni

La sentenza n. 30547/2024 consolida un principio fondamentale nel diritto del lavoro: l’onestà e la correttezza sono pilastri essenziali del rapporto di lavoro. La condotta fraudolenta finalizzata a ottenere un ingiusto profitto, come nel caso delle note spese false, non è una mera leggerezza, ma un grave inadempimento che mina alla base la fiducia del datore di lavoro. Per i lavoratori, questa decisione rappresenta un monito sulla gravità di tali comportamenti. Per i datori di lavoro, conferma la possibilità di adottare la sanzione espulsiva di fronte a violazioni che, per la loro natura e intenzionalità, rendono improseguibile il rapporto.

Quando è legittimo un licenziamento disciplinare per note spese false?
Il licenziamento è legittimo quando la condotta del lavoratore, consistente nel presentare documentazione falsa per ottenere rimborsi non dovuti, è attuata con artificio e raggiro ed è considerata talmente grave da rompere in modo irreparabile il vincolo di fiducia con il datore di lavoro, a prescindere dall’assenza di precedenti disciplinari.

Da quando decorre il termine per la conclusione del procedimento disciplinare nel pubblico impiego?
Il termine di 120 giorni per la conclusione del procedimento decorre dal momento in cui l’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari (UPD) riceve una “notizia di infrazione” con un contenuto sufficientemente dettagliato da consentirgli di formulare l’addebito e avviare l’istruttoria, non dalla data di mera conoscenza generica del fatto da parte di altri uffici.

La mancanza di una condanna penale definitiva impedisce il licenziamento disciplinare per un fatto di rilevanza penale?
No. Il giudizio disciplinare è autonomo da quello penale. Ai fini della legittimità del licenziamento, è sufficiente che il datore di lavoro accerti il fatto storico nella sua materialità e lo valuti come idoneo a ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario, senza dover attendere l’esito di un eventuale processo penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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