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Licenziamento disciplinare dirigente: analisi Cassazione

Un manager di un’azienda di trasporti pubblici è stato licenziato per aver violato le procedure interne nell’affidamento di consulenze esterne. La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento disciplinare dirigente, ribadendo la differenza tra ‘giusta causa’ e ‘giustificatezza’. La Corte ha inoltre accolto un ricorso dell’azienda su un punto procedurale relativo alla retribuzione variabile, rinviando il caso alla Corte d’Appello per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento Disciplinare Dirigente: La Cassazione sul Valore del Rapporto Fiduciario

Il licenziamento disciplinare dirigente rappresenta un’area del diritto del lavoro con specificità uniche, soprattutto quando si tratta di definire i confini della giusta causa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti su questo tema, analizzando il caso di un manager di un’azienda di trasporti pubblici licenziato per violazione delle procedure interne. La decisione non solo conferma la legittimità del recesso, ma approfondisce anche la distinzione cruciale tra ‘giusta causa’ e ‘giustificatezza’ per le figure apicali.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine nel 2016, quando un dirigente con l’incarico di responsabile delle risorse umane e della sicurezza di una nota società di trasporti pubblici riceve una lettera di licenziamento per giusta causa. L’addebito disciplinare contestato riguardava l’affidamento, avvenuto nell’anno precedente, di diversi incarichi di consulenza legale a uno studio esterno, per un valore complessivo di circa 85.000 euro. Secondo l’azienda, tali affidamenti erano avvenuti in palese violazione del regolamento interno, che prevedeva specifiche procedure di pianificazione, autorizzazione e monitoraggio per le consulenze.

Il dirigente, ritenendo il licenziamento illegittimo, ha impugnato il provvedimento, dando inizio a un lungo percorso giudiziario.

Il Percorso Giudiziario e il licenziamento disciplinare dirigente

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le doglianze del manager, confermando la legittimità del licenziamento. I giudici di merito hanno ritenuto che la contestazione disciplinare non fosse generica, che fosse stata mossa tempestivamente rispetto alla scoperta dei fatti e che la responsabilità del dirigente fosse provata a livello documentale. La condotta, data l’entità degli importi e la natura pubblica dell’azienda, è stata giudicata sufficientemente grave da ledere irreparabilmente il rapporto fiduciario.

Inoltre, la Corte d’Appello aveva dichiarato inammissibile un appello incidentale della società, relativo alla condanna al pagamento di una somma a titolo di risarcimento per la mancata corresponsione della retribuzione variabile al dirigente. Il caso è quindi approdato in Corte di Cassazione.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha analizzato separatamente i motivi del ricorso principale del dirigente e quelli del ricorso incidentale dell’azienda, giungendo a conclusioni opposte.

Il Rigetto del Ricorso del Dirigente

La Corte ha respinto tutti i motivi di ricorso del manager, considerandoli infondati. In particolare, ha stabilito che:

* Specificità della contestazione: La contestazione era sufficientemente dettagliata da permettere al dirigente di difendersi adeguatamente.
* Tempestività dell’azione: Il principio di immediatezza è relativo e la valutazione dei giudici di merito sulla tempestività dell’azione disciplinare (avviata circa quattro mesi dopo la piena conoscenza dei fatti) era adeguatamente motivata.
* Responsabilità: La responsabilità del dirigente non derivava da un mero ‘controllo’ sui sottoposti, ma dal suo coinvolgimento diretto e consapevole nelle attività contestate, come la firma sulla nota di sollecito di pagamento che ha fatto emergere la vicenda. La sua conoscenza delle procedure interne è stata ritenuta provata.

Il punto centrale della motivazione riguarda la nozione di giustificatezza del licenziamento del dirigente. La Cassazione ha ribadito che, per le figure apicali, non si applica la rigida nozione di ‘giusta causa’ (art. 2119 c.c.) o ‘giustificato motivo soggettivo’, ma un criterio più ampio. È sufficiente una condotta che mini il rapporto fiduciario, basato su un’ampia delega di poteri. Qualsiasi comportamento, anche una semplice inadeguatezza rispetto alle aspettative aziendali, può giustificare il recesso, purché non sia arbitrario. In questo caso, la violazione delle procedure aziendali è stata ritenuta idonea a turbare tale rapporto.

L’Accoglimento del Ricorso dell’Azienda

Contrariamente al ricorso principale, la Corte ha accolto il ricorso incidentale della società. La Corte d’Appello aveva erroneamente dichiarato inammissibile l’appello dell’azienda per un presunto vizio di notifica. La Cassazione ha chiarito che, nel rito del lavoro, l’appello si perfeziona con il deposito tempestivo in cancelleria. Eventuali vizi nella successiva notifica alla controparte non rendono l’appello inammissibile, ma possono al più comportare la necessità di concedere un nuovo termine per la notifica stessa. Pertanto, la sentenza d’appello è stata cassata su questo punto, con rinvio a una diversa sezione della stessa Corte per un nuovo esame del merito.

Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione offre due importanti lezioni. La prima, sul piano sostanziale, è una ferma conferma del particolare regime che regola il licenziamento disciplinare dirigente: il legame fiduciario è l’elemento cardine e la sua lesione può derivare da un’ampia gamma di condotte, valutate con minor rigore rispetto agli altri lavoratori. Per un manager, soprattutto in una società a partecipazione pubblica, il rispetto meticoloso delle procedure interne non è un mero formalismo, ma un obbligo fondamentale.

La seconda, di natura processuale, è un richiamo alla corretta applicazione delle regole sull’impugnazione nel rito del lavoro, distinguendo nettamente tra il momento del deposito, che salva dalla decadenza, e quello della notifica, i cui vizi sono sanabili. La decisione finale, quindi, conferma la legittimità del licenziamento ma riapre la partita sulla questione accessoria della retribuzione variabile, che dovrà essere nuovamente decisa dalla Corte d’Appello.

Per il licenziamento disciplinare di un dirigente è necessaria la stessa ‘giusta causa’ richiesta per gli altri lavoratori?
No, la Corte chiarisce che per i dirigenti si applica il concetto più ampio di ‘giustificatezza’, che non richiede una violazione di eccezionale gravità, ma qualsiasi circostanza, inclusa una mera inadeguatezza, che sia idonea a minare il rapporto fiduciario con il datore di lavoro.

Come viene risarcito un dirigente se l’azienda non fissa gli obiettivi per la retribuzione variabile?
La Corte conferma che, qualora sia impossibile stabilire se gli obiettivi sarebbero stati raggiunti, il danno subito dal dirigente va qualificato come ‘perdita di chance’ (perdita di un’opportunità) e deve essere liquidato dal giudice in via equitativa, non potendo corrispondere automaticamente all’intero importo del bonus previsto.

Una contestazione disciplinare inviata circa quattro mesi dopo la piena conoscenza dei fatti è considerata tardiva?
No, in questo specifico caso la Corte ha ritenuto che la contestazione fosse tempestiva. La valutazione si basa sul principio di ‘immediatezza relativa’, che consente di tenere conto della complessità degli accertamenti necessari prima di avviare il procedimento disciplinare, confermando la decisione dei giudici di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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