Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 31579 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 31579 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23734-2022 proposto da:
NOMECOGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 722/2022 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 05/08/2022 R.G.N. 572/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Licenziamento disciplinare
R.G.N. 23734/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 16/10/2024
CC
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello di Milano ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede di rigetto (in sede di opposizione, a sua volta con conferma dell’ordinanza di rigetto resa in esito alla fase sommaria a i sensi dell’art. 1, commi 48 ss., legge n. 92/2012) dell’impugnativa del licenziamento (destituzione) irrogatogli dall’Azienda Trasporti Milanesi (di cui era dipendente, per successive incorporazioni societarie, dal 2003, inquadrato nel parametro 151 CCNL RAGIONE_SOCIALE con mansioni di addetto agli ATM point) con lettera dell’11.4.2018, a seguito di procedimento disciplinare iniziato con contestazione del 25.1.2018, riferita a episodi di produzione e vendita di biglietti di viaggio senza contabilizzar li, con pari danno (€ 2.044,40, poi ridotto a € 1.882,60) per mancati incassi del corrispondente valore da parte dell’azienda;
la Corte di merito ha confermato l’accertamento della sussistenza della condotta di rilievo disciplinare addebitata al dipendente, attraverso l’istruttoria svolta in primo grado (mediante escussione di testimoni, acquisizione di documenti, CTU) e la valutazione di particolare gravità;
per la cassazione della predetta sentenza NOME COGNOME propone ricorso con quattro motivi; resiste la società con controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione degli artt. 2729 c.c., 115 e 116 c.p.c., 5 legge n. 604/1966, e (art. 360, n. 5, c.p.c.) omesso esame di fatto decisivo, travisamento della prova, omesso esame delle censure sull’esistenza dei titoli in contestazione;
con il secondo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 5, c.p.c.) omesso esame del fatto decisivo della mancata prova da parte datoriale della metodologia utilizzata per l’estrapolazione e la formazione dei dati contenuti nel doc. n. 11;
con il terzo motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c., e (art. 360, n. 5, c.p.c.) travisamento della prova, omesso esame della mancata sussistenza di requisiti di gravità, precisione e concordanza;
con il quarto motivo, parte ricorrente deduce (art. 360, n. 3, c.p.c.) violazione e falsa applicazione dell’art. 5 legge n.604/1966; sostiene che la circostanza che dal codice seriale di un biglietto si possa, a seguito di un’operazione di decodifica, risalire al momento in cui uno specifico sportellista ha emesso un titolo di viaggio non consente di provare che i titoli di viaggio contestati al lavoratore siano riferibili allo stesso e che quindi la Corte di merito ha applicato una prova per esclusione e invertito l’onere probatorio;
il primo, terzo e quarto motivo, da trattare congiuntamente perché tutti concernenti la ricostruzione in fatto
della vicenda e la valutazione delle relative prove, non sono ammissibili;
essi, infatti, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge mirano, in realtà, a una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito, per di più in situazione di doppia conforme (cfr. Cass. S.U. n. 34476/2019);
in generale, il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logicoformale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare i fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass n. 331/2020);
il giudizio di Cassazione non è strutturato quale terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi, al fine di un loro riesame (v. Cass. n. 15568/2020, e giurisprudenza ivi richiamata; Cass. n. 20814/2018, n. 20553/2021);
neppure è integrata la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per cui occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli; è, invece, inammissibile la diversa doglianza che il giudice di merito, nel valutare le prove proposte
dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.;
10. le censure in esame si risolvono, in realtà, in una contestazione della valutazione probatoria della Corte territoriale, riservata al giudice di merito e pertanto, qualora congruamente argomentata, insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 29404/2017, n. 1229/2019, S.U. n. 34476/2019, S.U. n. 20867/2020, n. 5987/2021, n. 6774/2022, n. 36349/2023);
11. inoltre, in sede di legittimità è possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. solo allorché ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso (Cass. n. 3541/2020); la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. e dell’idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell’ id quod plerumque accidit , i fatti ignoti da provare, costituisce attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito (Cass. n. 27266/2023);
12. il secondo motivo è parimenti inammissibile (così come sono inammissibili le doglianze riferite all’art. 360, n. 5, c.p.c., contenute nel primo e terzo motivo);
13. la Corte d’Appello ha confermato integralmente le statuizioni di primo grado, così realizzandosi ipotesi di cd. doppia conforme rilevante ai sensi dell’art. 348 -ter c.p.c. (ora 360, comma 4, c.p.c.) e dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., nel senso che, quando la pronuncia di appello conferma la decisione
di primo grado per le stesse ragioni, inerenti ai medesimi fatti posti a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’art. 360, primo comma, nn. 1), 2), 3), 4), c.p.c.; ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», con conseguente inammissibilità della censura ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni sono fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (v. Cass. n. 29715/2018, n. 7724/2022, n. 5934/2023, n. 26934/2023);
14. in ragione della soccombenza, parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione in favore di parte controricorrente delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo;
15. alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per l’impugnazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 4.500 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 16 ottobre