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Licenziamento dirigente: quando è giustificato?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26609/2025, ha confermato la legittimità del licenziamento di un dirigente ritenendolo ‘giustificato’ pur in assenza di ‘giusta causa’. Il caso riguardava un direttore generale licenziato per inadeguato coordinamento in un appalto internazionale. La Corte ha chiarito che per il licenziamento dirigente è sufficiente una condotta che mini il rapporto fiduciario, anche se non così grave da impedire la prosecuzione temporanea del rapporto. Di conseguenza, al dirigente spetta l’indennità di preavviso ma non l’indennità supplementare prevista dalla contrattazione collettiva.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento Dirigente: la Cassazione chiarisce la differenza tra giusta causa e giustificatezza

Il licenziamento dirigente è una materia complessa, governata da principi in parte diversi da quelli applicabili alla generalità dei lavoratori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 26609/2025, offre un’importante occasione per approfondire la distinzione fondamentale tra ‘giusta causa’ e ‘giustificatezza’, e per comprendere l’estensione della responsabilità dirigenziale. La pronuncia chiarisce quando un recesso, pur non essendo supportato da una giusta causa, può comunque essere considerato legittimo.

I fatti di causa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un direttore generale di una grande società di costruzioni, licenziato per motivi disciplinari. Gli addebiti mossi dall’azienda erano legati alla gestione di un importante appalto per un’opera stradale in Svezia. In particolare, al dirigente venivano contestate due mancanze principali: la mancata traduzione di documenti essenziali dallo svedese e un’insufficiente istruttoria pre-gara, che avrebbe portato a una sottostima dei costi di cantiere e del personale.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano concluso che il licenziamento fosse privo di ‘giusta causa’, condannando la società al pagamento dell’indennità di preavviso. Tuttavia, entrambi i giudici di merito avevano ritenuto il recesso assistito da ‘giustificatezza’, negando quindi al dirigente il diritto all’indennità supplementare prevista dalla contrattazione collettiva. Il manager ha quindi presentato ricorso in Cassazione, contestando vari aspetti della decisione d’appello.

Il licenziamento dirigente e la nozione di giustificatezza

Per comprendere la decisione della Corte, è cruciale capire la specificità del rapporto di lavoro dirigenziale. A differenza degli altri lavoratori, la cui tutela contro i licenziamenti illegittimi è più stringente, per i dirigenti la normativa prevede una nozione più ampia per la legittimità del recesso: la ‘giustificatezza’.

Mentre la ‘giusta causa’ (art. 2119 c.c.) richiede un inadempimento talmente grave da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto, la ‘giustificatezza’ si basa su una valutazione più ampia del rapporto fiduciario che lega il dirigente al datore di lavoro. Qualsiasi fatto, comportamento o inadempimento che mini questa fiducia, pur non essendo di gravità estrema, può essere sufficiente a giustificare il licenziamento. Questo non significa che il recesso possa essere arbitrario, ma che il suo fondamento viene valutato con un metro differente, centrato sull’affidabilità e l’adeguatezza del manager rispetto agli obiettivi aziendali.

L’analisi della Corte di Cassazione

La Cassazione ha rigettato tutti i motivi di ricorso del dirigente, confermando la sentenza d’appello. I giudici hanno affrontato diversi punti chiave:

1. Tempestività della contestazione: Il ricorrente lamentava la tardività di uno degli addebiti, risalente a due anni prima della contestazione. La Corte ha ribadito che il principio di immediatezza va inteso in senso relativo, considerando il tempo necessario all’azienda per accertare i fatti, specialmente in contesti organizzativi complessi.

2. Responsabilità dirigenziale: Il cuore della decisione risiede nella valutazione della responsabilità del dirigente. La Corte ha chiarito che il manager non è stato ritenuto responsabile per il mero fatto altrui (la mancata traduzione da parte dell’ufficio preposto), ma per non aver adeguatamente coordinato, indirizzato e supervisionato l’attività di verifica e studio dei documenti pre-gara. La sua colpa risiede nel non aver svolto con la perizia richiesta i compiti di monitoraggio connessi al suo ruolo apicale. La responsabilità, quindi, non deriva da una ‘culpa in vigilando’ generica, ma dal fatto che le attività della sua struttura sono state dal dirigente stesso consapevolmente fatte proprie.

3. Valutazione unitaria: I giudici hanno sottolineato che la valutazione sulla giustificatezza del licenziamento dirigente deve essere globale e unitaria, considerando il comportamento del manager in relazione agli obiettivi aziendali e all’ampiezza dei poteri a lui conferiti. Non è necessaria un’analitica verifica di specifiche condizioni, ma una valutazione complessiva che escluda l’arbitrarietà del recesso.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sulla base del crinale sottile ma chiaro che separa il recesso privo di giusta causa da quello assistito da giustificatezza. I giudici hanno ritenuto che le mancanze del dirigente, pur non integrando una violazione così grave da giustificare un licenziamento in tronco, avevano comunque compromesso il rapporto fiduciario. La decisione della società di risolvere il rapporto non è stata considerata arbitraria, ma fondata su una legittima valutazione dell’inadeguatezza della performance del dirigente rispetto alle aspettative e alle responsabilità del suo ruolo. In sostanza, ogni infrazione che incrina l’affidabilità e la fiducia che il datore di lavoro deve poter riporre nel suo dirigente può fondare un licenziamento per giustificatezza.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio consolidato nel diritto del lavoro: il licenziamento di un dirigente gode di un regime di tutele differente rispetto agli altri lavoratori subordinati. Le conclusioni pratiche che se ne possono trarre sono le seguenti:

* La nozione di ‘giustificatezza’ è più ampia di quella di ‘giusta causa’ e di ‘giustificato motivo’.
* La valutazione si concentra sulla lesione del vincolo fiduciario, che può derivare anche da inadeguatezza rispetto alle aspettative o da una deviazione dalle direttive aziendali.
* La responsabilità del dirigente non è limitata ai soli atti da lui direttamente compiuti, ma si estende al coordinamento e al controllo della struttura a lui sottoposta, rispondendo dei risultati complessivi in relazione agli obiettivi assegnati.
* Un licenziamento ‘giustificato’ ma senza ‘giusta causa’ dà diritto all’indennità di preavviso, ma esclude il diritto all’indennità supplementare contrattuale.

Qual è la differenza tra ‘giusta causa’ e ‘giustificatezza’ nel licenziamento di un dirigente?
La ‘giusta causa’ è una violazione gravissima che non permette la prosecuzione neanche temporanea del rapporto e comporta il licenziamento senza preavviso. La ‘giustificatezza’, specifica per i dirigenti, si basa su una nozione più ampia di rottura del rapporto fiduciario, anche per fatti meno gravi, e dà diritto all’indennità di preavviso ma non a quella supplementare.

Un dirigente può essere ritenuto responsabile per errori commessi dai suoi sottoposti?
Sì, ma non per una responsabilità oggettiva. Come chiarito dalla Corte, il dirigente è responsabile se non ha adeguatamente coordinato, indirizzato e supervisionato l’attività dei suoi collaboratori. La responsabilità deriva quindi dal mancato svolgimento dei propri compiti di gestione e controllo legati alla sua funzione apicale.

La contestazione disciplinare a un dirigente deve essere immediata?
Il principio di immediatezza della contestazione va interpretato in senso relativo. Si deve tenere conto della complessità dell’organizzazione aziendale e del tempo ragionevolmente necessario al datore di lavoro per compiere gli accertamenti necessari a verificare i fatti e le responsabilità, prima di avviare il procedimento disciplinare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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