Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 10946 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 10946 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 26/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19827-2023 proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME ;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 159/2023 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 06/04/2023 R.G.N. 986/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Licenziamento dirigente
R.G.N. 19827/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 25/02/2025
CC
RILEVATO CHE
1. la Corte d’Appello di Milano, per quanto qui ancora rileva, confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, di condanna della società RAGIONE_SOCIALE a corrispondere a NOME COGNOME sua dirigente sino al licenziamento intimato con lettera del 23.10.2020, l’importo lordo di € 47.602,98 a titolo di spettanze di fine rapporto e arretrati retributivi dovuti e non corrisposti, di accertamento dell’illegittimità del licenziamento, di conseguente condanna al pagamento in favore della exdirigente della somm a lorda di € 106.666,67 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e della somma lorda di € 7.901,23 a titolo di differenza sul TFR per effetto dell’incidenza dell’indennità sostitutiva del preavviso sul calcolo di tale istituto, con versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti su detta indennità, della somma di € 106.666,67 a titolo di indennità supplementare ex art. 19 CCNL Dirigenti industriali;
2. per la cassazione della sentenza d’appello la società propone ricorso per cassazione con 4 motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso NOME COGNOME al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo parte ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. per travisamento della causa petendi dedotta, omessa pronuncia sulle eccezioni di merito in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. ovvero nullità della sentenza per travisamento della prova riferita a fatti e fonti appartenenti al processo e comunque falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. nonché dell’art. 2 C.C.N.L.
dirigenti aziende industriali 25.11.2009 rinnovato il 30.12.2014; sostiene che s ia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno travisato la causa petendi e accordato alla dirigente quanto richiesto a titolo di differenze retributive, ponendo alla base un fatto completamente diverso rispetto alla causa petendi della domanda, e che la modifica del contratto di lavoro relativa ad una parte essenziale (il trattamento economico) deve seguire la forma scritta ad substantiam ;
con il secondo motivo, deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. per travisamento della causa petendi dedotta, omessa pronuncia sulle eccezioni di merito in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. ovvero nullità della sentenza per travisamento della prova riferita a fatti e fonti appartenenti al processo e comunque falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. nonché degli artt. 19 e 22 C.C.N.L. dirigenti aziende industriali 25.11.2009 rinnovato il 30.12.2014, omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c.; sostiene che s ia il Tribunale sia la Corte d’Appello hanno travisato la causa petendi ed annullato il licenziamento disciplinare ponendo alla base un fatto completamente diverso rispetto alla contestazione disciplinare in cui si contestava un determinato comportamento che aveva inciso il rapporto di fiducia, e che la Corte di Appello non ha preso in considerazione il concetto di giustificatezza da applicarsi nei licenziamenti dei dirigenti;
i predetti primi due motivi sono inammissibili;
secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360,
comma 1, n. 3, n. 4, n. 5, c.p.c., non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; infatti, la mescolanza e sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei sotto profili incompatibili finisce con il rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle doglianze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse (Cass. n. 26874/2018, n. 19443/2011, n. 3397/2024, n. 1385/2025);
5. inoltre, avendo la Corte d’Appello confermato per quanto qui rilevante le statuizioni di primo grado (basate su un’ interpretazione plausibile del contratto e sul comportamento quinquennale del datore di lavoro, da un lato, e , dall’altro, su una valutazione di mancanza di giustificatezza del recesso nel caso concreto all’interno dei parametri di legge, costituenti clausole elastiche, conforme al loro ambito di applicazione e rispondente a criteri di ragionevolezza ed adeguata motivazione), è integrata ipotesi di cd. doppia conforme di cui all’art. 360, comma 4, c.p.c.; quando la pronuncia di appello conferma la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti ai medesimi fatti posti a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui all’art. 360, primo comma,
nn. 1), 2), 3), 4), c.p.c.; ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logicoargomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (v. Cass. n. 29715/2018, n. 7724/2022, n. 5934/2023, n. 26934/2023); infine, laddove denunziano omessa pronunzia ex art. 112. c.p.c., le censure articolate risultano prive di specificità non avendo parte ricorrente, proceduto alla trascrizione, della domanda o dell’eccezione autonomamente apprezzabili, nei suoi esatti termini con l’indicazione specifica dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza dalla quale risultava la relativa proposizione, come prescritto ( v. tra le altre, Cass. 28072/2021). In ogni caso la Corte ha pronunziato sul merito della questione relativa all’accordo sulla retribuzione e tale accertamento non risulta validamente inficiato;
6. con il terzo motivo, la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 416 e 414 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.; sostiene che la domanda di condanna al pagamento delle differenze retributive, per quanto riguarda il quantum , è stata accolta ritenendo che un secondo conteggio depositato dalla dirigente alla prima udienza non fosse stato contestato, benché la società avesse contestato i criteri in base al quale era stato redatto l’originario conteggio in comparsa di risposta;
7. il motivo non è meritevole di accoglimento;
8. la Corte territoriale ha considerato corretti in fatto i conteggi depositati dalla dipendente, e quindi anche il motivo in esame sollecita una rivisitazione del merito non più ammissibile;
9. spettano al giudice di merito la selezione e valutazione delle prove (incluse le presunzioni) poste a base della decisione, l’individuazione delle fonti del proprio motivato convincimento, l’assegnazione di prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, la facoltà di escludere, anche attraverso un giudizio implicito, la rilevanza di una prova, senza necessità di esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga non rilevante o di enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni; il giudizio di cassazione non è strutturato quale terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi, al fine di un loro riesame (cfr. Cass. S.U. n. 34476/2019; Cass. n. 20814/2018, n. 15568/2020, n. 20553/2021); tanto più in una situazione processuale, come la presente e come già evidenziato, di pronuncia di merito cd. doppia conforme;
10. con il quarto motivo, parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 23 e dell’art. 19 del C.C.N.L. dirigenti aziende industriali (art. 360, n. 3, c.p.c.), in relazione alla liquidazione dell’indennità sostitutiva del preavviso e dell’indennità supplementare prendendo come riferimento la retribuzione globale di fatto mentre, invece, l’importo doveva essere liquidato prendendo come riferimento la retribuzione che il dirigente avrebbe percepito durante il periodo di mancato preavviso, e per essere il parametro numerico preso a riferimento dalla Corte d’Appello (retribuzione lorda) errato, in quanto superiore a quello effettivo;
11. il motivo non è fondato;
12. come rilevato nel controricorso, l’art. 23 del CCNL si limita a stabilire che l’indennità sostitutiva del preavviso debba essere di ammontare pari alla retribuzione che il dirigente avrebbe percepito durante il periodo di preavviso; poiché, nel corso del preavviso, il dirigente avrebbe maturato anche il diritto a percepire i relativi ratei di tredicesima (parte integrante del trattamento retributivo dovuto), ne deriva l’inclusione di detti ratei nel calcolo dell’ammontare del mancato preavviso, in conformit à con la norma di cui all’art. 2118 c.c., a mente del la quale: ‘ In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto, verso l’altra parte, a un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso’ (da calcolarsi al lordo secondo i principi generali, salvi i rapporti con l’Agenzia delle Entrate );
13. in ragione della soccombenza, parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione in favore di parte controricorrente delle spese del presente giudizio;
14. al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 7.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.