Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23032 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23032 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
Oggetto
Licenziamento
ex lege n. 92 del 2012
R.G.N.152/2024
COGNOME
Rep.
Ud. 06/05/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 152-2024 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3744/2023 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 23/10/2023 R.G.N. 1143/2023; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/05/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Fatti di causa
Con missiva del 18.12.2019, previa contestazione del 18.11.2019, la RAGIONE_SOCIALE intimava ad COGNOME COGNOME, Comandante del mezzo navale ‘RAGIONE_SOCIALE licenziamento disciplinare perché, nella traversata tra il 4 ed il 5 novembre 2019, da Palermo a Napoli, pur essendosi verificato a bordo un evento straordinario (durante la navigazione notturna, tra le ore 23,41 e le ore 23,43, tutti e quattro i motori principali dei quali è dotata la nave ed i generatori che servono per l’alimentazione ele ttrica della stessa- si erano improvvisamente fermati in sequenza rapida, di talché la nave era rimasta in black out totale in mezzo al mare per circa 30 minuti, alla deriva e senza possibilità di essere governata), nella sua qualità aveva omesso di avvertire il responsabile della navigazione nonché di chiamare alcun dipartimento della Società e di avvisare i passeggeri a bordo e, poi, giunti al Porto di Napoli, non aveva presentato alcuna relazione alle Autorità competenti, negando, anzi, che si fosse verificato un black out, né aveva riportato alcunché nel giornale nautico, come previsto dal Codice della navigazione.
Impugnato il recesso, il Tribunale di Napoli, sia in sede sommaria che in fase di opposizione ex lege n. 92 del 2012, rigettava le domande del lavoratore dirette ad ottenere una declaratoria di illegittimità del disposto licenziamento.
La Corte di appello di Napoli, con la sentenza n. 3744/2023, respingeva, altresì, il reclamo.
I giudici di seconde cure, in sintesi, rilevavano che: a) dalla istruttoria espletata i fatti contestati erano risultati dimostrati; b) ciò che era accaduto andava qualificato come evento straordinario, che imponeva la redazione di apposita relazione da parte del Comandante della nave e l’avvio della
procedura di verificazione di cui all’art. 584 cod. nav.; c) la condotta omissiva dell’Avallone, sia nel fornire una piena informazione dei fatti, sia nel negare, successivamente, l’ evento, era idonea a recedere il legame fiduciario tra datore di lavoro e dipendente nell’ambi t o dei applicazione dell’art. 39 CCNL di settore che, con clausola generale, prevedeva il licenziamento per tutte le infrazioni che, per la loro gravità, non consentivano l’ulteriore prosecuzione del rapporto; d) l’archiviazione dispost a dal Tribunale di Napoli, in relazione al procedimento penale intentato contro l’COGNOME, non incideva sulla valutazione della condotta disciplinarmente rilevante del dipendente.
Avverso la sentenza di secondo grado NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione affidato a otto motivi cui resisteva con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
Le parti hanno depositato memorie.
Il Collegio si riservava il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
Ragioni della decisione
I motivi possono essere così sintetizzati, come riportati dallo stesso ricorrente.
Con il primo motivo si eccepisce la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, per violazione degli artt. 115 e 116 cpc, per avere la Corte territoriale travisato la prova in quanto ha utilizzato in sentenza informazioni probatorie contraddette da specifici atti processuali quali il ‘Supporto decisionale per la Gestione delle Emergenze’, la Convenzione Solas, la Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare ed il Manuale SMN GNV per la Gestione Sicurezza.
Con il secondo motivo si eccepisce la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, per violazione degli artt. 115 e 116 cpc, nonché il travisamento della prova e l’errore di percezione sul demostrandum della prova testimoniale, per avere la Corte territoriale utilizzato dalla stessa informazioni probatorie inconciliabili con dati informatici documentali.
Con il terzo motivo si eccepisce la nullità della sentenza, ex art. 360 co. 1 n. 4 cpc, per violazione degli artt. 115 e 116 cpc, per avere la Corte territoriale utilizzato in sentenza informazioni probatorie contraddette da specifico atto processuale quale il rapporto RINA del 5.11.2019 dal quale, dopo un test funzionale approfondito, era stato escluso che durante la navigazione si fosse verificato un comportamento anomalo del servizio elettrico.
Con il quarto motivo, articolato in due sotto-motivi, si eccepisce, da un lato, la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 4 cpc, per violazione degli artt. 115 e 116 cpc, per avere la Corte territoriale utilizzato informazioni probatorie contraddette da uno specifico atto processuale quale i dati informativi rilevati dal software registrazione allarmi sala macchina e, dall’altro, per avere errato nella valutazione della prova testimoniale, con errore cagionato anche dalla omessa disamina dei tabulati Allarme Sala Macchina attestanti inequivocabilmente la brevissima durata della illuminazione di emergenza (1 minuto e 14 secondi).
Con il quinto motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, l’errore di diritto in relazione all’art. 182 e 304 cod. nav., per avere la Corte di appello incluso che quanto occorso durante la navigazione del 4/5 novembre 2019 fosse un
evento straordinario che andasse annotato e comunicato nelle forme previste dalla legge.
Con il sesto motivo si censura la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 182 cod. nav. e artt. 408 e 409 cpp, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto l’irrilevanza del decreto di archiviazione del 16.3.2021 emesso dal GIP del T ribunale di Napoli nell’ambito del procedimento penale intentato contro esso ricorrente.
Con il settimo motivo si obietta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 2104 e 2106 cod. civ., per avere la Corte territoriale ritenuto dimostrati e sussistenti i fatti contestati.
Con l’ottavo motivo si lamenta la nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2106 e 2109 cod. civ. e dell’art. 1 della legge n. 604/1966, la violazione e falsa applicazione dell’art. 39 CCN L per i Comandanti e Direttori di macchina RAGIONE_SOCIALE, per avere la Corte territoriale considerato il comportamento di esso ricorrente rientrante nella condotta punita con la sanzione del licenziamento e, quindi, con quella più grave rispetto alla scelta valoriale operata dalla contrattazione collettiva, in violazione dei principi giurisprudenziale sulla gravità della condotta e sulla proporzionalità tra fatto addebitato e recesso.
I primi quattro motivi, da esaminare congiuntamente per connessione logico-giuridica, non sono meritevoli di accoglimento.
Parte ricorrente, con le censure in essi articolate, lamenta in sostanza un travisamento delle raccolte prove, orali e
documentali, da parte della Corte territoriale, rispetto a specifiche informazioni documentali desumibili dagli atti indicati nei motivi medesimi.
Orbene, è opportuno ribadire che il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio -trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre – se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale (Cass. Sez. Un. n. 5792/2024).
Inoltre, in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (Cass. n. 10927/2024).
Nella fattispecie, ciò che viene censurato è appunto la ricostruzione della vicenda e la valutazione degli elementi probatori, operate da entrambi i giudici di merito in una situazione processuale di cd. ‘doppia conforme’, i quali hanno ritenuto concordemente che le condotte contestate al comandante fossero state dimostrate processualmente,
evidenziando appunto che tutte le testimonianze rese erano in linea con quanto emergente dalla scatola nera ad eccezione delle dichiarazioni del teste COGNOME e, in parte, del teste COGNOME, considerate però non decisive, giungendo, quindi, alla conclusione che, nella notte tra il 4 ed il 5 novembre 2019, vi era stato a bordo della nave un black out di tale entità non solo da spegnere completamente i motori e tenere la nave al buio (salvo le luci di emergenza) alla deriva, per quasi mezz’ora, tale da impedir e la governabilità con il timone e a bussola, anche quella magnetica che non era possibile per il buoi guardare.
Giova sottolineare che è un principio ormai consolidato quello secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico -formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 19547/2017; Cass. n. 29404/2017).
Il quinto motivo è infondato.
Questa Corte di legittimità ha affermato (Cass. n. 17015/2018) che l’evento straordinario di cui agli artt. 182 e 304 cod. nav. -il cui verificarsi impone la
redazione di apposita relazione da parte del comandante della nave e l’avvio della procedura di verificazione di cui all’art. 584 cod. nav. – non si identifica con i soli sinistri marittimi, ma comprende anche gli accidenti della navigazione, atteso che la funzione della relazione è quella di precostituire elementi probatori di fatti anomali, volontari o fortuiti, avvenuti durante la navigazione, integranti cause di esonero da responsabilità del comandante.
La ratio delle disposizioni è, infatti, quella di consentire che anche solo sospetti di pericoli alla navigazione necessitino di più approfonditi controlli da parte delle Autorità marittime competenti.
Nella fattispecie, la individuazione della definizione giuridica di ‘evento straordinario’ e la sussunzione di quanto accaduto in concreto in tale concetto, e non in quello di un mera anomalia della navigazione, sono state correttamente compiute dalla Corte distrettuale perché è evidente che non si verteva in un mero accadimento anomalo e fortuito, privo di conseguenze significative, bensì in un fatto che avrebbe potuto mettere in pericolo la sicurezza della navigazione e l’incolumità pubblica e che andava approfondito, all’esito delle dovute annotazioni sul giornale nautico e segnalazioni di legge, proprio per le inconsuete e strane modalità di accadimento e per la gravità delle conseguenze che avrebbe potuto determinare.
Il sesto motivo è parimenti infondato.
La statuizione della Corte di appello è conforme al principio di legittimità ( ex plurimis Cass. n. 12134/2005) secondo cui il giudice del lavoro adito con impugnativa di licenziamento, che sia stato comminato in base agli stessi comportamenti che furono oggetto di imputazione in sede
penale, non è affatto obbligato a tener conto dell’accertamento contenuto nel giudicato di assoluzione del lavoratore, ma ha il potere di ricostruire autonomamente, con pienezza di cognizione, i fatti materiali e di pervenire a valutazioni e qualificazioni degli stessi del tutto svincolate dall’esito del procedimento penale.
Nel caso de quo i giudici di seconde cure, con una motivazione adeguata ed esaustiva, hanno precisato la irrilevanza del decreto di archiviazione, adottato in sede penale nel procedimento intentato per gli stessi fatti a carico dell’COGNOME, non solo perché esso era fondato solo ed esclusivamente sulle dichiarazioni di quest’ultimo, senza il compimento di alcuna altra indagine, ma anche per le diverse risultanze processuali acquisite nel giudizio lavoristico.
Il settimo motivo è inammissibile perché le censure non si sostanziano in violazioni o falsa applicazione delle disposizioni denunciate, ma tendono alla sollecitazione di una rivisitazione del merito della vicenda (Cass. n. 27197/2011; Cass. n. 6288/2011, Cass. n. 16038/2013), non consentita, come sopra precisato, in sede di legittimità.
Infine, anche l’ottavo motivo non è meritevole di accoglimento.
La Corte territoriale si è, infatti, attenuta ai consolidati principi statuiti in sede di legittimità secondo cui, in tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva, rientrando il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta nella attività sussuntiva e valutativa del giudice, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, ma la scala valoriale formulata dalle parti sociali costituisce uno dei
parametri cui occorre fare riferimento per riempire di contenuto la clausola generale di cui all’art. 2119 cod. civ. (Cass. n. 17321/2020; Cass n. 3283/2020; Cass. n. 13865/2019), mentre è vincolante la previsione della contrattazione collettiva se, invece, per il fatto addebitato sia prevista, in modo tipizzato ovvero desunta attraverso l’interpretazione di una clausola elastica e generale, l’applicazione di una sanzione conservativa (Cass. n. 8718/2017; Cass. n. 9223/2015; Cass. n. 11665/2022), a meno che il giudice non accerti che le parti non avevano inteso escludere, per i casi di maggiore gravità, la possibilità della sanzione espulsiva (Cass. n. 8621/2020; Cass. n. 9223/2015) ovvero quando siano presenti elementi aggiuntivi, estranei o aggravanti rispetto alla previsione contrattuale (Cass. n. 36427/2023).
Nella fattispecie, la Corte distrettuale, con un condivisibile procedimento di sussunzione, ha escluso che i fatti addebitati (ed accertati) rientrassero nell’ambito applicativo dell’art. 39 del CCNL per i Comandanti e Direttori di Macchina RAGIONE_SOCIALE lì d ove punisce con sanzioni conservative l’inadeguata gestione delle misure di prevenzione degli infortuni e delle disposizioni a tale scopo emanate dall’Azienda, quando la mancanza cagioni danni lievi alle cose e nessun danno alle persone ovvero quando non ricorrano né danni a cose o a persone, ravvisando, di contro, attraverso il richiamo alla clausola generale della stessa norma contrattuale (che prevede il licenziamento in genere per tutte quelle infrazioni in cui la gravità dei fatti non consente l’ulteri ore prosecuzione del rapporto) che la condotta disciplinarmente rilevante era ben più ampia di quella inquadrabile nelle fattispecie tipizzate perché non di mera gestione delle misure di prevenzione si
era trattato, bensì di pervicace negazione di fatti costituenti pericolo per la navigazione in quanto eventi del tutto straordinari e, quindi, costituiva in pratica una ipotesi di giusta causa.
Va ribadito, al riguardo, il fondamentale principio affermato in sede di legittimità (per tutte, Cass. n. 5095/2011; Cass. n. 6498/2012) secondo cui la giusta causa di licenziamento, quale fatto “che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto”, è una nozione che la legge – allo scopo di un adeguamento delle norme alla realtà da disciplinare, articolata e mutevole nel tempo – configura con una disposizione (ascrivibile alla tipologia delle cosiddette clausole generali) di limitato contenuto, delineante un modulo generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa, mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama. Tali specificazioni del parametro normativo hanno natura giuridica e la loro disapplicazione è quindi deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l’accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo e le sue specificazioni, e della loro concreta attitudine a costituire giusta causa di licenziamento, si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e sindacabile in cassazione a condizione che la contestazione non si limiti ad una censura generica e meramente contrappositiva, ma contenga, invece, una specifica denuncia di incoerenza rispetto agli “standards”, conformi ai valori dell’ordinamento, esistenti nella realtà sociale.
Nella fattispecie, i giudici di seconde cure hanno appunto precisato che la condotta posta in essere dall’Avallone, con l’elemento soggettivo diretto all’occultamento e alla negazione di fatti assodati, costituiva un grave, rilevante e notevole inadempimento dei propri obblighi ed era idoneo a recidere il rapporto fiduciario tra le parti.
Le altre censure attengono, poi, ad accertamenti di merito, svolti dalla Corte territoriale con adeguata motivazione e, in quanto tali, non sindacabili in sede di legittimità.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 6 maggio 2025