Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20966 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20966 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 28622-2022 proposto da:
COGNOME NOME, domiciliata in INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
PROVINCIA D’RAGIONE_SOCIALE DELLA CONGREGAZIONE DELLE FIGLIE DEL CUORE DI NOME, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
LICENZIAMENTO
COLLETTIVO
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 04/06/2024
CC
avverso la sentenza n. 844/2022 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 15/09/2022 R.G.N. 98/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/06/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo, in riforma della pronuncia del Tribunale della medesima sede, ha respinto il reclamo proposto da NOME COGNOME e dichiarato legittimo il licenziamento collettivo intimato dalla Provincia d’Italia della RAGIONE_SOCIALE con lettera dell’8.7.2019.
La Corte distrettuale ha, in sintesi, ritenuto che la scelta della RAGIONE_SOCIALE di disattendere le proposte di rilancio alternative al licenziamento (avendole giudicate comunque inidonee a garantire il riequilibrio dei conti) e di confermare la determi nazione di porre termine all’attività della scuola materna (considerata la contrazione RAGIONE_SOCIALE iscrizioni di alunni) ha configurato la insindacabile ragione tecnico-produttiva legittimamente posta a base del recesso.
Per la cassazione di tale sentenza la lavoratrice propone ricorso affidato a tre motivi; resiste la RAGIONE_SOCIALE con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 4, della legge n. 223 del 1991, 41 Cost. 30 della legge n. 183 del 2010 (ex art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, cod.proc.civ.) avendo, la Corte territoriale, effettuato una valutazione sommRAGIONE_SOCIALE e astratta della comunicazione di avvio della procedura di mobilità, ritenendo
sufficienti le generiche doglianze economiche lamentate dalla RAGIONE_SOCIALE e sottolineando, contraddittoriamente, che i rimedi alternativi (quali ricorso ad ammortizzatori sociali, trasferimenti, comparazione con personale di altre sedi) non sono stati prospettati.
2. Con il secondo motivo si denunzia omesso esame di un fatto decisivo nonché error in procedendo per omessa valutazione in concreto della comunicazione preventiva ex art. 4 della legge n. 223 del 1991 avendo, la Corte territoriale, svolto una disamina che non tiene conto del concreto contenuto della lettera di avvio della procedura; l’affermazione che ‘in un contesto di costante e progressiva riduzione del numero di iscritti non appaiono più sussistere i presupposti per il mantenimento e neppure il rilanc io RAGIONE_SOCIALE due opere’ è assolutamente apodittica e non spiega i motivi per cui si è ritenuto di non poter adottare misure dirette a porre rimedio alla situazione, evitando i licenziamenti. Il riferimento all’età avanzata di molte religiose che negli anni hanno attivamente collaborato a favore dell’opera e che oggi non sono più in condizione di poter proseguire nella loro opera di supporto attivo appare del tutto generico (non essendo indicato quante religiose fossero effettivamente impiegate nella gestione della scuola) ed inconferente (dall’organigramma si rileva che l’attività della scuola è affidata, dai compiti di direzione a quelli ausiliari, a personale dipendente esterno alla RAGIONE_SOCIALE). 3. Con il terzo motivo si denuncia eccezione di nullità della pronuncia per violazione, irragionevolezza, contraddittorietà, ex artt. 111 Cost. 132 e 360 c.p.c. avendo, la Corte territoriale operato una disamina imprecisa ed astratta della lettera di avvio della procedura ex art. 4 della legge n. 223 del 1991 ed avendo sostenuto, da una parte, che la decisione della
RAGIONE_SOCIALE di cessare l’attività di scuola materna era una scelta imprenditoriale insindacabile e, dall’altra, che il solo ambito dei rimedi alternativi (alle situazioni di esubero) erano quelli consentiti dalla normativa (ad es. ricorso ad ammortizzatori sociali, trasferimenti, comparazione con personale di altre sedi) ma che non erano stati prospettati.
I motivi del ricorso, che possono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi, non sono fondati.
L’art. 24, comma 2, della legge n. 223 del 1991recita: ‘Le disposizioni richiamate nei commi 1, 1-bis e 1-quinquies si applicano anche quando le imprese o i privati datori di lavoro non imprenditori, di cui ai medesimi commi, intendano cessare l’attivit à’. L’art. 4, comma 3, della legge n. 223 del 1991, cui rinvia l’art. 24 cit., prevede che: ‘ La comunicazione di cui al comma 2 deve contenere indicazione: dei motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei motivi tecnici, organizzativi e produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare in tutto o in parte, il licenziamento collettivo; del numero, della collocazione aziendale e dei profili professionali del personale eccedente nonché del personale abitualmente impiegato; dei tempi di attuazione del programma di riduzione del personale RAGIONE_SOCIALE eventuali misure programmate per fronteggiare la conseguenza sul piano sociale della attuazione del programma medesimo del metodo di calcolo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e dalla contrattazione collettiva. ‘. 4. Questa Corte ha affermato che in tema di licenziamenti collettivi, e con riguardo all’indicazione dei motivi ostativi all’adozione di misure alternative al licenziamento, l’impresa
non è tenuta a prospettare specificamente tutti i rimedi astrattamente possibili per far fronte allo stato di crisi ed a comunicare le ragioni della impossibilità di adottarli, ma solo quelle soluzioni alternative che la situazione (o la stessa controparte sindacale) abbia suggerito e nei limiti di compatibilità di tale disciplina con i risultati in concreto perseguibili in relazione alla cessazione dell’attività aziendale (Cass. n. 14416 del 2000). Invero, la comunicazione di avvio della procedura ex art. 4 della legge n. 223 del 1991 è strettamente funzionale all’esigenza di consentire alle organizzazioni sindacali di esaminare funditus le ragioni della crisi aziendale e di intervenire nell’esame congiunto con proposte dirette a ridurne gli effetti, dal che consegue che l’addebito di “genericità” dev’essere basato sulla sicura rilevanza, in concreto, degli elementi omessi nell’informativa (Cass. n. 4228 del 2000, in motivazione). E’, invero, sufficiente che il datore di lavoro esponga le ragioni della impossibilità di ricorrere alle misure alternative tipiche (quali l’integrazione salRAGIONE_SOCIALEle, i contratti di solidarietà, il ricorso al lavoro a tempo parziale) in modo da consentire la più ampia discussione con le organizzazioni sindacali (cfr. Cass. nn. 24646 e 25265 del 2007; Cass. n. 10348 del 2016).
5. Invero, va evidenziato che il comma 2 dell’art. 24 della legge n. 223 del 1991 estende l’applicazione degli art. 4 (dal comma 2 al 12) e 5 (dal comma 1 al 5) anche all’ipotesi di imprese che intendano cessare definitivamente l’attività, sicché anche in tal caso l’imprenditore deve effettuare la prescritta preventiva comunicazione e l’esame congiunto; il rinvio è effettuato alla disciplina generale dettata per le ipotesi di ‘eccedenza’ di organico (artt. 4 e ss. cit.), nell’ambito RAGIONE_SOCIALE quali peraltro è incontestata la prosecuzione dell’attività di impresa, che,
dunque, sopravvive alla riduzione di personale; mentre, dunque, nelle ipotesi di ‘eccedenza’ di personale vanno analiticamente indicate le ragioni della inevitabilità del licenziamento per le posizioni lavorative prescelte, diversamente, nell’ipotesi di cessazione dell’attività non è necessario indicare, nella comunicazione inviata alle organizzazioni sindacali, le misure alternative ai licenziamenti a condizione che si espongano chiaramente le ragioni che fondano la decisione di cessare definitivamente e completamente l’attività aziendale e che impediscono l’adozione RAGIONE_SOCIALE misure alternative. Invero, a differenza di un programma di esubero di organico (che consente di predisporre un’ampia rosa di misure per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale compatibilmente con le residue attività imprenditoriali), la programmata cessazione definitiva di ogni attività (purchè sorretta dal necessario nesso causale con la crisi economica oggetto di informazione alle organizzazioni sindacali) è coerente con l’assenza dell’adozione di soluzioni organizzative datoriali di ultrattività aziendale.
6. D’altra parte, va rammentato che anche da ultimo, il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi ha ribadito che è estranea, al licenziamento collettivo (rispetto al licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo), la valutazione di ‘giustificatezza’, essendo il giudice chiamato a identificare la fattispecie sulla base di indicatori formali (ex artt. 4 e 24 della legge n. 223 del 1991) quali la procedura di confronto sindacale e il numero minimo di lavoratori licenziati in un determinato arco di tempo. E’ questa una verifica esterna di autenticità della fattispecie, che non investe le ragioni d’impresa (quali possono essere la crisi economica, la ristrutturazione aziendale, la riconversione
tecnologica, e finanche la cessazione dell’attività), le quali originano la riduzione di personale (Corte Cost. n. 7 del 2024).
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha verificato, secondo accertamento insindacabile in questa sede di legittimità, che la RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato alle organizzazioni sindacali la chiusura della scuola materna dalla stessa gestita, considerato lo stato di crisi determinato dalla progressiva contrazione RAGIONE_SOCIALE iscrizioni (ulteriormente calate, nell’anno scolastico 2018/2019, a 15 iscritti), e la impossibilità di ‘ricorrere a misure alternative alla mobilità del personale individuato in considerazione della cessazione di ogni attività operativa al termine dell’anno in corso’.
La Corte ha accertato, con valutazione insindacabile in questa sede, l’adeguatezza e la completezza della lettera di avvio della procedura di licenziamento collettivo, verificando che le ragioni della impossibilità di ricorrere a misure alternative ai licenziamenti erano state evidenziate nella lettera di avvio della procedura di mobilità mediante l’esplicitazione della crisi determinata dai costi di gestione della scuola non più sopportabili da parte della RAGIONE_SOCIALE (scelta coerente con il principio di libertà dell’iniziativa economica privata dettato dall’art. 41 Cost., cfr. da ultimo Cass. n. 34023 del 2021) e che il programma di chiusura definitiva della scuola era coerente con la prospettata impossibilità di adottare ulteriori soluzioni organizzative.
In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c. come determinate in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal d.P.R. 30 maggio 2002, n.
115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) pari a quello – ove dovuto – per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 20012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 4 giugno