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Licenziamento collettivo: limiti geografici illegittimi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3258/2024, ha respinto il ricorso di un’azienda, confermando l’illegittimità di un licenziamento collettivo. La Corte ha ribadito che la platea dei lavoratori da considerare per la scelta non può essere limitata a una singola sede geografica senza valide ragioni tecnico-produttive, anche in presenza di altre sedi distanti. La violazione di tale principio costituisce un vizio sostanziale che comporta la reintegrazione del lavoratore.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento collettivo: la Cassazione ribadisce l’illegittimità dei limiti geografici

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione si è pronunciata nuovamente su un tema cruciale in materia di licenziamento collettivo: l’estensione della platea dei lavoratori tra cui operare la scelta. La decisione conferma un orientamento consolidato, sottolineando che un’azienda con più sedi non può limitare arbitrariamente la selezione del personale da licenziare a una sola unità produttiva, ma deve considerare l’intero complesso aziendale.

I fatti del caso

Una società operante nel settore tecnologico avviava una procedura di licenziamento collettivo che si concludeva con il recesso dal rapporto di lavoro di diversi dipendenti impiegati presso la sede de L’Aquila. I lavoratori impugnavano il licenziamento, sostenendo che l’azienda avesse illegittimamente ristretto la platea dei possibili licenziandi ai soli dipendenti di quella specifica sede, senza effettuare una comparazione con il personale dalle professionalità analoghe impiegato in altre sedi operative sul territorio nazionale.
Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano le ragioni dei lavoratori, dichiarando l’illegittimità dei licenziamenti e ordinando la reintegrazione nel posto di lavoro. La società, ritenendo errata la decisione, proponeva ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso dell’azienda, confermando le sentenze dei precedenti gradi di giudizio. Gli Ermellini hanno basato la loro decisione su principi già affermati in altre controversie relative alla medesima vicenda, assicurando uniformità di interpretazione della legge.
La Corte ha smontato uno per uno i motivi del ricorso, chiarendo aspetti fondamentali sia procedurali che di merito.

Motivazioni del licenziamento collettivo e ampiezza della platea

Il punto centrale della controversia riguarda l’obbligo del datore di lavoro, in caso di licenziamento collettivo per riduzione di personale, di applicare i criteri di scelta (carichi di famiglia, anzianità, esigenze tecnico-produttive) su una platea che comprenda tutti i dipendenti con profili professionali fungibili, a prescindere dalla loro collocazione geografica.
La Corte ha ribadito che limitare la selezione a una sola sede è possibile solo in presenza di specifiche e comprovate ragioni tecnico-produttive che impediscano di considerare i lavoratori di altre unità. Nel caso di specie, l’azienda non aveva fornito alcuna motivazione valida per tale limitazione; anzi, era emerso che le professionalità dei licenziati erano del tutto comparabili e utilizzabili anche in altre sedi.

La violazione dei criteri di scelta è un vizio sostanziale

L’azienda ricorrente sosteneva che l’eventuale errore nella definizione della platea costituisse un vizio meramente formale, da sanzionare con un semplice indennizzo economico e non con la reintegrazione. La Cassazione ha respinto nettamente questa tesi.
La scorretta individuazione della platea dei lavoratori incide direttamente sull’applicazione dei criteri di scelta, falsando il risultato della comparazione. Si tratta, quindi, di una violazione di natura sostanziale, non formale. Di conseguenza, la sanzione applicabile è quella più grave prevista dalla legge: la tutela reintegratoria, come stabilito dall’art. 18, comma 4, dello Statuto dei Lavoratori, che impone al datore di lavoro di riammettere il dipendente in servizio.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma dei principi di correttezza e buona fede che devono guidare le procedure di licenziamento collettivo. La decisione chiarisce che la ristrutturazione aziendale, pur essendo una legittima scelta imprenditoriale, deve avvenire nel rispetto delle norme poste a tutela dei lavoratori e con l’obiettivo di minimizzare l’impatto sociale. Per le aziende, ciò significa che la scelta dei lavoratori da licenziare deve essere il risultato di una comparazione trasparente e globale, che non può essere circoscritta a singole filiali per mere ragioni di convenienza o per evitare i costi legati a eventuali trasferimenti. Per i lavoratori, questa pronuncia rafforza la tutela contro decisioni arbitrarie, garantendo che la perdita del posto di lavoro sia l’esito di un processo equo e conforme alla legge.

In un licenziamento collettivo, un’azienda può limitare la scelta dei lavoratori da licenziare a una sola sede geografica?
No, di norma non può. La selezione deve avvenire su una platea che includa tutti i lavoratori con profili professionali fungibili nell’intero complesso aziendale. Una limitazione è ammessa solo se giustificata da specifiche e comprovate esigenze tecnico-produttive che rendano infungibile il personale di quella sede.

Qual è la sanzione se un’azienda viola i criteri di scelta limitando illegittimamente la platea dei lavoratori?
La conseguenza è l’illegittimità del licenziamento. Trattandosi di un vizio sostanziale e non meramente formale, la sanzione prevista è la tutela reintegratoria, che comporta l’ordine del giudice di riammettere il lavoratore nel suo posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno.

La distanza tra le sedi aziendali e i costi di un trasferimento giustificano la limitazione della platea dei dipendenti?
No. Secondo la Corte, la mera distanza geografica o l’eventuale aggravio di costi per l’azienda dovuto a un trasferimento non sono, di per sé, ragioni sufficienti a giustificare la restrizione della platea di comparazione. La legge mira a garantire che le ristrutturazioni abbiano il minor impatto sociale possibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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