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Licenziamento collettivo: limiti e criteri di scelta

Una società tecnologica ha effettuato un licenziamento collettivo limitandolo ingiustamente a una singola filiale. La Corte di Cassazione ha confermato l’illegittimità del provvedimento, stabilendo che la selezione dei lavoratori deve includere tutte le sedi aziendali se esistono professionalità comparabili. Questa violazione dei criteri di scelta giustifica la reintegra del dipendente. L’ordinanza sottolinea come nel licenziamento collettivo la platea dei lavoratori non possa essere ristretta su base puramente geografica.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento collettivo: La Cassazione ribadisce i confini territoriali per la scelta dei lavoratori

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 3591/2024, ha fornito importanti chiarimenti sulla corretta gestione di un licenziamento collettivo, con particolare riferimento all’ambito territoriale da considerare per la scelta dei dipendenti da licenziare. La Corte ha stabilito che un’azienda non può limitare arbitrariamente la platea dei lavoratori a una singola sede se esistono professionalità equivalenti in altre filiali a livello nazionale. Questa decisione rafforza la tutela dei lavoratori contro scelte aziendali basate su criteri puramente geografici.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla decisione di una società tecnologica di avviare una procedura di licenziamento collettivo a seguito della chiusura di una specifica unità produttiva. L’azienda aveva limitato la selezione dei lavoratori da licenziare esclusivamente al personale impiegato in quella sede. Un dipendente licenziato ha impugnato il provvedimento, sostenendo che la società avrebbe dovuto considerare tutti i lavoratori con mansioni e profili professionali simili presenti nelle altre sedi operative sparse sul territorio nazionale. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno dato ragione al lavoratore, dichiarando illegittimo il licenziamento e ordinando la sua reintegra.

Il licenziamento collettivo e i motivi del ricorso

L’azienda ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su diversi motivi. Il punto centrale era la presunta violazione e falsa applicazione delle norme sul licenziamento collettivo. Secondo la società, la comparazione tra dipendenti di sedi geograficamente molto distanti sarebbe stata oggettivamente incompatibile con le esigenze aziendali, imponendo costi e complicazioni irragionevoli come il trasferimento di decine di persone. Inoltre, l’azienda sosteneva che la violazione dei criteri di scelta, se mai fosse esistita, avrebbe dovuto essere considerata un vizio meramente formale, da sanzionare con un indennizzo economico e non con la più gravosa tutela reintegratoria.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando le sentenze dei gradi precedenti e ribadendo principi ormai consolidati in materia. I giudici hanno chiarito che, quando un progetto di ristrutturazione aziendale ha un impatto sull’intera organizzazione, il datore di lavoro non può limitare unilateralmente la platea dei dipendenti a cui applicare i criteri di scelta alla sola unità produttiva interessata dalla chiusura.

La Corte ha specificato che la comparazione deve avvenire tra tutti i lavoratori che svolgono mansioni fungibili nell’intero complesso aziendale. La motivazione addotta dall’azienda per avviare la procedura era stata giudicata standardizzata e non teneva conto del fatto che le professionalità presenti nella sede in chiusura erano del tutto comparabili a quelle di altre sedi. Il fatto che il passaggio da un settore produttivo a un altro non richiedesse una formazione particolarmente complessa ha ulteriormente rafforzato questa valutazione.

Inoltre, la Cassazione ha qualificato la limitazione arbitraria della platea dei lavoratori come una violazione sostanziale dei criteri di scelta, non un semplice vizio formale. Tale violazione, secondo l’art. 5 della legge n. 223/1991, comporta l’applicazione della tutela reintegratoria prevista dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. La regola legale, hanno concluso i giudici, risponde all’esigenza di assicurare che le ristrutturazioni aziendali abbiano il minor impatto sociale possibile, un principio che prevale sulle esigenze di contenimento dei costi per l’azienda.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza per la tutela dei diritti dei lavoratori nelle procedure di licenziamento collettivo. Le aziende non possono utilizzare la dislocazione geografica come uno scudo per effettuare scelte arbitrarie. Se le competenze sono intercambiabili tra le varie sedi, la selezione deve essere trasparente e basata su criteri oggettivi applicati a tutta la forza lavoro pertinente, indipendentemente dalla sede di assegnazione. Questa decisione impone alle imprese una maggiore attenzione e correttezza nella gestione delle crisi, obbligandole a una valutazione complessiva del proprio organico per garantire che il sacrificio imposto ai lavoratori sia distribuito secondo i principi di legge e non secondo convenienze logistiche.

In un licenziamento collettivo, un’azienda può limitare la scelta dei lavoratori da licenziare a una sola sede o filiale?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che se le ragioni della riorganizzazione aziendale hanno un impatto su tutta l’impresa e ci sono lavoratori con professionalità fungibili in altre sedi, la platea dei dipendenti da considerare per la scelta deve estendersi a livello nazionale e non può essere limitata arbitrariamente a una singola unità produttiva.

Qual è la conseguenza della violazione dei criteri di scelta nel licenziamento collettivo, come la limitazione della platea dei lavoratori?
La violazione dei criteri di scelta, come la limitazione ingiustificata della platea dei lavoratori, non è considerata un vizio meramente formale. È una violazione sostanziale che comporta l’applicazione della tutela reintegratoria, ossia l’ordine per il datore di lavoro di reintegrare il dipendente nel posto di lavoro.

L’azienda può giustificare la limitazione della platea dei lavoratori a una sola sede per evitare i costi di trasferimento di personale da altre sedi?
No. La Corte ha ribadito che l’eventuale aggravio di costi per l’azienda, derivante dal trasferimento di lavoratori da altre sedi, è irrilevante. La legge mira ad assicurare che i processi di ristrutturazione abbiano il minor impatto sociale possibile, e questo principio prevale sulle considerazioni puramente economiche legate ai trasferimenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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