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Licenziamento collettivo: illegittima la scelta locale

Una società avviava un licenziamento collettivo limitandolo a una sola sede. Un lavoratore impugnava il recesso. La Cassazione ha confermato l’illegittimità, chiarendo che nel licenziamento collettivo la platea dei lavoratori da considerare deve includere l’intero complesso aziendale, salvo specifiche e comprovate esigenze tecnico-produttive. La sola distanza geografica non è una giustificazione valida.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento collettivo: la scelta dei lavoratori non può limitarsi alla singola sede

Con l’ordinanza n. 8737 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto del lavoro: i criteri di individuazione dei lavoratori in caso di licenziamento collettivo. La decisione ribadisce un principio fondamentale: la platea dei dipendenti tra cui effettuare la scelta non può essere limitata arbitrariamente a una singola sede o reparto, ma deve estendersi, di regola, a tutto il “complesso aziendale”. Approfondiamo i contorni di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa: Il Licenziamento nella Sede Locale

Una società operante nel settore delle telecomunicazioni avviava una procedura di licenziamento collettivo che interessava esclusivamente i dipendenti della sede de L’Aquila. Un lavoratore, ritenendo illegittima tale limitazione, impugnava il licenziamento. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello gli davano ragione, dichiarando l’illegittimità del recesso e ordinando la reintegrazione nel posto di lavoro. I giudici di merito sottolineavano come l’azienda non avesse fornito una valida giustificazione per non aver esteso la comparazione ai dipendenti con professionalità analoghe impiegati nelle altre sedi operative, limitandosi a motivazioni generiche e standardizzate legate alla dislocazione geografica.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’azienda ricorreva in Cassazione affidandosi a sei motivi, sostenendo, tra le altre cose:
1. La nullità della sentenza per aver pronunciato una condanna generica al risarcimento non richiesta.
2. La carenza di interesse ad agire dei lavoratori a causa della genericità del ricorso iniziale.
3. La violazione delle norme sul licenziamento collettivo (L. 223/1991), per aver la Corte d’Appello imposto una comparazione tra dipendenti di sedi distanti centinaia di chilometri, in spregio alle esigenze organizzative.
4. L’erronea applicazione della tutela reintegratoria, sostenendo che la violazione fosse meramente formale e dovesse comportare solo un risarcimento economico.

Le Motivazioni della Cassazione sul Licenziamento Collettivo

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso della società, confermando le decisioni dei giudici di merito e cogliendo l’occasione per consolidare i principi che governano il licenziamento collettivo.

Il Principio del “Complesso Aziendale”

Il cuore della decisione risiede nel quinto motivo di ricorso. La Corte ha ribadito con forza che, in tema di riduzione di personale, la regola generale è che l’individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire avendo riguardo all’intero “complesso aziendale”.

Limitare la platea dei dipendenti a un determinato reparto, settore o sede territoriale è un’eccezione, ammissibile solo in presenza di oggettive esigenze tecnico-produttive che rendano fungibili solo i lavoratori di quell’area specifica. Tali esigenze devono essere:
* Specifiche e Comprovate: Non possono essere generiche o presunte.
* Coerenti: Devono essere in linea con le ragioni indicate nella comunicazione di avvio della procedura alle organizzazioni sindacali.
* Adeguatamente motivate: L’onere della prova spetta al datore di lavoro.

La Cassazione ha specificato che la mera distanza geografica tra le sedi o l’eventuale aggravio di costi per il trasferimento di personale non costituiscono, di per sé, ragioni sufficienti a giustificare una deroga al principio generale. La logica della legge è quella di minimizzare l’impatto sociale dei licenziamenti, e non si può escludere a priori che un lavoratore preferisca il trasferimento alla perdita del posto di lavoro.

Violazione Sostanziale e non Formale: la Tutela Reintegratoria

Altro punto fondamentale toccato dalla Corte riguarda la natura della violazione e la conseguente sanzione. L’azienda sosteneva che l’eventuale errore fosse solo formale, legato a una carenza nella comunicazione, e che quindi dovesse applicarsi la sola tutela risarcitoria.

La Cassazione ha respinto questa tesi. Delimitare illegittimamente la platea dei lavoratori selezionabili non è un vizio di forma, ma una violazione sostanziale dei criteri di scelta previsti dall’art. 5 della Legge n. 223/1991. Applicare i criteri di legge (anzianità, carichi di famiglia, etc.) a un gruppo ristretto e arbitrariamente definito di lavoratori equivale a non applicarli correttamente. Di conseguenza, la sanzione applicabile è quella più grave prevista per la violazione dei criteri di scelta, ovvero la tutela reintegratoria di cui all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, che comporta l’obbligo per l’azienda di riammettere il dipendente in servizio.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 8737/2024 si pone in linea di continuità con un orientamento giurisprudenziale consolidato, offrendo un monito chiaro ai datori di lavoro. Qualsiasi procedura di licenziamento collettivo deve partire dal presupposto che la comparazione tra i dipendenti deve avvenire su scala nazionale, coinvolgendo tutte le unità produttive dell’azienda. Ogni eventuale limitazione di questo perimetro deve essere ancorata a ragioni oggettive, specifiche e dimostrabili, che superino la mera convenienza organizzativa o economica. In assenza di una tale, rigorosa, giustificazione, il licenziamento è illegittimo e la conseguenza è la reintegrazione del lavoratore.

In un licenziamento collettivo, un’azienda può limitare la scelta dei lavoratori da licenziare solo a quelli di una specifica sede o reparto?
Di norma no. La Corte di Cassazione ha stabilito che la platea dei lavoratori da considerare per la scelta deve estendersi a tutto il “complesso aziendale”. Una limitazione è possibile solo se giustificata da specifiche ed oggettive esigenze tecnico-produttive, che devono essere chiaramente comunicate sin dall’inizio della procedura e non possono basarsi sulla sola distanza geografica tra le sedi.

Quali sono le conseguenze se un’azienda limita illegittimamente la platea dei lavoratori nel licenziamento collettivo?
La limitazione illegittima della platea dei lavoratori è considerata una violazione dei criteri di scelta. Secondo la sentenza, questa non è una mera violazione procedurale, ma una violazione sostanziale. Di conseguenza, si applica la tutela più forte, ovvero la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, oltre al risarcimento del danno.

I costi e i disagi legati al trasferimento di un dipendente in un’altra sede giustificano l’esclusione di tale sede dalla comparazione?
No. La sentenza chiarisce che l’eventuale aggravio di costi per l’azienda o l’interferenza sull’assetto organizzativo derivanti da un trasferimento non sono, di per sé, ragioni valide per limitare la platea dei lavoratori da comparare ed escludere a priori i dipendenti di altre sedi. La legge privilegia la conservazione del posto di lavoro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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