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Licenziamento collettivo: illegittima la scelta locale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 1803/2024, ha confermato l’illegittimità di un licenziamento collettivo in cui l’azienda aveva limitato la platea dei lavoratori da licenziare a una sola sede. La Corte ha stabilito che la scelta deve riguardare l’intero complesso aziendale, a meno che non sussistano ragioni tecnico-produttive oggettive e specifiche, che l’azienda ha l’onere di provare. La violazione di questo principio costituisce un vizio sostanziale che comporta la reintegrazione del lavoratore.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento Collettivo: la Scelta dei Lavoratori Non Può Limitarsi a una Sola Sede

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di licenziamento collettivo: la platea dei lavoratori tra cui effettuare la scelta non può essere limitata a una singola sede o reparto, a meno che non sussistano specifiche e comprovate ragioni tecniche e organizzative. Vediamo nel dettaglio la decisione e le sue implicazioni.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore delle telecomunicazioni avviava una procedura di licenziamento collettivo, limitando però l’ambito di applicazione dei licenziamenti ai soli dipendenti della sede de L’Aquila. Una lavoratrice, licenziata nell’ambito di tale procedura, impugnava il recesso, sostenendone l’illegittimità.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello le davano ragione, dichiarando illegittimo il licenziamento. I giudici di merito ritenevano che l’azienda non avesse fornito una motivazione valida per la limitazione territoriale della scelta. Era emerso, infatti, che le professionalità presenti nella sede soppressa erano del tutto comparabili a quelle di altre sedi aziendali e che la fungibilità delle mansioni non era stata adeguatamente considerata. L’azienda decideva quindi di ricorrere in Cassazione.

Il Principio del Complesso Aziendale nel Licenziamento Collettivo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando le decisioni dei gradi precedenti. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire alcuni principi cardine in materia.

La regola generale, stabilita dall’art. 5 della Legge n. 223/1991, è che l’individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire avendo riguardo al “complesso aziendale”. Ciò significa che la comparazione per l’applicazione dei criteri di scelta (carichi di famiglia, anzianità, esigenze tecnico-produttive) deve, di norma, estendersi a tutti i dipendenti dell’impresa che svolgono mansioni fungibili.

Deroghe alla Regola Generale: un Onere Probatorio Rigoroso

La Corte ha precisato che è possibile derogare a questa regola e limitare la platea a un determinato reparto o sede territoriale, ma solo in presenza di oggettive esigenze tecnico-produttive. Queste esigenze devono essere:
1. Coerenti: Devono essere in linea con le ragioni indicate nella comunicazione di avvio della procedura.
2. Specifiche: Non possono essere generiche, ma devono giustificare puntualmente perché la crisi aziendale impatta solo quel determinato settore o sede.
3. Provate: È onere del datore di lavoro dimostrare in giudizio i fatti che giustificano la scelta di un ambito più ristretto.

Nel caso di specie, l’azienda si era limitata a motivazioni standardizzate, incentrate unicamente sulla dislocazione geografica del personale, senza spiegare perché non fosse possibile trasferire i dipendenti o perché le loro professionalità non fossero utilizzabili in altre sedi.

Violazione Sostanziale e Tutela Reintegratoria nel Licenziamento Collettivo

Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda la natura della violazione. La società sosteneva che la limitazione della platea fosse un vizio meramente formale, che avrebbe dovuto comportare solo una tutela risarcitoria.

La Cassazione ha respinto questa tesi, affermando che l’applicazione dei criteri di scelta a una platea di licenziabili illegittimamente delimitata costituisce una violazione sostanziale delle norme. Non si tratta di un’incompletezza formale della comunicazione, ma di un’errata applicazione dei criteri stessi, che porta a un risultato ingiusto. Di conseguenza, la sanzione corretta è quella più grave prevista dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, ovvero la reintegrazione nel posto di lavoro.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione sottolineando che l’obiettivo della normativa sui licenziamenti collettivi è quello di minimizzare l’impatto sociale delle ristrutturazioni aziendali. Permettere a un’azienda di limitare la platea dei licenziabili su base puramente geografica, senza una valida ragione oggettiva, vanificherebbe questo scopo. La distanza tra le sedi e i costi di un eventuale trasferimento non sono, di per sé, ragioni sufficienti a escludere la comparazione, poiché il lavoratore potrebbe preferire il trasferimento alla perdita del posto di lavoro. La comunicazione di avvio procedura deve essere trasparente e completa, consentendo ai sindacati di verificare la congruità delle ragioni addotte dall’azienda rispetto alle unità lavorative che si intende sopprimere. L’errata delimitazione della platea inficia alla radice la correttezza della procedura e l’applicazione dei criteri di scelta, rendendo il licenziamento illegittimo con diritto alla reintegrazione.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale ormai granitico: in un licenziamento collettivo, il datore di lavoro deve considerare tutti i dipendenti con profili professionali fungibili, a prescindere dalla loro sede di assegnazione. Ogni limitazione a questo principio deve essere supportata da prove concrete e specifiche di natura tecnico-produttiva. In assenza di tale prova, la violazione è considerata sostanziale e la tutela per il lavoratore è quella reintegratoria, la più incisiva prevista dal nostro ordinamento.

In un licenziamento collettivo, è possibile limitare la scelta dei lavoratori a una sola sede aziendale?
Sì, ma solo se ricorrono oggettive esigenze tecnico-produttive che siano coerenti con le ragioni della ristrutturazione e specificamente provate dal datore di lavoro. La sola distanza geografica non è una giustificazione sufficiente.

Quali sono le conseguenze se un’azienda limita illegittimamente la platea dei lavoratori da licenziare?
Secondo la Corte di Cassazione, si tratta di una violazione sostanziale dei criteri di scelta. La conseguenza è l’applicazione della tutela reintegratoria, che prevede l’ordine al datore di lavoro di riassumere il dipendente e risarcirgli il danno subito.

La fungibilità delle mansioni tra diverse sedi è un elemento rilevante?
Sì, è un elemento centrale. Se i lavoratori della sede da sopprimere svolgono mansioni fungibili (cioè intercambiabili, anche con un breve periodo di formazione) con quelli di altre sedi, la comparazione deve essere estesa a tutti loro per garantire una corretta applicazione dei criteri di scelta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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