Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1366 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 1366 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4428-2022 proposto da:
NOME COGNOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 666/2021 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 15/12/2021 R.G.N. 174/2021;
Oggetto
R.G.N. 4428/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 22/10/2024
CC
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
la Corte d’Appello ha confermato la sentenza del Tribunale di Messina n. 445/2021 del 2 marzo 2021, con la quale il giudice di primo grado, accogliendo parzialmente l’opposizione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE riguardo al licenziamento di NOME COGNOME nell’ambito di una procedura di licenziamento collettivo, aveva escluso qualunque violazione dei criteri di scelta ex art 5 comma 1 della L n. 223/1991 ma aveva riconosciuto, invece, la violazione, da parte di RAGIONE_SOCIALE, di quanto previsto dall’art. 4 della L. n. 223/91 ( non avendo reso una rituale, tempestiva e completa comunicazione all’Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione competente, alla Commissione regionale per l’impiego e alle associazioni di categoria dell’elenco dei lavoratori licenziati, prevista dall’art. 4 comma 7 ) a ccordando al lavoratore la sola tutela indennitaria prevista dall’art. 18 comma 7 terzo periodo della L. n. 300/70.
La Corte ha confermato la correttezza della procedura di licenziamento collettivo avviata da RAGIONE_SOCIALE, che inizialmente coinvolgeva 516 guardie giurate e 8 impiegati, escludendo quelle abilitate alla vigilanza aeroportuale per preservare servizi essenziali. Ha ritenuto infatti che fosse stata dimostrata la crisi del settore in Sicilia, aggravata dalla concorrenza disordinata, dalla riduzione dei compensi e dalla perdita di appalti, in particolare nel settore creditizio e pubblico, anche sulla scorta di documentazione sui contratti cessati e sul mancato riassorbimento del personale da parte degli istituti subentranti (solo 17 lavoratori assunti).
Ha evidenziato la sentenza impugnata come, prima dei licenziamenti, tra aprile e maggio 2017, pur senza raggiungere
un accordo, si fossero svolti incontri sindacali durante i quali l’azienda aveva fornito informazioni dettagliate sul proprio stato economico e organizzativo.
La Corte, inoltre, ha rigettato le contestazioni relative all’obbligo di osservare le procedure sui cambi appalto, sottolineando che queste operano su piani distinti rispetto ai licenziamenti collettivi ed ha ribadito che la selezione dei lavoratori da licenziare deve consider are l’intera azienda, salvo giustificate esigenze tecnicoproduttive. Infine, l’esclusione delle guardie giurate abilitate alla vigilanza aeroportuale è stata giudicata legittima, vista la loro infungibilità rispetto al servizio aeroportuale. Ha concluso pertanto ritenendo la comunicazione esaustiva e conforme all’art. 4 cit., nonostante alcune irregolarità formali. Per la cassazione della predetta sentenza propone ricorso NOME COGNOME con cinque motivi, cui resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE; il ricorrente ha depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo di ricorso proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., il ricorrente lamenta la violazione della legge n. 604/1966 (art. 3), degli artt. 1175 e 1375 c.c., nonché della legge 223/1991 (artt. 4 e 5), in relazione alla procedura di licenziamento collettivo avviata dalla RAGIONE_SOCIALE In particolare, si duole del fatto che la Corte non abbia considerato come la procedura collettiva di licenziamento avviata dalla società avrebbe dovuto seguire i criteri previsti dal CCNL di categoria, i quali imponevano che il licenziamento dei dipendenti avesse luogo nel rispetto della procedura di cambio appalto prevista dagli artt. 24-27 del CCNL per i dipendenti da
istituti di vigilanza privata, che la RAGIONE_SOCIALE non aveva rispettato. Ed infatti, secondo il ricorrente, l’esubero di personale doveva riguardare esclusivamente i dipendenti impiegati negli appalti cessati e non l’intero gruppo di lavoratori, come invece accaduto.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 2712 c.c. e della legge n. 604/1966 (art. 3), nonché della legge 223/1991 (artt. 4 e 5). La C orte d’Appello avrebbe basato la propria decisione sugli elenchi degli appalti cessati prodotti dalla KSM, che risultavano privi di sottoscrizione e non contenevano informazioni relative alla data di cessazione degli appalti o al numero dei dipendenti coinvolti. Tali elenchi, secondo il ricorrente, non avrebbero dovuto essere considerati validi e idonei a comprovare l’esistenza degli esuberi dichiarati dalla società.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per l’erronea valutazione della prova documentale . La Corte di Appello avrebbe recepito acriticamente le risultanze degli elenchi prodotti dalla KSM, senza esercitare un adeguato apprezzamento critico, errando nel considerarli prova idonea a dimostrare l’effettiva esistenza dell’esubero e della crisi aziendale.
. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 5 lett. e) della legge 223/1991 e degli artt. 1655 c.c. e 12 e 13 del contratto di appalto firmato con l’Università degli Studi di Messina. Egli lamenta che la RAGIONE_SOCIALE, nell’individuare i lavoratori da licenziare, non avrebbe applicato correttamente il criterio delle esigenze tecnico-produttive ed organizzative, che
imponeva di individuare come eccedentari i lavoratori impiegati negli appalti cessati. In particolare, il ricorrente evidenzia che egli era stabilmente impiegato nell’appalto per i servizi di vigilanza presso l’Università di Messina, e che tale appalto non era cessato al momento del licenziamento.
Con il quinto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 4 e 5 della legge 223/1991. La RAGIONE_SOCIALE avrebbe illegittimamente escluso dalla procedura di licenziamento collettivo le Guardie Particolari Giurate in possesso dell’abilitazione ENAC per i servizi di vigilanza negli aeroporti, che erano impiegate negli appalti per la vigilanza degli aeroporti di Pantelleria e Lampedusa. Nonostante i relativi appalti fossero cessati al mom ento dell’avvio della procedura di licenziamento, le GPG con abilitazione ENAC erano illegittimamente escluse dalla procedura medesima.
Il ricorso è infondato
7.1. Il primo motivo con cui il ricorrente lamenta la violazione della legge n. 604 del 1966, art. 3 e degli artt. 1175 e 1375 c.c., in relazione alla mancata applicazione della procedura di cambio di appalto prevista nel contratto collettivo nazionale di categoria, ed in particolare, sostiene che il licenziamento non avrebbe dovuto coinvolgere i lavoratori inseriti in appalti non soggetti a mutamento, è infondato.
Come la corte di appello ha chiarito, la perdita degli appalti da parte della società, non era che una delle concorrenti cause della crisi che determinavano l’esubero, unitamente ad altri profili frutto dell’evoluzione del mercato e delle scelte dei committenti; tali aspetti, come evidenziato dalla sentenza impugnata, sono stati condivisi con le organizzazioni sindacali in una serie di incontri pur senza raggiungere l’intesa, e sono state ritenuti
comprovati da entrambe le sentenze di merito, per integrare le ragioni della crisi.
Il ricorrente, sotto forma di violazione di legge (peraltro con censura non correttamente formulata, poiché risulta invocata la violazione della normativa regolante i licenziamenti individuali, mentre nel caso in esame si verte in materia di licenziamento collettivo), contesta le decisioni dei giudici di merito che risultano non solo conformi tra loro, ma adeguatamente motivate, avendo dato conto del percorso logico in base al quale è stata ritenuta sussistente la crisi aziendale, e corretto il ricorso alla procedura del licenziamento collettivo, laddove la procedura relativa al cambio appalti è collegata ad una causa diversa. Né il ricorrente deduce in base a quale norma l’impresa avrebbe dovuto, prima di intraprendere la procedura di licenziamento, attivare la procedura invocata relativa al cambio appalti.
9.2 Infondati sono pure il secondo e il terzo motivo di ricorso, con cui si lamenta la violazione della legge n. 604 del 1966, art. 3, e dell’art. 2712 c.c., per il mancato rispetto della prova degli esuberi, basata su documenti che il ricorrente ritiene c ontestabili e la violazione dell’art. 115 e 116 c.p.c. per l’omessa valutazione critica delle risultanze degli elenchi prodotti dalla controparte.
Il ricorrente, senza fornire elementi e allegazioni specifici per contestare la veridicità dei documenti utilizzati dai giudici di merito, propone una lettura alternativa delle prove documentali rispetto a quella ragionata e logica fornita, nell’ambito di un complesso quadro probatorio in cui, a fondare la legittimità della procedura, non concorrono esclusivamente le perdite degli appalti, ma, come visto, la generale crisi del settore, la cui veridicità non appare adeguatamente posta in discussione nel corso del giudizio e che viene analizzata e ripercorsa in maniera accurata nella sentenza impugnata. Il motivo, anche in questo
caso evoca la inconferente normativa relativa ai licenziamenti individuali e si manifesta infondato, non confrontandosi con la motivazione delle sentenze di merito .
Infondati pure il quarto e quinto motivo di ricorso, con cui il ricorrente si duole della violazione della legge n. 223 del 1991, art. 5, e dell’art. 16 del contratto di appalto con l’Università di Messina, in quanto la società non avrebbe tenuto conto nel determinare l’esubero del criterio delle esigenze tecnico -produttive ed organizzative, che imponeva di individuare come eccedentari i lavoratori impiegati negli appalti cessati.
Ed infatti la Corte di appello richiamando correttamente la giurisprudenza di questa corte (Cass. n. 981/2020, che aderisce ad un orientamento già affermato con precedente pronuncia n. 14800/2019, ha sancito il principio secondo cui ‘la delimitazione della platea dei lavoratori destinatari del provvedimento di messa in mobilità è condizionata agli elementi acquisiti in sede di esame congiunto nel senso, cioè, che ove non emerga il carattere infungibile dei lavoratori collocati in CIGS, o comunque in difetto di situazioni particolari evidenziate sempre in sede di esame congiunto, la scelta deve interessare i lavoratori addetti all’intero complesso aziendale’) ha evidenziato come una selezione limitata potrebbe compromettere l’imparzialità e l’obiettivo di minimizzare l’impatto sociale de i licenziamenti collettivi ed ha osservato che in relazione ai criteri adottati per selezionare i lavoratori da licenziare, la scelta non può essere limitata ai dipendenti di un singolo reparto o ufficio coinvolto nella riduzione del personale (come gli appalti cessati). Una tale restrizione potrebbe portare a risultati arbitrari, non rispettosi dei criteri legali, quali anzianità lavorativa e carichi familiari, e potrebbe favorire eventuali manovre strumentali da parte del datore di lavoro. La selezione deve invece estendersi a tutto il personale dell’azienda che svolga mansioni simili o fungibili.
L’articolo 5, comma 1, della legge n. 223/1991, infatti, stabilisce che la scelta dei lavoratori da collocare in mobilità deve essere legata alle esigenze tecnico-produttive e organizzative dell’intero complesso aziendale, senza limitarsi alle singole unit à produttive.
Nel caso in esame, poiché i lavoratori dell’intero complesso aziendale risultano idonei a ricoprire altre posizioni grazie all’esperienza e alla qualifica, la selezione non poteva essere circoscritta alle sole unità produttive cessate.
Tuttavia , in merito all’esclusione dalla procedura di licenziamento delle guardie giurate abilitate alla vigilanza aeroportuale, la Corte ha confermato la legittimità del criterio, poiché basato su esigenze tecnico-produttive, dimostrate dal datore di lavoro, che rendono infungibili tali lavoratori rispetto al resto del personale, anche in considerazione della necessità di conservare, per il datore di lavoro, le attività aeroportuali, tutti aspetti che hanno indotto i giudici di merito a ritenere la scelta giustificata e non arbitraria. La corte ha ritenuto, pure, che con riguardo alle Guardie Particolari Giurate, tra cui il ricorrente, la società aveva chiarito che le stesse non potevano essere impiegate in altre mansioni, essendo l’organico saturo, e che la società non era più nelle condizioni di mantenere l’aliquota di lavoratori, non essendo peraltro possibile l’utilizzo di diversi ammortizzatori sociali.
I motivi proposti, senza inficiare la legittimità della sentenza impugnata, si traducono in una richiesta a questa Corte di una diversa valutazione delle emergenze probatorie, rispetto alle quali la corte di merito ha fatto buon governo e che sarebbe comunque in questa sede inammissibile.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio, il 22 ottobre 2024
La Presidente Dott NOME COGNOME