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Licenziamento collettivo: i criteri di scelta

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8815/2024, ha confermato l’illegittimità di un licenziamento collettivo in cui l’azienda aveva limitato la platea dei lavoratori da licenziare a una sola sede. La Corte ha ribadito che, di norma, la comparazione deve avvenire sull’intero ‘complesso aziendale’ e che la distanza geografica non è una giustificazione sufficiente per restringere l’ambito di scelta. Tale violazione dei criteri di scelta è considerata un vizio sostanziale, che comporta il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento collettivo: quando la scelta limitata a una sola sede è illegittima

Il licenziamento collettivo è una delle vicende più delicate nel diritto del lavoro, soggetta a una procedura rigorosa per tutelare i lavoratori. Una questione cruciale riguarda l’individuazione della cosiddetta ‘platea dei licenziabili’, ovvero il gruppo di dipendenti tra cui scegliere chi licenziare. Con la recente ordinanza n. 8815/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: limitare questa platea a una sola sede aziendale, senza valide e specifiche ragioni tecnico-produttive, rende il licenziamento illegittimo. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore delle telecomunicazioni avviava una procedura di licenziamento collettivo, decidendo di limitare la selezione dei lavoratori da licenziare esclusivamente al personale impiegato presso la sede de L’Aquila. A seguito di ciò, una dipendente veniva licenziata. La lavoratrice impugnava il licenziamento, sostenendo che l’azienda non avesse correttamente applicato i criteri di scelta, in quanto esistevano professionalità del tutto comparabili alle sue in altre sedi della società che non erano state coinvolte nella procedura. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello le davano ragione, dichiarando il licenziamento illegittimo e ordinando la sua reintegrazione nel posto di lavoro.

La decisione sul licenziamento collettivo della Corte di Cassazione

La società ricorreva in Cassazione, sollevando diversi motivi di doglianza, tutti incentrati sulla presunta correttezza della propria procedura. La Suprema Corte, tuttavia, ha rigettato integralmente il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito e consolidando principi giurisprudenziali di grande importanza.

Il principio del “complesso aziendale” nel licenziamento collettivo

Il punto centrale della decisione riguarda l’ambito di applicazione dei criteri di scelta. La Corte ha ribadito che, secondo la Legge n. 223/1991, l’individuazione dei lavoratori da licenziare deve avvenire, di regola, avendo riguardo al ‘complesso aziendale’. Questo significa che la comparazione deve estendersi a tutti i dipendenti dell’azienda che svolgono mansioni fungibili, a prescindere dalla loro collocazione geografica.
Una deroga a questo principio è possibile solo in presenza di oggettive e comprovate esigenze tecnico-produttive che giustifichino la limitazione della platea a un determinato reparto, settore o sede. Tali ragioni, però, devono essere esplicitate in modo dettagliato e non generico già nella comunicazione di avvio della procedura inviata ai sindacati, per permettere un controllo effettivo sulla loro fondatezza.

La violazione dei criteri di scelta è un vizio sostanziale

La società sosteneva che la distanza di centinaia di chilometri tra le sedi e i costi di un eventuale trasferimento rendessero inesigibile la comparazione su scala nazionale. La Cassazione ha respinto questa argomentazione, chiarendo che né i costi aggiuntivi né la dislocazione territoriale delle sedi sono, di per sé, motivi validi per escludere a priori la comparazione. La scelta di limitare la platea è stata quindi ritenuta una violazione diretta e sostanziale dei criteri di scelta previsti dall’art. 5 della Legge n. 223/1991. Di conseguenza, la sanzione applicabile non è quella meramente risarcitoria, prevista per i vizi procedurali, ma la tutela reintegratoria, che comporta il diritto del lavoratore a riavere il proprio posto di lavoro.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che la comunicazione di avvio della procedura da parte dell’azienda era del tutto standardizzata e generica. Non conteneva alcuna specificazione delle ragioni oggettive che impedivano di considerare i lavoratori delle altre sedi, nonostante le prove (documentali e testimoniali) avessero dimostrato la piena fungibilità e comparabilità delle professionalità presenti nei diversi stabilimenti. La ratio della normativa sul licenziamento collettivo è quella di minimizzare l’impatto sociale della riduzione di personale. Permettere a un’azienda di limitare arbitrariamente la platea dei lavoratori da comparare, basandosi solo sulla loro sede di appartenenza, vanificherebbe questo obiettivo. La scorretta applicazione dei criteri di scelta non è un mero errore formale, ma un vizio sostanziale che incide sul nucleo del diritto del lavoratore a non essere licenziato ingiustamente.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un’importante conferma a tutela dei lavoratori coinvolti in procedure di riduzione di personale. Stabilisce con chiarezza che il datore di lavoro non può, per mera convenienza organizzativa o geografica, restringere la platea dei dipendenti tra cui applicare i criteri di scelta. Qualsiasi limitazione deve essere ancorata a ragioni tecnico-produttive specifiche, concrete e verificabili. In assenza di tale rigorosa giustificazione, il licenziamento collettivo è illegittimo e il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, la massima tutela prevista dall’ordinamento.

In un licenziamento collettivo, è legittimo limitare la scelta dei lavoratori da licenziare a una sola sede aziendale?
No, di regola non è legittimo. La legge prevede che la comparazione tra i lavoratori avvenga sull’intero ‘complesso aziendale’. Una limitazione a una singola sede è ammessa solo se giustificata da specifiche ed oggettive esigenze tecnico-produttive, che devono essere chiaramente esposte dall’azienda sin dall’inizio della procedura.

La distanza geografica tra le sedi o i costi di trasferimento giustificano la limitazione della platea dei lavoratori nel licenziamento collettivo?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la mera circostanza che le sedi siano distanti o che un trasferimento comporterebbe dei costi per l’azienda non costituisce, di per sé, una ragione sufficiente per limitare la platea dei lavoratori da includere nella procedura di selezione.

Qual è la sanzione per un licenziamento collettivo in cui i criteri di scelta sono stati applicati a una platea di lavoratori illegittimamente ristretta?
La sanzione è la cosiddetta ‘tutela reintegratoria’. Poiché l’illegittima limitazione della platea costituisce una violazione sostanziale dei criteri di scelta (e non un mero vizio procedurale), il lavoratore licenziato ha diritto a essere reintegrato nel suo posto di lavoro e a ricevere un risarcimento del danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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