Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20435 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 20435 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso 1703-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5461/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 18/11/2021 R.G.N. 2952/2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/04/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
R.G.N. 1703/2022
COGNOME.
Rep.
Ud. 23/04/2024
CC
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte di appello di Napoli ha respinto il reclamo proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la pronuncia del Tribunale della stessa sede che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato in data 2.10.2017 a NOME COGNOME all’esito della procedura collettiva di mobilità iniziata il 17.1.2017 e ne aveva ordinato la reintegra nel posto di lavoro, con condanna dell’azienda al pagamento dell’indennizzo commisurato a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre alla regolarizzazione contributiva previdenziale e assistenziale.
La Corte territoriale ha, in primo luogo, ribadito la competenza territoriale del foro adito sottolineando, in rito, che il Tribunale, in sede di opposizione, non poteva che confermare la statuizione di competenza già espressa nella fase sommaria e rilevando, nel merito, che non era stata contestata la circostanza che la consegna, da parte del lavoratore, della accettazione della proposta di assunzione (presso una società terza) nelle mani del funzionario della società stessa era avvenuta presso la sede di Napoli; in secondo luogo, dopo avere ripercorso le varie fasi della procedura di mobilità, ha confermato la illegittimità del licenziamento in considerazione della non corretta applicazione dei criteri di scelta determinata dalla mancata comparazione del lavoratore, che svolgeva mansioni di ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ con altre posizioni fungibili quali quelle del ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Senior e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di Presidio’; ha, poi, sottolineato, quale ulteriore profilo di illiceità della scelta, la restrizione della platea dei lavoratori licenziabili all’interno delle sole aree interessate dall’accorpamento con altre quando, invece, avrebbe dovuto comparare tutti i RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE addetti alla struttura aziendale RAGIONE_SOCIALE a prescindere dall’area di appartenenza, non avendo dimostrato la sussistenza di specifiche professionalità dei DS (o anche dei DS RAGIONE_SOCIALE) nelle altre Aree territoriali o comunque la presenza di situazioni oggettive che rendessero impraticabile la comparazione dei RAGIONE_SOCIALE Superior dell’Area 4, cui era addetto lo COGNOME, con i corrispondenti profili di altre Aree.
Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi RAGIONE_SOCIALE cui ha resistito con controricorso NOME COGNOME.
La ricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei termini di legge ex art. 380 bis 1 cpc.
CONSIDERATO CHE
I motivi possono essere così sintetizzati.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 2 e n. 3 cpc, la violazione delle norme sulla competenza e la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. cc, in riferimento agli artt. 413 cpc, art. 1 co. 51 e ss. legge n. 92/2012 e degli artt. 1326 e 2697 cc nonché la erroneità ed inadeguatezza della motivazione della sentenza per violazione delle norme sui criteri di legge per la competenza territoriale del giudice adito e sulla ripartizione degli oneri probatori. Sul presupposto che i giudici del merito hanno erroneamente disatteso l’eccezione di incompetenza territoriale, la società deduce, da un lato, che il giudice dell’opposizione ex lege n. 92/2012, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte territoriale, non era vincolato alla statuizione sul punto del giudice della fase sommaria e, dall’altro, che non era stato valutato che la circostanza che la lettera di assunzione non fosse stata firmata a Milano era stata contestata espressamente e che, in presenza di alcuni elementi (mancanza dell’effettivo luogo di sottoscrizione del contratto, presenza di funzionari del datore di lavoro e sede effettiva di inizio della prestazione lavorativa) era precipuo onere di parte ricorrente provare circostanze diverse da quelle documentalmente emergenti ai fini di contrastare la specifica eccezione di incompetenza per territorio; inoltre, per completezza, la società contesta anche l’assunto del primo giudice circa la dimostrazione che la sede dove lo COGNOME aveva una propria postazione di lavoro, con scrivania, telefono e PC fosse in Napoli perché, per la particolare tipologia dell’attività svolta dal lavoratore, si trattava solo di una postazione promiscua in quanto tutti i DS non avevano una propria sede di lavoro se non quella amministrativa di Milano.
Con il secondo si censura, ai sensi dell’art. 360 co. 1 n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. cc, in riferimento agli artt. 4 e 5 legge n. 223/1991, conseguente alla errata valutazione ex artt. 115 e 116 cpc dei documenti e delle prove testimoniali comprovanti la legittimità e la regolarità delle procedure di licenziamento collettivo e, conseguentemente, dell’atto risolutivo del rapporto intercorso con il lavoratore. La società sostiene che erroneamente i giudici di seconde cure avevano ritenuto che la figura del RAGIONE_SOCIALE Superior Senior, non presente nella lettera di apertura della procedura ma solo in sede di licenziamento, fosse stata creata fittiziamente per escludere dal confronto figure aziendali che andavano salvate; obietta, poi, l’erroneità della decisione della Corte territoriale in ordine alla ritenuta fungibilità delle figure precisando che, per aversi fungibilità tra lavoratori addetti a diverse mansioni, occorreva che tutti gli addetti alla funzione o al reparto avessero in precedenza svolto le diverse mansioni che si ritenevano fungibili e che l’onere della prova di tale pretesa fungibilità era interamente a carico del lavoratore, ribadendo che, nella fattispecie alcun elemento era stato fornito circa la fungibilità delle mansioni di RAGIONE_SOCIALE, assegnate allo COGNOME, con quelle di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Presidio o Senior.
Il primo motivo è infondato.
A prescindere, infatti, dalla problematica se il giudice dell’opposizione ex lege n. 92 del 2012 possa o meno rivalutare la statuizione sulla competenza per territorio già espressa in fase sommaria, è dirimente, nel caso de quo , l’accertamento dei giudici di merito secondo cui, attraverso un esame delle prove raccolte, è stato ritenuto che il luogo di conclusione del contratto era stato in Napoli, stante il perfezionamento ivi avvenuto del contratto attraverso l’accettazione, da parte del controricorrente, della lettera di assunzione, pervenuta da Milano ed ivi firmata, in un contesto di pattuizione ‘inter absentes’.
6. Il ricorso al meccanismo previsto dagli artt. 1326 co. 1 e 1335 cc è corretto mancando la prova (ed anzi essendo stata fornita dimostrazione opposta) per ritenere che una conoscenza
dell’accettazione si sia avuta nel medesimo contesto di tempo e luogo in cui era avvenuta la sottoscrizione della proposta di assunzione.
Si verte, quindi, in una decisione, in diritto, conforme ai principi di questa Corte (Cass. n. 14657/2022; Cass. n. 25402/2017) e, in fatto, adottata con motivazione esente dai vizi di cui all’art. 360 co. 1 n. 5 cpc.
Il secondo motivo presenta profili di inammissibilità e di infondatezza.
Sono inammissibili tutte le censure articolate in relazione alla problematica della fungibilità professionale e circa la asserita distinzione tra le figure del DS Presidio, del DS RAGIONE_SOCIALE e del DS Senior, decise in modo conforme dai giudici di primo e secondo grado.
E’ un principio ormai consolidato quello secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico – formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (Cass. n. 19547/2017; Cass. n. 29404/2017).
In particolare, in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come
facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione: ipotesi, queste, non ravvisabili nel caso in esame (Cass. n. 29867/2020; Cass. n. 27000/2016; Cass. n. 13960/2014).
Sono, invece, infondate, le doglianze sulla denunciata violazione dei criteri di scelta perché le statuizioni della Corte territoriale sono conformi all’orientamento di questa Corte (Cass. n. 6086/2021) in virtù del quale, in tema di licenziamento collettivo per riduzione di personale, la comparazione tra lavoratori di professionalità equivalente addetti a diverse unità produttive deve tener conto non solo delle mansioni concretamente svolte in quel momento, ma anche della capacità professionale degli addetti ai settori da sopprimere, mettendo quindi a confronto tutti coloro che siano in grado di svolgere le mansioni proprie dei settori che sopravvivono, indipendentemente dal fatto che in concreto non le esercitino al momento del licenziamento collettivo. Ciò in quanto in quanto la fungibilità, nella comparazione dei lavoratori da licenziare, implica la necessità di ricostruzione del complessivo bagaglio di esperienza e conoscenza del lavoratore onde verificare la effettiva sussistenza di professionalità omogenee da mettere a confronto; la relativa esclusione non può, pertanto, essere ancorata solo all’esclusivo riferimento ai compiti svolti in concreto dalla lavoratrice, occorrendo una più complessiva valutazione della sua professionalità che tenga conto delle esperienze pregresse, della formazione, del bagaglio di conoscenze acquisito (Cass. n. 24882/2019).
Inoltre, è stato affermato, sempre in sede di legittimità, che ove la ristrutturazione della azienda interessi una specifica unità produttiva o un settore, la comparazione dei lavoratori per l’individuazione di coloro da avviare a mobilità può essere limitata al personale addetto a quella unità o a quel settore, salvo l’idoneità dei dipendenti del reparto, per il pregresso impiego in altri reparti della azienda, ad occupare le posizioni lavorative dei colleghi a questi ultimi addetti, spettando ai lavoratori l’onere della deduzione e della prova della fungibilità nelle diverse mansioni (Cass. n. 6296/2022).
Non vi è stata, pertanto, da parte della Corte territoriale alcuna violazione del principio dell’onere della prova, come denunciato dalla ricorrente, ma solo un esame delle risultanze istruttorie (non efficacemente ed adeguatamente contrastato dalla datrice di lavoro) da cui era emerso che il complessivo bagaglio di esperienze e conoscenze acquisito dal lavoratore nel corso del rapporto di lavoro era fungibile con quello di altri dipendenti non licenziati e aventi un punteggio minore e tale mancata comparazione si era tradotta nella non corretta applicazione dei criteri di scelta.
Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano come da dispositivo, con distrazione.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, con distrazione in favore dei Difensori del controricorrente. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 aprile 2024