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Licenziamento collettivo: fungibilità e scelta

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso di un’azienda, confermando l’illegittimità di un licenziamento collettivo. La sentenza sottolinea che, nella scelta dei lavoratori da licenziare, l’azienda deve considerare la fungibilità professionale, ovvero l’intercambiabilità delle mansioni basata sul bagaglio di esperienze complessivo, e non può limitare arbitrariamente la platea dei lavoratori da comparare. La decisione ribadisce l’importanza di un’applicazione ampia e non restrittiva dei criteri di scelta.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento collettivo: la Cassazione sulla fungibilità e i criteri di scelta

L’ordinanza n. 20435/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla gestione di un licenziamento collettivo, soffermandosi su due aspetti cruciali: l’ampiezza della platea dei lavoratori da comparare e il concetto di fungibilità professionale. Questa decisione ribadisce la necessità per le aziende di adottare un approccio rigoroso e non restrittivo nell’applicazione dei criteri di scelta, pena l’illegittimità dei licenziamenti.

Il caso in esame: licenziamento e mancata comparazione

La vicenda trae origine dal licenziamento di un dipendente con la qualifica di ‘District Supervisor’, intimato da una nota società di telecomunicazioni all’esito di una procedura di mobilità. Il lavoratore impugnava il licenziamento, sostenendo che l’azienda avesse violato i criteri di scelta. In particolare, lamentava di non essere stato messo a confronto con altri colleghi che, pur avendo qualifiche formalmente diverse (‘District Supervisor Senior’ e ‘District Supervisor di Presidio’), svolgevano mansioni fungibili e possedevano competenze professionali analoghe. Inoltre, contestava la scelta dell’azienda di limitare la comparazione solo ad alcune aree territoriali, escludendone altre dove operavano profili professionali equivalenti.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano le ragioni del lavoratore, dichiarando illegittimo il licenziamento e ordinando la reintegra. I giudici di merito ritenevano che l’azienda avesse errato nel non estendere la comparazione a tutte le figure professionali fungibili e a tutti i dipendenti con mansioni analoghe presenti nell’intera struttura aziendale.

Il ricorso dell’azienda e la questione del licenziamento collettivo

L’azienda proponeva ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali. In primo luogo, sollevava una questione di incompetenza territoriale, sostenendo che il foro competente non fosse quello individuato dai giudici. In secondo luogo, e nel merito, ribadiva la correttezza del proprio operato, negando la fungibilità tra la posizione del lavoratore licenziato e le altre figure professionali indicate e giustificando la limitazione della platea dei dipendenti da comparare.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso dell’azienda, confermando la decisione della Corte d’Appello.

Sul primo punto, relativo alla competenza territoriale, la Corte ha stabilito che il luogo di conclusione del contratto, in assenza di prove contrarie, coincide con quello in cui il datore di lavoro ha avuto conoscenza dell’accettazione della proposta da parte del lavoratore.

Sul secondo e più rilevante motivo, relativo ai criteri di scelta nel licenziamento collettivo, la Cassazione ha fornito principi di diritto fondamentali. Ha affermato che la comparazione tra i lavoratori non può basarsi unicamente sulle mansioni concretamente svolte al momento del licenziamento, ma deve tenere conto della professionalità complessiva dei dipendenti. Ciò implica la necessità di ricostruire l’intero bagaglio di esperienze, formazione e conoscenze di ciascun lavoratore per verificare l’effettiva esistenza di professionalità omogenee.

La Corte ha specificato che la ‘fungibilità’ non si esaurisce nell’identità delle mansioni, ma si estende alla capacità di svolgere compiti analoghi. Di conseguenza, quando si procede a un licenziamento collettivo per riduzione di personale, l’azienda ha l’obbligo di confrontare tutti i dipendenti che sono in grado di svolgere le mansioni dei settori che sopravvivono alla riorganizzazione, indipendentemente dal fatto che le esercitino in quel preciso momento. Limitare la comparazione a una specifica unità produttiva o a un settore è possibile solo se l’azienda dimostra l’impossibilità, per i dipendenti di altri reparti, di occupare le posizioni lavorative dei colleghi, a causa di specifiche e non colmabili differenze professionali.

Le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale a tutela del lavoratore, imponendo al datore di lavoro un onere di trasparenza e correttezza particolarmente stringente nelle procedure di licenziamento collettivo. Le aziende devono effettuare una valutazione ampia e approfondita della professionalità dei dipendenti, senza trincerarsi dietro definizioni formali di ruoli o limitazioni geografiche arbitrarie. La decisione evidenzia che la scelta dei lavoratori da licenziare deve essere il risultato di un confronto effettivo e completo, basato sulla fungibilità sostanziale dei profili professionali. In caso contrario, il licenziamento è da considerarsi illegittimo, con tutte le conseguenze reintegratorie e risarcitorie previste dalla legge.

In un licenziamento collettivo, come si determina quali lavoratori confrontare?
La comparazione non deve limitarsi ai lavoratori con la stessa qualifica o che svolgono le medesime mansioni, ma deve estendersi a tutti coloro che possiedono una professionalità fungibile, ovvero un bagaglio di esperienze e competenze che li rende idonei a ricoprire posizioni simili all’interno dell’azienda.

È legittimo limitare il confronto solo ai dipendenti di una specifica area geografica o reparto?
No, non è legittimo a meno che l’azienda non dimostri l’esistenza di ragioni oggettive e specifiche che rendano impraticabile la comparazione con i dipendenti di altre aree o reparti, ad esempio a causa di professionalità infungibili e non intercambiabili.

Perché è importante il concetto di ‘fungibilità’ professionale?
È importante perché garantisce che la scelta dei lavoratori da licenziare avvenga su una base più ampia e equa. Impone all’azienda di considerare il valore e le competenze complessive di un lavoratore, non solo il suo ruolo specifico al momento della procedura, proteggendolo da scelte basate su criteri restrittivi e potenzialmente arbitrari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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