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Licenziamento collettivo: criteri di scelta illegittimi

Una società di telecomunicazioni ha effettuato un licenziamento collettivo limitando la selezione dei lavoratori a una sola sede aziendale. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito, dichiarando il licenziamento illegittimo. La motivazione risiede nel fatto che l’azienda non ha fornito prove concrete e specifiche sulle ragioni tecnico-produttive che impedivano di considerare i lavoratori dell’intera azienda, violando così i corretti criteri di scelta. Di conseguenza, è stata ordinata la reintegra del lavoratore.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento Collettivo: Perché Limitare la Scelta a una Sola Sede è Illegittimo

L’ordinanza n. 1843/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla gestione del licenziamento collettivo, ribadendo principi fondamentali a tutela dei lavoratori. La pronuncia chiarisce in modo inequivocabile i limiti entro cui un’azienda può circoscrivere la platea dei dipendenti da licenziare, sottolineando come la regola generale sia l’applicazione dei criteri di scelta all’intero complesso aziendale. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti di Causa

Una società operante nel settore delle telecomunicazioni, nell’ambito di una procedura di ristrutturazione, avviava un licenziamento collettivo. Tuttavia, invece di applicare i criteri di scelta a tutto il personale, limitava la selezione dei lavoratori da licenziare esclusivamente a quelli impiegati presso la sede de L’Aquila. Un dipendente licenziato impugnava il provvedimento, ritenendolo illegittimo. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello gli davano ragione, dichiarando l’illegittimità del licenziamento e ordinando la reintegra nel posto di lavoro. La società, non accettando la decisione, proponeva ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte: Focus sul licenziamento collettivo e l’ambito di scelta

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, confermando in toto la sentenza d’appello. Il cuore della decisione si basa su un principio consolidato: in un licenziamento collettivo, la platea dei lavoratori interessati deve, di norma, comprendere l’intero complesso aziendale. La limitazione a una singola unità produttiva, reparto o sede territoriale rappresenta un’eccezione che deve essere sorretta da motivazioni solide e specifiche.

L’onere della Prova a Carico del Datore di Lavoro

I giudici hanno sottolineato che spetta al datore di lavoro dimostrare l’esistenza di oggettive esigenze tecnico-produttive che giustifichino una scelta più ristretta. Non è sufficiente una motivazione generica o standardizzata. L’azienda deve provare in modo specifico perché le professionalità presenti nella sede interessata dalla soppressione non siano fungibili, ovvero interscambiabili, con quelle di altre sedi. Nel caso di specie, l’azienda non solo non ha fornito tale prova, ma è emerso che nella sede de L’Aquila erano presenti professionalità del tutto comparabili a quelle di altre unità produttive.

Le Motivazioni della Sentenza

La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su diversi pilastri giuridici. In primo luogo, ha ribadito che la comunicazione di avvio della procedura di mobilità deve indicare chiaramente le ragioni per cui si limita la platea e perché non è possibile ricollocare il personale in altre unità produttive. Questa trasparenza è essenziale per consentire alle organizzazioni sindacali di verificare l’effettiva necessità dei licenziamenti.

In secondo luogo, la Corte ha qualificato la violazione commessa dall’azienda non come un mero vizio procedurale (che avrebbe comportato una tutela solo risarcitoria), ma come una violazione sostanziale dei criteri di scelta. Limitare illegittimamente la platea dei lavoratori equivale a non applicare correttamente i criteri legali, configurando un vizio grave che giustifica la sanzione più severa: la tutela reintegratoria prevista dall’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.

La Corte ha specificato che i costi aggiuntivi o le difficoltà organizzative derivanti da un eventuale trasferimento di personale non sono, di per sé, ragioni sufficienti per escludere la comparazione tra dipendenti di sedi diverse. L’obiettivo della legge è minimizzare l’impatto sociale della ristrutturazione, e non si può escludere a priori che un lavoratore preferisca trasferirsi piuttosto che perdere il lavoro.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un monito importante per le aziende che affrontano una riorganizzazione. Un licenziamento collettivo deve essere gestito con il massimo rigore e trasparenza. La scelta di limitare la platea dei lavoratori a un’area geografica o a un singolo reparto non può essere una decisione discrezionale, ma deve fondarsi su ragioni oggettive, verificabili e puntualmente documentate. In assenza di una prova rigorosa della non fungibilità delle mansioni tra le diverse sedi, i licenziamenti basati su una platea ristretta saranno considerati illegittimi, con la conseguenza della reintegra del lavoratore e del pagamento di un cospicuo risarcimento del danno.

In un licenziamento collettivo, un’azienda può scegliere i lavoratori da licenziare solo da una delle sue sedi?
No, di regola la scelta deve avvenire considerando tutti i dipendenti dell’azienda. La limitazione a una singola sede è un’eccezione che deve essere giustificata da oggettive e specifiche esigenze tecnico-produttive che rendono i lavoratori non intercambiabili con quelli di altre sedi.

Cosa deve dimostrare l’azienda per giustificare la limitazione della platea dei lavoratori a una singola unità produttiva?
L’azienda ha l’onere di provare che esistono ragioni tecniche e produttive concrete che impediscono il trasferimento dei dipendenti in esubero. Deve dimostrare che le mansioni svolte dai lavoratori da licenziare non sono fungibili con quelle di altri dipendenti in altre sedi, e che un eventuale passaggio ad altri settori richiederebbe una formazione eccessivamente onerosa e complessa.

Qual è la conseguenza se un’azienda viola i criteri di scelta nel licenziamento collettivo, limitando illegittimamente la platea?
La conseguenza è l’applicazione della tutela reintegratoria. Il licenziamento viene considerato nullo per violazione sostanziale dei criteri di scelta, e il giudice ordina all’azienda di reintegrare il lavoratore nel suo posto di lavoro e di risarcirgli i danni subiti, corrispondenti alle retribuzioni perse dal giorno del licenziamento fino alla reintegra.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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