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Licenziamento collettivo: criteri di scelta del personale

Una società cooperativa ha effettuato un licenziamento collettivo a seguito della perdita di un appalto. La Corte di Cassazione ha dichiarato illegittimo il licenziamento di un dipendente, poiché la società non aveva correttamente applicato i criteri di scelta. La comparazione non era stata estesa a tutti i lavoratori con professionalità fungibili (intercambiabili) all’interno dell’azienda, ma si era limitata solo a quelli con le medesime mansioni. La sentenza sottolinea che la scelta deve basarsi su una valutazione complessiva delle competenze del lavoratore, non solo sul ruolo ricoperto al momento del recesso.

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Pubblicato il 7 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Licenziamento collettivo: come si scelgono i lavoratori da licenziare?

Il licenziamento collettivo è una delle procedure più complesse e delicate del diritto del lavoro, attivata quando un’azienda si trova in difficoltà economica o deve riorganizzarsi. La scelta dei lavoratori da licenziare non è arbitraria, ma deve seguire criteri oggettivi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 20532/2024) ha ribadito un principio fondamentale: la comparazione deve avvenire tra tutti i lavoratori con professionalità ‘fungibili’, cioè intercambiabili, e non solo tra quelli che svolgono le stesse identiche mansioni. Analizziamo il caso per comprendere meglio.

I Fatti del Caso

Una società cooperativa sociale, a seguito della perdita di un importante appalto per un servizio di call center regionale, avviava una procedura di licenziamento collettivo per un numero elevato di dipendenti. Tra questi, veniva licenziato un lavoratore assunto come impiegato, che svolgeva attività di piccola manutenzione (idraulica, elettrica) e, in parte, di accoglienza.
Il lavoratore impugnava il licenziamento, sostenendo che l’azienda avesse commesso un errore nella sua individuazione come esubero. Secondo il dipendente, la società avrebbe dovuto confrontare la sua posizione non solo con quella di altri manutentori, ma anche con quella di altri colleghi con mansioni diverse (come addetti alle pulizie o alla logistica) ma con un inquadramento contrattuale simile e competenze professionali che lo rendevano idoneo a ricoprire anche quei ruoli.

La Decisione dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello di Roma hanno dato ragione al lavoratore, dichiarando illegittimo il licenziamento. I giudici hanno stabilito che l’azienda aveva errato nel limitare il perimetro di comparazione. La scelta del lavoratore da licenziare non poteva basarsi unicamente sulle mansioni specifiche svolte al momento del recesso. Al contrario, l’azienda avrebbe dovuto estendere il confronto a tutti i dipendenti le cui professionalità erano fungibili, cioè intercambiabili con quella del lavoratore licenziato, all’interno dello stesso livello contrattuale e nell’ambito delle unità operative coinvolte dalla riorganizzazione.

Il corretto ambito di comparazione nel licenziamento collettivo

La società ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di aver agito correttamente e che il lavoratore non avesse provato la fungibilità delle sue mansioni con quelle di altri colleghi. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando le decisioni dei giudici di merito e cogliendo l’occasione per chiarire i principi che regolano i criteri di scelta nel licenziamento collettivo.

Le Motivazioni

La Corte ha sottolineato che, in tema di licenziamento collettivo, la comparazione tra i lavoratori deve essere ampia e non può fermarsi a un’analisi superficiale delle mansioni. Il datore di lavoro deve considerare il ‘complessivo bagaglio di esperienza e conoscenza’ acquisito dal lavoratore durante il rapporto di lavoro. Questo significa valutare non solo cosa il dipendente fa in quel momento, ma anche cosa è in grado di fare grazie alla sua formazione, alle esperienze pregresse e alle competenze maturate.

La fungibilità, quindi, non riguarda solo le mansioni, ma la professionalità nel suo complesso. Se un lavoratore ha le capacità per svolgere i compiti di un collega che occupa una posizione non soppressa, deve essere incluso nella platea dei soggetti da comparare. Nel caso specifico, il lavoratore aveva allegato di aver svolto in passato anche mansioni di pulizia e logistica e di aver partecipato a corsi di formazione che lo rendevano idoneo a ricoprire tali ruoli. La società, di contro, non aveva efficacemente contestato queste affermazioni, limitandosi a sostenere che le mansioni non fossero equivalenti senza fornire adeguate motivazioni.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Cassazione rafforza la tutela dei lavoratori coinvolti in procedure di licenziamento collettivo. Viene stabilito che il datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare una comparazione trasparente e approfondita, che tenga conto della professionalità complessiva dei dipendenti e non si limiti a una rigida classificazione per mansioni. La scelta deve ricadere sul lavoratore con il profilo professionale meno ‘fungibile’ rispetto alle esigenze aziendali residue. Questa decisione impone alle aziende una maggiore attenzione e diligenza nella gestione delle crisi, per garantire che le scelte, per quanto dolorose, siano conformi ai principi di correttezza e buona fede.

Come deve essere effettuata la scelta dei lavoratori in un licenziamento collettivo?
La scelta non deve basarsi solo sulle mansioni specifiche svolte al momento del licenziamento. L’azienda deve confrontare tutti i lavoratori con professionalità equivalenti e fungibili, ovvero coloro che hanno competenze e un bagaglio di esperienze tali da poter ricoprire le posizioni lavorative che sopravvivono alla riorganizzazione.

Cosa si intende per ‘fungibilità’ della professionalità?
Significa che un lavoratore possiede un insieme di competenze, conoscenze ed esperienze che lo rendono capace di svolgere non solo il proprio lavoro attuale, ma anche quello di altri colleghi con mansioni diverse ma di pari livello. La valutazione deve considerare la formazione, le esperienze pregresse e il bagaglio professionale complessivo.

A chi spetta dimostrare la fungibilità delle mansioni?
Secondo la sentenza, spetta al lavoratore l’onere di allegare e provare la fungibilità delle proprie mansioni con quelle di altri colleghi salvaguardati dal licenziamento. Tuttavia, una volta che il lavoratore fornisce elementi in tal senso, il datore di lavoro ha l’onere di contestarli specificamente, altrimenti tali elementi si considerano come non contestati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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