Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11950 Anno 2025
Civile Sent. Sez. L Num. 11950 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17945/2024 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale
-ricorrente-
contro
Comune di Chiusa Sclafani, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ Avv. NOME COGNOMEcontroricorrente- avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Palermo n. 462/2024 depositata il 31/05/2024.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udita l’Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME per il controricorrente.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Termini Imerese aveva respinto l’impugnazione del licenziamento per giusta causa intimato a NOME COGNOME dal Comune di Chiusa Sclafani in data 27 aprile 2018, disattese le eccezioni preliminari riguardanti la tardiva contestazione ai sensi dell’art. 55 -bis , comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001 e ritenuti provati, sulla base dell’istruttoria testimoniale e documentale svolta, gli addebiti mossi, avendo il dipendente, in qualità di « assegnatario da parte dell’amministrazione pubblica di una carta carburante ‘RAGIONE_SOCIALE‘ per il rifornimento esclusivo dell’automezzo comunale Ford Transit targato TARGA_VEICOLO utilizzato la stessa nel periodo compreso tra il 2016 e il 2017 in maniera abnorme, per scopi esulanti da quelli per i quali gli era stata consegnata ».
Tale sentenza, reclamata dal l’interessato , veniva riformata dalla Corte d’appello di Palermo in ragione della ravvisata fondatezza del primo motivo di gravame relativo alla violazione del principio di immediatezza della contestazione, con ordine di reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro e correlate pronunce risarcitorie.
Questa Corte, adita dall’ente locale, cassava con rinvio la decisione con sentenza n. 10284 del 18 aprile 2023, per tempestività della contestazione.
Riassunta la causa innanzi alla Corte d’appello di Palermo, veniva respinta l’originaria impugnazione del licenziamento perché, esclusa la lesione del diritto di difesa, veniva ritenuto provato l’addebito e reputata proporzionata la misura espulsiva irrogata.
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione NOME COGNOME affidando le proprie difese a due motivi. Il Comune di Chiusa Sclafani resiste con controricorso.
Il rappresentante del Pubblico Ministero ha depositato memoria scritta concludendo per l’ inammissibilità del ricorso.
La causa giunge in decisione all’esito della trattazione in pubblica udienza, nella quale sono intervenuti il difensore del controricorrente ed il rappresentante del Pubblico Ministero, che si è richiamato alle conclusioni già rassegnate nella memoria depositata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce la violazione ed errata applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e dell’art. 2967 cod. civ., in relazione all’art. 360 , n. 3 e n. 5, cod. proc. civ. Si censura l’operato della Corte d ‘ appello per non aver dato corso alle richieste istruttorie già formulate nella prima fase innanzi al Tribunale e reiterate in sede di reclamo.
1.1. La censura, nei termini formulati, è inammissibile, perché, come evidenziato anche dal Pubblico Ministero, non evidenzia la decisività delle richieste istruttorie, tanto più a fronte dell’articolata e compiuta ricostruzione in fatto condotta nella sentenza impugnata in ordine alla sussistenza del fatto contestato.
In questo senso, si richiama il consolidato indirizzo secondo cui il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l ‘ efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi risulti priva di fondamento (Cass. Sez. L, 01/07/2024, n. 18072; in senso conforme, Cass. Sez. 1, 29/11/2024, n. 30721).
Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 360 , primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento ad una prassi dell’ufficio nell’utilizzo delle carte carburanti.
2.1. Anche tale censura, come pure osservato dal Pubblico Ministero, non si sottrae alla declaratoria di inammissibilità, atteso che non si deduce l’ omessa valutazione di un fatto storico, oggetto di discussione fra le parti, bensì di una valutazione giuridica in ordine all’asserita rilevanza esimente della prassi addotta, peraltro espressamente esaminata e superata nella sentenza impugnata.
2.2. Inoltre, la doglianza risulta pure preclusa dalla configurabilità nella specie della cd. doppia conforme, con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., che ricorre non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logicoargomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Cass. Sez. 6-2, 09/03/2022, n. 7724).
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che liquida in euro 4.000,00 per compensi, oltre agli esborsi liquidati in euro 200,00, al rimborso delle spese generali al 15%, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Lavoro della