Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7362 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7362 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4258-2024 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE), da cui è rappresentato e difeso giusta procura in calce al ricorso;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMAINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE‘avvocato COGNOME (C.F.
CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende per procura in calce al controricorso;
-controricorrente –
nonché
PROCURATORE GENERALE RAGIONE_SOCIALEA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI ROMA;
-intimato – avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE CORTE DI APPELLO di ROMA n. 5254 del 2023, depositata il 20 luglio 2023;
lette le conclusioni scritte ed udito il Pubblico RAGIONE_SOCIALE, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale, AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso; lette le memorie RAGIONE_SOCIALE controricorrente;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 6 marzo 2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
MOTIVI IN FATTO RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
1. La DottNOME impugnava, davanti al Tribunale di Roma, la delibera consiliare RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE ( breviter : ‘OPL’) n. 207 del 2021, con cui le era stata inflitta, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 26, co. 2, lett. d), RAGIONE_SOCIALE legge sull’Ordinamento RAGIONE_SOCIALE professione di psicologo, n. 56 del 1989, la sanzione RAGIONE_SOCIALE radiazione dall’RAGIONE_SOCIALE per violazione dei doveri di cui agli artt. 2 e 8 del Codice deontologico RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (di seguito ‘CDP’). Il RAGIONE_SOCIALE aveva reputato che l’iscritta, con la condotta tenuta dinanzi al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE al quale partecipava anche l’RAGIONE_SOCIALE, in rappres entanza RAGIONE_SOCIALE categoria professionale -per l’adozione, previa consultazione
RAGIONE_SOCIALE esperti presenti, di un progetto di normazione sulla figura del counselor non psicologo, avesse sfruttato il proprio titolo professionale per avallare una figura pseudo professionale in aperta sovrapposizione a quella sanitaria di psicologo protetta dalla legge, non tutelando, in tal modo, né i potenziali utenti del counseling , né la professione stessa di psicologo, ma anzi favorendone, per l’effetto, l’esercizio abusivo. Ciò in violazione sia RAGIONE_SOCIALE specifici doveri di condotta imposti dall’art. 8 CDP, sia dei principi generali di dignità, decoro e corretto esercizio RAGIONE_SOCIALE professione ex art. 2 cod. cit., considerata altresì l’aggravante RAGIONE_SOCIALEo scopo di lucro che la RAGIONE_SOCIALE -svolgendo per conto di una società commerciale corsi formativi per counselor -perseguiva mediante l’iniziativa volta ad accreditare tale figura.
In particolare, gli addebiti formulati dal Collegio disciplinare si fondano sulla dichiarazione da ella resa nel corso RAGIONE_SOCIALE riunione RAGIONE_SOCIALE‘UNI del 6.2.2019, in aperto e grave contrasto con gli artt. 1 e 3 RAGIONE_SOCIALE legge n. 56/1989 (che tipizzano le attività riservate alla professione di psicologo), secondo la quale, tra i diversi tipi di disagio psicoemotivo, quelli che interferiscono marcatamente con la vita del paziente possono essere gestiti esclusivamente dallo psicologo, mentre altri tipi di disagio non rientrano nella competenza esclusiva del detto RAGIONE_SOCIALEsta.
Invece a detta RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, le attività che si intendevano attribuire al counseling coincidevano con quelle riservate allo psicologo, generando una sovrapposizione tra le due figure, che la COGNOME, quale membro iscritto all’RAGIONE_SOCIALE, aveva il dovere di contrastare esprimendosi in senso contrario al progetto normativo; visto anche che in quella sede il RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE avevano più volte ribadito che il counseling -come ogni altra attività pseudo professionale non regolamentata che interviene sui processi mentali umani -realizzi un esercizio potenzialmente abusivo RAGIONE_SOCIALE professione protetta di psicologo.
Il Tribunale adito, con sentenza n. 2133 del 2022, accoglieva le censure mosse dalla ricorrente, che lamentava l’insussistenza RAGIONE_SOCIALEe violazioni ascritte e comunque il carattere sproporzionato RAGIONE_SOCIALE sanzione; annullava quindi il provvedimento impugnato e condannava l’OPL alla refusione RAGIONE_SOCIALEe spese di lite a suo favore. Dichiarato inammissibile l’intervento in giudizio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ad adiuvandum RAGIONE_SOCIALEe ragioni RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEsta per carenza di interesse ad agire, compensava altresì le spese processuali nei loro confronti, sulla base RAGIONE_SOCIALE soccombenza reciproca e RAGIONE_SOCIALE sussistenza di questioni giuridiche controverse.
Tale sentenza veniva gravata dall’RAGIONE_SOCIALE chiedendo, in riforma di essa, l’accoglimento RAGIONE_SOCIALEe domande svolte in primo grado.
Il Tribunale aveva annullato il provvedimento espulsivo avendo ritenuto di non dover esaminare il ‘ fatto decisivo, cardine RAGIONE_SOCIALE motivazione RAGIONE_SOCIALE radiazione e oggetto di discussione tra le parti ‘, consistente nella sovrapposizione RAGIONE_SOCIALE figura abusiva del counselor -promossa dalla RAGIONE_SOCIALE in violazione RAGIONE_SOCIALEe norme deontologiche -a quella sanitaria di psicologo protetta ex lege , rinunciando pertanto a comprendere e ad apprezzare le ragioni ostative all’accreditamento del counseling in Italia e financo ad una proposta normativa in questo senso.
Veniva inoltre contestata l’erroneità RAGIONE_SOCIALE compensazione RAGIONE_SOCIALEe spese giudiziali tra l’RAGIONE_SOCIALE e gli RAGIONE_SOCIALE intervenuti, a carico dei
quali dovevano essere poste per l’intero, stante la declaratoria di inammissibilità RAGIONE_SOCIALE‘intervento da loro proposto.
La Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 5254 del 20 luglio 2023, condannava in solido gli intervenuti alle spese del primo grado, in parziale riforma RAGIONE_SOCIALE sentenza gravata, e per il resto confermava la decisione, condannando l’appellante a rifondere all’appellata le spese RAGIONE_SOCIALE‘appello e gli intervenuti soccombenti al pagamento all’appellante RAGIONE_SOCIALEe spese RAGIONE_SOCIALEo stesso grado.
Nel merito, infatti, la Corte era RAGIONE_SOCIALEo stesso avviso del Tribunale, ritenendo esulasse dalla sfera RAGIONE_SOCIALE cognizione giurisdizionale l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALEe problematiche relative alla delimitazione RAGIONE_SOCIALEe attività e dei compiti esercitabili dal counselor , trattandosi di questioni scientifiche controverse, rispetto alle quali la libera manifestazione del pensiero non può incontrare limiti di sorta, ed essendo perciò irrilevante la maggiore o minore fondatezza RAGIONE_SOCIALE posizione assunta dall’RAGIONE_SOCIALE o dalla RAGIONE_SOCIALEsta.
La Corte ha, invece, limitato la propria decisione alla verifica in concreto RAGIONE_SOCIALE corrispondenza fra la partecipazione al tavolo RAGIONE_SOCIALE pre-normativo, di studio e di approfondimento, previsto normativamente, e l’illecito disciplinare attribuito all’appellata, giungendo a negare la sussistenza di un’omessa motivazione in relazione alle censure veicolate dall’RAGIONE_SOCIALE, avendo apprezzato nel merito che la condotta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEsta era espressione di una mera opinione nell’ambito di un dibattito RAGIONE_SOCIALE -scientifico a ciò appositamente deputato, escludendo che vi sia un dovere generale per gli iscritti negli ordini RAGIONE_SOCIALE di soggiacere alle indicazioni di essi che ne limitino il diritto di manifestazione del pensiero.
Avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto nei termini ricorso per cassazione affidandolo a due motivi.
La AVV_NOTAIONOME COGNOME resiste con controricorso.
Il Pubblico RAGIONE_SOCIALE ha depositato conclusioni scritte.
La controricorrente ha depositato memorie in prossimità RAGIONE_SOCIALE‘udienza.
MOTIVI IN DIRITTO RAGIONE_SOCIALEA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio discusso tra le parti, difetto di pronuncia o comunque difetto di motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza sulle ragioni essenziali espresse nel provvedimento di radiazione. Deduce il ricorrente che la Corte distrettuale, avendo condiviso la scelta del Tribunale di non entrare nel merito RAGIONE_SOCIALE questione RAGIONE_SOCIALE sovrapponibilità RAGIONE_SOCIALE figura del counselor a quella di psicologo -sul presupposto che l’odierno giudizio ha, invece, come unico oggetto l’indagine se la mera partecipazione a un tavolo RAGIONE_SOCIALE con posizioni di apertura alla normazione RAGIONE_SOCIALE‘attività di counseling rappresenti una condotta di sostanziale avallo RAGIONE_SOCIALE‘esercizio abusivo RAGIONE_SOCIALE professione di psicologo -avrebbe trascurato l’elemento decisivo, consistente nella validazione in sede UNI, da parte di una psicologa iscritta all’RAGIONE_SOCIALE, di una attività pseudo professionale in violazione RAGIONE_SOCIALE riserva di legge sulle attività tipiche RAGIONE_SOCIALEo psicologo.
Proprio in quella sede, infatti, la controricorrente avrebbe affermato che l’intervento sul disagio RAGIONE_SOCIALEco non sempre è appannaggio esclusivo del medico psicologo, dando così prova di ignorare che qualunque disagio e/o patologia definibile come
RAGIONE_SOCIALEca è riservata per legge a tale categoria professionale. Una simile affermazione -sulla base RAGIONE_SOCIALE quale la COGNOME ha poi votato a favore RAGIONE_SOCIALE regolamentazione del counselor in Italia -contrasta sia con le direttive RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, del RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE, sia con le evidenze scientifiche sul punto, motivo per il quale essa non equivale alla libera manifestazione del pensiero, ma si sostanzia in un’attività tendente alla validazione di un’attività professionale in abusiva competizione con la professione protetta, meritevole perciò di una sanzione piuttosto severa in ragione del potenziale coinvolgimento RAGIONE_SOCIALE salute mentale dei soggetti più fragili e vulnerabili.
Se la Corte d’Appello, anche tramite consulenza tecnica, fosse entrata nel merito RAGIONE_SOCIALEe ragioni RAGIONE_SOCIALE radiazione, avrebbe colto la piena corrispondenza tra l’illecito disciplinare attribuito alla odierna controricorrente e il contenuto del progetto normativo UNI counselor , addivenendo all’accoglimento del gravame.
2. Il motivo è infondato.
A detta del ricorrente, il diniego del giudice a quo di valutare nel merito le ragioni RAGIONE_SOCIALE radiazione RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME gli avrebbe impedito di ravvisare l’illiceità RAGIONE_SOCIALE relativa condotta.
Appare a questo Supremo Collegio come l’RAGIONE_SOCIALE, attraverso tale censura, pretenda di imporre il sindacato giurisdizionale su di una questione che, in ragione RAGIONE_SOCIALE sua obiettiva problematicità (inquadramento RAGIONE_SOCIALE‘attività del counselor ed individuazione dei confini con quella di psicologo) era ancora oggetto di valutazione di carattere RAGIONE_SOCIALE, priva quindi di una univoca sistemazione anche dal punto di vista scientifico, nella quale era appunto
sollecitato ad intervenire il tavolo RAGIONE_SOCIALE, nel cui ambito era stata chiamata a dare il suo contributo la dottNOME COGNOME.
Seppure con alcune pronunce isolate, la giurisprudenza nega, infatti, di potere sindacare nel merito la veridicità RAGIONE_SOCIALEe opinioni scientifiche e quindi, a valle, rispetto alla bontà RAGIONE_SOCIALEe proposte di intervento normativo che si fondano su tali opinioni, come nella vicenda in esame; ciò in quanto nel mondo RAGIONE_SOCIALE scienza di regola si contendono il campo teorie generali e conseguenti soluzioni pratico-applicative diverse, non di rado inconciliabili fra loro e talvolta suscettibili di mutare nel tempo.
Nel caso di specie, la ‘fluidità’ che inevitabilmente riguarda le opinioni scientifiche è testimoniata, ad esempio, dal fatto che i lavori RAGIONE_SOCIALE counselor , dopo essere stati formalmente chiusi nel maggio 2017 per il mancato raggiungimento di una posizione condivisa e quindi per la decorrenza dei termini di elaborazione RAGIONE_SOCIALE scheda pre-normativa, sono stati in seguito riavviati con la partecipazione RAGIONE_SOCIALE stessi RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE contrari.
Ciò detto, ove il giudice potesse essere investito di un siffatto compito, gli sarebbe chiesto di operare una valutazione eminentemente scientifica, con una sovrapposizione rispetto alle competenze RAGIONE_SOCIALE organi tecnici scientifici deputati a formulare le proprie valutazioni, anche in vista di successive modifiche legislative. Ne deriva che la libertà RAGIONE_SOCIALE ricerca scientifica è di difficile regimentazione sul piano RAGIONE_SOCIALE valutazione giuridica, potendo solo la scienza, per l”autoreferenzialità ontologica’ c he la caratterizza, distinguere cosa è scientifico da ciò che non lo è. E nondimeno con molta difficoltà, in quanto la stessa possibilità di attingere dalla scienza la sua definizione, urta col fatto che il
pluralismo RAGIONE_SOCIALEe opinioni sui metodi scientifici (il cd. relativismo scientifico) impedisce di giungere a RAGIONE_SOCIALEe conclusioni condivise, coincidenti di solito con quelle RAGIONE_SOCIALE maior pars RAGIONE_SOCIALE comunità scientifica.
Difatti la verità rappresenta l’ideale, o l’obiettivo RAGIONE_SOCIALE scienza, che si trova tuttavia ad una distanza spesso notevole, senza peraltro che esistano garanzie di sorta che l’una o l’altra teoria possano far perseguire, o almeno avvicinare, all’obiettivo RAGIONE_SOCIALE verità; il cui tentativo di raggiungimento è ulteriormente complicato dal fatto che -soprattutto nelle ‘scienze umane’ alcuni caratteri RAGIONE_SOCIALE vita umana influiscono enormemente sia sulla creazione, sia sulla valutazione RAGIONE_SOCIALEe teorie e RAGIONE_SOCIALEe scoperte scientifiche, di modo che il carattere umano, personale, e pertanto libero RAGIONE_SOCIALE ricerca scientifica è una condizione per la sua stessa esistenza.
L’inclusione in Costituzione di un insieme di norme riguardanti la scienza e la ricerca (artt. 9, 33, co. 1, e, a seguito RAGIONE_SOCIALE riforma del 2001, 117, co. 3) rispecchia proprio l’esigenza di assicurare l’ontologica libertà RAGIONE_SOCIALE ricerca, in misura ancora più netta RAGIONE_SOCIALE stessa libertà di manifestazione del pensiero, dai rischi di asservimento e soffocamento da parte dei poteri pubblici e privati.
Per questa ragione in un panorama scientifico non concorde né univoco, al potere giurisdizionale compete l’accertamento RAGIONE_SOCIALE natura scientifica o meno di un lavoro o di una teoria, oltreché RAGIONE_SOCIALE‘eventuale violazione dei limiti imposti dal rispetto dei valori fondamentali RAGIONE_SOCIALE persona, ma non delibarne la verità o bontà metodologica. Perciò la Suprema Corte, nel giudizio instaurato da
un medico chirurgo per il risarcimento dei danni derivanti da un’opinione di discredito espressa dalla società di medici del settore di interesse nei confronti di una tecnica operatoria da egli praticata, ha apertamente affermato l’impossibilità per il giudice di formulare un giudizio di verità oggettiva sulla validità scientifica RAGIONE_SOCIALE terapia controversa; con conseguente inutilità di ogni accertamento peritale o esame testimoniale sul punto, poiché sarebbe in ogni caso impossibile un apprezzamento nel merito RAGIONE_SOCIALEe opinioni e valutazioni contrastanti: ‘ È fuori luogo pretendere di verificare la verità del contenuto RAGIONE_SOCIALE risoluzione attraverso indagini specialistiche e financo attraverso l’esame testimoniale, poiché -come rilevato anche dal Tribunale -il giudice non può farsi carico di accertare la validità scientifica o meno RAGIONE_SOCIALE terapia chirurgica praticata […], trattandosi di valutazioni tecniche sottratte per la loro natura ad un giudizio di verità oggettiva . Queste ineccepibili considerazioni valgono a dimostrare la totale irrilevanza ed infondatezza, RAGIONE_SOCIALEe censure con cui i ricorrenti addebitano (sia pur ‘subordinatamente’) ai giudici di appello di non avere esaminato gli autorevoli ‘pareri’ da loro prodotti a sostegno del giudizio critico espresso nella risoluzione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e di non aver compiuto una sorta di verifica comparativa sulla qualità del materiale probatorio offerto dalle parti, da cui sarebbe emersa, a loro parere, una ‘presunzione di fondatezza’ di detto giudizio o addirittura ‘la presunzione di verità’ del disvalore imputato alla condotta del medico’.
Né assumerebbe più consistenza il rilievo secondo cui il giudice, al fine di comprendere le ragioni RAGIONE_SOCIALE critica RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE -che avrebbero giustificato l’apertura di un
procedimento disciplinare a carico del medico – avrebbe dovuto disporre il mezzo imparziale RAGIONE_SOCIALE consulenza tecnica d’ufficio , rinvenendo il giudizio di superfluità RAGIONE_SOCIALE‘accertamento peritale giustificazione nelle superiori considerazioni circa l’impossibilità di addivenire ad un ‘giudizio di verità oggettiva’ sulla validità scientifica di una terapia chirurgica intorno alla quale si erano sviluppate contrastanti opinioni e valutazioni (cfr. Cass. Civ. n. 4109/1993).
Dalla giurisprudenza di legittimità si ricava dunque l’indirizzo per il quale non può essere accolta, in ragione RAGIONE_SOCIALE ontologica irrisolvibilità del quesito che essa pone, la domanda volta ad ottenere una pronuncia sulla validità scientifica di un’opinione o di un un’opera scientifica in una materia controversa, poiché è impossibile addivenire, in un quadro oltremodo incerto, ad un giudizio di verità oggettiva stabile e attendibile nel merito RAGIONE_SOCIALEe valutazioni contrastanti, idoneo a far stato tra le parti ai sensi e per gli effetti RAGIONE_SOCIALE‘art. 2909 c.c.. Ne consegue che il giudice non può pronunciarsi nel merito RAGIONE_SOCIALEe questioni dalla cui soluzione dipende la risposta alla domanda così proposta, che sfugge, per quanto detto, alla sfera cognitiva giurisdizionale.
L’opportunità di un siffatto principio è apprezzabile soprattutto nei casi in cui dal giudizio di disvalore sulla validità RAGIONE_SOCIALE‘opinione o RAGIONE_SOCIALE‘opera dipenda il prodursi di una conseguenza giuridica negativa nella sfera del soggetto che ne ha la paternità (come, ad esempio, la radiazione dall’RAGIONE_SOCIALE professionale).
È per queste ragioni che i giudici di merito non erano chiamati ad esprimersi sulla validità scientifica RAGIONE_SOCIALEe opinioni espresse dalla COGNOME, posto che non sarebbero mai potuti addivenire –
nemmeno a mezzo di una consulenza tecnica -ad un giudizio univoco ed incontrovertibile di verità oggettiva RAGIONE_SOCIALE‘una o RAGIONE_SOCIALE‘altra tesi sostenute dalle parti.
L’unico punto che poteva essere e correttamente è stato -oggetto di esame da parte RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria è la verifica se la manifestazione, in un consesso a ciò deputato, di un pensiero dissenziente da quello RAGIONE_SOCIALE enti RAGIONE_SOCIALE di appartenenza, nonché dalle indicazioni del RAGIONE_SOCIALE vigilante, integri, per ciò solo, un fatto deontologicamente illecito.
Inquadrato in questi termini il thema decidendum del presente giudizio, risulta pienamente condivisibile la decisione dei giudici di merito che, preso atto RAGIONE_SOCIALE complessità RAGIONE_SOCIALE questione, hanno escluso la rilevanza disciplinare dei fatti contestati, attesa ‘ la valutazione RAGIONE_SOCIALEe complesse problematiche riguardanti l’inquadramento, la delimitazione RAGIONE_SOCIALE‘attività, l’esplicazione dei compiti e RAGIONE_SOCIALEe eventuali funzioni esercitabili dal counselor, nonché la sovrapponibilità di questa allo psicologo , perché nel presente giudizio occorreva indagare se la mera partecipazione ad un tavolo RAGIONE_SOCIALE di studio e di approfondimento, quale peraltro espressamente previsto dalla normativa citata, con posizioni di apertura alla normazione RAGIONE_SOCIALE‘attività di counselor , costituisse una condotta di sostanziale avallo RAGIONE_SOCIALE‘esercizio abusivo RAGIONE_SOCIALE professione, pertanto idonea a configurare l’illecito disciplinare attribuito alla ricorrente ‘ (cfr. sentenza impugnata, pp. 5-6).
Appare perciò manifestamente infondato il primo motivo di ricorso, che contesta, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5, codice
di rito, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti.
A ben vedere, infatti, non vi è stato alcun omesso esame del ‘fatto’ su cui è richiamata l’attenzione RAGIONE_SOCIALE Corte che al contrario è stato esaminato dalla Corte d’Appello che ha ritenuto ‘ non necessario ai fini RAGIONE_SOCIALE decisione, affermare o negare la sovrapponibilità RAGIONE_SOCIALE‘attività di counselor a quella di psicologo’, proprio perché l’unico fatto decisivo in questo senso è relativo al riscontro se la partecipazione ad un tavolo RAGIONE_SOCIALE, sostenendo una posizione di apertura alla regolamentazione normativa RAGIONE_SOCIALE‘attività di counselor , sia una condotta di favoreggiamento RAGIONE_SOCIALE‘esercizio abusivo RAGIONE_SOCIALE professione di psicologo (vd. supra ).
Ritiene la Corte che la risposta data dal giudice di merito alla questione ora evidenziata sia incensurabile.
Si legge in sentenza (pagg. 5-6) che la condotta sanzionata non integra alcun illecito disciplinare ‘ essendosi la COGNOME limitata a esprimere una propria opinione in maniera trasparente senza falsare i termini del contraddittorio ‘.
La risposta negativa data dalla Corte distrettuale, che ha anche esaminato i documenti da cui, a detta del ricorrente, avrebbe dovuto ricavarsi la pretesa illiceità RAGIONE_SOCIALE condotta contestata -esame ovviamente quivi non censurabile poiché involge l’apprezzamento di questioni di fatto riservate al giudice di merito -è incensurabile in diritto.
Infatti, per come ricostruita anche in ricorso, tale condotta si traduce nella mera espressione di una opinione nell’ambito di un dibattito RAGIONE_SOCIALE-scientifico aperto, finalizzato proprio ad accertare quale fosse l’opinione dei vari esperti in materia e,
quindi, se vi fosse consenso per adottare la scheda pre-normativa votata favorevolmente dalla NOME. Deve perciò escludersi che la controricorrente abbia violato qualche precetto deontologico, essendosi comportata in modo pienamente conforme agli obiettivi ed alle finalità del contesto ove era stata invitata ad esprimere il proprio pensiero.
Non è dato comprendere in che modo possa reputarsi che ella abbia, aderendo all’iniziativa normativa del counseling , svilito la figura RAGIONE_SOCIALEo psicologo e leso, per l’effetto, la categoria professionale; a maggior ragione se si considera che l’RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato la propria posizione contraria -che, proprio per il ricordato principio di libertà di espressione RAGIONE_SOCIALEe opinioni scientifiche, è a sua volta legittima e insindacabile nel merito -in pareri non vincolanti, di talché la COGNOME non aveva l’obbligo di conformare la propria libertà di manifestazione del pensiero, adeguandosi alla posizione RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE di appartenenza.
5. In disparte quest’ultimo aspetto non secondario ai fini RAGIONE_SOCIALE valutazione RAGIONE_SOCIALE decisione impugnata, ma oggetto di analisi nel secondo motivo di ricorso -va evidenziato che offre il destro per ribadire l’insegnamento RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale secondo cui l’espressione RAGIONE_SOCIALEe opinioni in ambito scientifico è, quale species RAGIONE_SOCIALE libertà di manifestazione del pensiero, un diritto presidiato dall’art. 21 Cost.: ‘ La libertà di diffusione del pensiero artistico e scientifico è tutelata non dall’art. 33 del la Costituzione, che riguarda soltanto la libertà RAGIONE_SOCIALE‘arte e RAGIONE_SOCIALE scienza e quella del loro insegnamento, senza occuparsi RAGIONE_SOCIALE loro diffusione, ma dall’art. 21, co. 1, Cost., che genericamente si riferisce alla libertà di diffusione di ogni pensiero, e perciò necessariamente
anche in quelle più elevate espressioni di esso, che sono le creazioni artistiche e scientifiche ‘ (C. Cost. n. 59/1960; C. Cost. n. 9/1965 secondo cui, in relazione alla manifestazione di pensiero finalizzata a propagandare la limitazione RAGIONE_SOCIALEe nascite, ha escluso che la condotta fosse sanzionabile ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 533 c.p., all’epoca vigente, ritenendo che la libertà di manifestazione del pensiero scientifico, trova nell’art. 33, comma primo, Cost. una tutela rafforzata, non potendosi limitare ogni pubblica discussione sulla materia RAGIONE_SOCIALE limitazione RAGIONE_SOCIALEe nascite). Il riferimento all’art. 21 Cost. implica che l’esercizio di tale libertà, quando avviene con modalità rispettose dei limiti previsti dall’ordinamento, ancorché sia nel concreto contenuto difforme dal pensiero di altri, e a prescindere dalla maggiore o minore autorevolezza intellettuale di costoro, è insuscettibile di sanzione, sia da parte RAGIONE_SOCIALE organi statali sia dagli organismi preposti all’applicazione RAGIONE_SOCIALEe sanzioni disciplinari.
Ove, infatti, la manifestazione del pensiero artistico e scientifico potesse diventare fonte di responsabilità per l’individuo, per il solo fatto di essere contenutisticamente diversa da quella altrui, si attenterebbe al nucleo insopprimibile RAGIONE_SOCIALEe libertà costituzionali che la presidiano.
Invero la Costituzione repubblicana garantisce, oltre alla libertà di espressione del pensiero ex art. 21, la libertà RAGIONE_SOCIALE scienza al successivo art. 33, co. 1, sancendo: ‘ L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento ‘.
Anche l’art. 13 RAGIONE_SOCIALE Carta di Nizza, preso atto RAGIONE_SOCIALEe tradizioni costituzionali RAGIONE_SOCIALE Stati membri RAGIONE_SOCIALE‘Unione europea, afferma che
‘ le arti e la ricerca scientifica sono libere ‘, garantendo la tutela del pluralismo culturale e scientifico negli Stati stessi.
Entrambe queste manifestazioni RAGIONE_SOCIALE‘agire umano godono RAGIONE_SOCIALE massima tutela costituzionale in ambito nazionale e sovranazionale in ragione RAGIONE_SOCIALE‘apporto essenziale che forniscono al ‘ progresso RAGIONE_SOCIALE conoscenza, alla creazione, allo sviluppo e allo scambio di idee e di opinioni, indispensabile in ogni società democratica ‘ (Corte EDU, 24.05.1988, COGNOME, ric. n. 10737/84), che, proprio per questi motivi, si prefigge di mantenere e garantire i diversi punti di vista, in un regime di pluralismo culturale e scientifico.
La Corte costituzionale ha avvertito il bisogno di precisare che la ‘ tutela costituzionale dei diritti ha sempre un limite insuperabile nell’esigenza che, attraverso l’esercizio di essi, non vengano sacrificati beni ugualmente garantiti dalla Costituzione ‘ (C. Cost., 16.3.1962, n. 19).
Ne deriva che se, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 2 Cost., la ricerca scientifica è sicuramente riconducibile tra i diritti umani inviolabili, essa rinviene nondimeno un proprio limite interno nel dovere di solidarietà imposto dallo stesso art. 2, poiché anche la ricerca scientifica, come qualsiasi attività umana, soggiace al principio generale del neminem laedere . Lo svolgimento di una attività scientifica non costituisce, cioè, un’esimente rispetto alla regola RAGIONE_SOCIALE responsabilità, in tutte le sue forme giuridiche.
Vi è però una peculiarità: il bilanciamento tra gli altri valori costituzionalmente tutelati e la libertà RAGIONE_SOCIALE scienza e RAGIONE_SOCIALE sua diffusione deve effettuarsi, sotto il profilo RAGIONE_SOCIALE ragionevolezza, RAGIONE_SOCIALE proporzionalità e RAGIONE_SOCIALE‘adeguatezza RAGIONE_SOCIALE compressione di
quest’ultima, in forma ‘aggravata’, in virtù RAGIONE_SOCIALE‘elevato livello di tutela accordato dalla Costituzione. La Consulta esige cioè che il bilanciamento sia content neutral , ovverosia immune da ogni pretesa di imporre ad altri le proprie opinioni politiche, religiose, scientifiche, per non intaccare il ‘nocciolo duro’ RAGIONE_SOCIALE libertà RAGIONE_SOCIALE ricerca (C. cost., n. 114/1998 e n. 282/2002).
In questo contesto, la giurisprudenza ha interpretato i principi di libertà fissati dagli artt. 21 e 33 Cost., per quanto riguarda l’ambito artistico, nel senso che, ‘ salvo il caso in cui la libertà artistica si traduca in una gratuita denigrazione del prossimo e conseguentemente nella lesione RAGIONE_SOCIALE‘altrui dignità, l’artista potrà sempre invocare l’esercizio del proprio diritto di creazione artistica riconosciuto dall’art. 33 Cost.’ […], il quale ‘ va inteso ed interpretato nella sua autentica portata, che è quella di consentire all’arte ed alla scienza di esteriorizzarsi senza subire orientamenti ed indirizzi univocamente e autoritativamente imposti. Sotto tale esclusivo profilo questa esteriorizzazione non può ritenersi tutelata fino al punto di pregiudicare altri interessi di rilievo costituzionale ‘ (C. Cost. n. 57/1976).
In ambito scientifico si è posta l’esigenza di interpretare tali principi entro i confini del diritto di critica scientifica, il quale, ‘ allorché implichi un giudizio di disvalore, idoneo ad incidere sulla reputazione e sul prestigio professionale RAGIONE_SOCIALE persona nei cui confronti la critica è rivolta, è condizionato, quanto alla legittimità del suo esercizio, all’osservanza del limite RAGIONE_SOCIALE continenza, che viene in considerazione non solo sotto l’aspetto RAGIONE_SOCIALE correttezza formale RAGIONE_SOCIALE‘esposizione, ma anche sotto il profilo sostanziale consistente nel non eccedere i limiti di quanto strettamente
necessario per appagare il pubblico interesse, e postula che il suddetto giudizio sia espresso non in termini assiomatici ma accompagnato da congrua motivazione, qual che sia l’autorità scientifica del suo autore. L’inosservanza di siffatti limiti obbliga l’autore del fatto al risarcimento dei danni, che, tuttavia, si estendono a comprendere anche quelli morali solo quando il fatto stesso integri gli estremi di reato. (Nella specie, enunciando il principio di cui in massima, la S.C. ha confermato la sentenza con cui i giudici di merito avevano ritenuto che il limite RAGIONE_SOCIALE continenza fosse superato dall’avere l’associazione scientifica autrice RAGIONE_SOCIALE critica ipotizzato anche la violazione di regole deontologiche da parte del RAGIONE_SOCIALEsta autore RAGIONE_SOCIALEe pratiche mediche criticate ed al tal fine investito il competente ordine professionale dei propri apprezzamenti negativi) (Cass. Civ., 4109/1993; conf. Cass. Civ., 370/2002).
Gli artt. 2133 Cost. tutelano quindi l’esteriorizzazione RAGIONE_SOCIALE‘arte e RAGIONE_SOCIALE scienza da ogni indirizzo autoritativamente imposto, con il solo limite del non pregiudizio di altri interessi di rilevanza costituzionale. Sicché l’esercizio del diritto di critica scientifica che si ponga in contrasto con essi, quali l’onore e reputazione, dovrà avvenire nel rispetto del limite RAGIONE_SOCIALE continenza.
Al contrario, la mera diffusione di un pensiero scientifico che non abbia portata critica nei confronti di alcuno o di alcunché, e pertanto inidoneo a mettersi in antitesi con altri valori protetti, è tendenzialmente priva di limiti, primo dei quali -per quanto detto in precedenza -il requisito RAGIONE_SOCIALE verità oggettiva di esso (e sempre che non si traduca nella immotivata negazione di
consolidate acquisizioni RAGIONE_SOCIALE conoscenza scientifica, tale da porre in pericolo l’altrui integrità psico fisica).
Ben si comprende, dunque, come la libera manifestazione del pensiero scientifico possa tantomeno incontrare un limite nella diversità RAGIONE_SOCIALE‘opinione di chi, rivendicando maggiore autorità scientifica, pretenda per ciò solo di screditare idee diverse dalla propria, la quale assurge a parametro di validità e legittimità di tutte le altre. Ciò vanificherebbe il fondamentale principio del pluralismo ideologico, culturale e scientifico voluto dagli artt. 3, 21 e 33 Cost., nonché dall’art. 13 CDFUE, per il funzionamento RAGIONE_SOCIALE società democratica.
L’applicabilità di tali coordinate ermeneutiche alla vicenda in decisione vieta di comporre il contrasto sulla possibilità di riconoscere autonoma dignità professionale alla figura del counselor, manifestatosi tra l’opinione RAGIONE_SOCIALE NOME e quella RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE (da quest’ultimo ritenuta preferibile per tutelare la categoria professionale) nel senso RAGIONE_SOCIALE illiceità RAGIONE_SOCIALE prima.
Ad un tale esito osta anche lo speciale contesto in cui la controricorrente ha espresso il proprio pensiero, i.e . una consensus conference .
Invero, non può non valorizzarsi tale elemento onde confutare la tesi sostenuta dal ricorrente.
Le conferenze di consenso sono uno strumento, diffuso soprattutto in ambito medico-sanitario, per raggiungere -mediante un processo formale e strutturato, che si incentra su un dibattito libero e aperto nel quale sono coinvolti esperti del tema da discutere -un accordo in merito a questioni clinico-RAGIONE_SOCIALE, specifiche e controverse, sulle quali non esiste, appunto, una
uniformità di opinioni. Scopo di una conferenza di consenso è, quindi, raccogliere e confrontare i diversi punti di vista rispetto alle aree di incertezza esistenti tra ricerca e applicazione clinicoterapeutica, le quali richiedono un significativo sforzo di analisi, valutazione critica e sintesi RAGIONE_SOCIALEe conoscenze disponibili, al fine di raggiungere un’omogeneità di comportamenti sul piano clinico, organizzativo e gestionale.
Così definito il contesto in cui la COGNOME ha posto in essere la condotta sanzionata, va da sé che non costituisce un illecito deontologico per violazione RAGIONE_SOCIALE‘obbligo, ex art. 8 CDP, norma di tutela RAGIONE_SOCIALE categoria professionale, ma rappresenta anzi l’esercizio normale ed equilibrato RAGIONE_SOCIALE partecipazione al dibattito in seno alla conferenza di consenso sul counselor , anche l’espressione di un voto favorevole all’attivazione in Italia dei servizi di counseling .
È dunque incoerente sia con la libertà di manifestazione del pensiero, sia con la logica specifica RAGIONE_SOCIALE consensus conference , l’iniziativa disciplinare RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE verso la AVV_NOTAIOssa COGNOME, dato che tale spazio di riflessione era stato proposto dal RAGIONE_SOCIALE proprio per risolvere, grazie all’intervento di esperti del settore e RAGIONE_SOCIALE enti italiani rappresentativi RAGIONE_SOCIALE professione di psicologo, le controversie che si agitavano circa la natura del counseling ed il tipo di formazione che gli specialisti coinvolti avrebbero dovuto possedere per offrire un valido servizio a favore dei cittadini.
A mente RAGIONE_SOCIALE‘art. 2 CDP, i fatti che possono assumere rilievo disciplinare sono esclusivamente quelli derivanti dall’inosservanza dei precetti, RAGIONE_SOCIALE obblighi e dei divieti da esso fissati, e ogni azione od omissione comunque disdicevoli al decoro o al corretto
esercizio RAGIONE_SOCIALE professione di psicologo. Tale non può reputarsi il giudizio espresso dalla COGNOME, che non è un ‘fatto’ inerente all’esercizio RAGIONE_SOCIALE professione, ma è invece estrinsecazione RAGIONE_SOCIALE libera manifestazione RAGIONE_SOCIALEe opinioni in ambito scientifico.
Una volta escluso che la condotta RAGIONE_SOCIALE NOME integri una violazione dei propri obblighi legali o convenzionali, l’interpretazione RAGIONE_SOCIALEe norme deontologiche offerta dal RAGIONE_SOCIALE disciplinare si palesa errata, non potendosi reputare che nel caso di specie vi sia un conflitto tra la libera manifestazione del pensiero e l’interesse pubblicistico alla tutela RAGIONE_SOCIALE categoria professionale.
È infatti privo di fondamento il tentativo, reiterato dall’RAGIONE_SOCIALE in questa sede al fine di simulare l’esistenza di un pericolo per la tutela RAGIONE_SOCIALE‘interesse di categoria -di stigmatizzare la dichiarazione resa dalla COGNOME in ordine alla corretta qualificazione del termine ‘disagio’, essendo stato tale aspetto chiarito dalla sentenza impugnata (cfr. pag. 6).
Invero, la riconosciuta autorità istituzionale e scientifica RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dei componenti dei loro Consigli direttivi non può porre un’aprioristica ‘presunzione di fondatezza’ RAGIONE_SOCIALEe loro valutazioni, tecniche e morali, a discapito di quelle di altri enti o dei singoli RAGIONE_SOCIALEsti, soprattutto quando sia in atto ‘ un vivace, aspro, insuperabile ma sempre motivato contrasto di opinioni [quale, come in questo caso, quello] sull’opportunità di introdurre la figura consulenziale ‘.
La netta affermazione RAGIONE_SOCIALE libertà RAGIONE_SOCIALE scienza porta infatti a riconoscerne il carattere universalistico: la libertà di fare e di diffondere la scienza è di tutti con esclusione di qualsivoglia
aprioristica ed esclusiva incorporazione in categorie privilegiate (cfr. Cass. Civ. n. 4109/1993).
7. Con il secondo motivo di ricorso è censurata la violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 2 e 8 del CDP in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte territoriale dichiarato legittima la condotta RAGIONE_SOCIALE COGNOME trascurando -oltre al fulcro essenziale RAGIONE_SOCIALE motivazione del provvedimento espulsivo -il carattere vincolante RAGIONE_SOCIALEe direttive sia RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in qualità di organi sussidiari RAGIONE_SOCIALEo Stato, per la tutela RAGIONE_SOCIALE‘interesse categoriale professionale, sia, poi, del RAGIONE_SOCIALE, al quale l’RAGIONE_SOCIALE si era rivolto onde ottenere un intervento inibitorio del progetto di normazione, indicazioni con le quali la appellata si era posta in contrasto votando a favore di una ‘ figura pseudo professionale abusiva ‘.
Il ricorrente si riferisce, in particolare, alla nota del 21.3.2018 n. 2621 con cui l’OPL inoltrava all’UNI una serie di rilievi critici volti a evidenziare la sovrapposizione RAGIONE_SOCIALE figura del counselor a quella RAGIONE_SOCIALEo psicologo, e in noncuranza RAGIONE_SOCIALE quale la COGNOME, nella riunione del 23.5.2018, votava a favore RAGIONE_SOCIALE‘approvazione RAGIONE_SOCIALE scheda pre-normativa; alla comunicazione del RAGIONE_SOCIALE del 10.11.2018, secondo cui ‘ non esiste una professione autonoma di counselor , perché il counseling è attività di consulenza RAGIONE_SOCIALEe RAGIONE_SOCIALE regolamentate e, per le materie RAGIONE_SOCIALEche, già riservata agli RAGIONE_SOCIALE ‘; e, infine, alla nota del 18.1.2019 con cui il RAGIONE_SOCIALE -su sollecito del RAGIONE_SOCIALE -chiedeva all’RAGIONE_SOCIALE di sospendere i lavori del progetto normativo.
La tesi sostenuta è che le linee di condotta emanate dagli enti pubblici quali il RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE – che esercitano, per conto RAGIONE_SOCIALEo
Stato, la funzione di vigilanza e disciplinare nei confronti dei propri iscritti, siano vincolanti al pari RAGIONE_SOCIALEe norme deontologiche codicistiche, avendo natura autoritativa, di talché commette un illecito disciplinare il RAGIONE_SOCIALEsta che disattenda tali direttive.
Fatta questa premessa, viene dedotta l’erroneità del giudizio di liceità RAGIONE_SOCIALE condotta RAGIONE_SOCIALE controricorrente, poiché in contrasto con le indicazioni del proprio RAGIONE_SOCIALE che miravano ad impedire l’attività di soggetti potenzialmente abusivi.
Il giudice a quo ha negato, infatti, che la diversità RAGIONE_SOCIALE posizione assunta dalla controricorrente sia fonte di responsabilità deontologica, in quanto gli atti con cui tali soggetti hanno comunicato il loro dissenso (nota protocollo, newsletter, etc.) non hanno valore precettivo, e non esiste un dovere per gli iscritti agli albi RAGIONE_SOCIALE di conformarsi a quelle indicazioni non vincolanti, limitando in tal modo la libertà di manifestazione del pensiero.
A parere RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, invece, la promozione, a scopi commerciali, del risultato che si intendeva perseguire col progetto di modifica normativa non costituisce la mera manifestazione di un’opinione personale, ma un’attività materiale tesa alla creazione di una figura pseudo professionale in abusiva e penalmente illecita, ex art. 348 c.p., competizione con la categoria RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ed in violazione sia RAGIONE_SOCIALE artt. 2 e 8 del CDP -che impongono di sanzionare gli RAGIONE_SOCIALE i quali contribuiscono ai processi di validazione, legittimazione sociale, e piazzamento nel mercato di soggetti potenzialmente abusanti -sia RAGIONE_SOCIALEe contrarie indicazioni RAGIONE_SOCIALE enti preposti alla tutela e vigilanza sulla categoria professionale.
Conclude perciò il ricorrente che l’esercizio, nei confronti RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, del potere disciplinare ex art. 26 RAGIONE_SOCIALE legge 56/1989, a mezzo RAGIONE_SOCIALE inflizione RAGIONE_SOCIALE più grave sanzione RAGIONE_SOCIALE radiazione, rappresenta la doverosa reazione di un organo sostanzialmente statale all’inosservanza di tali precetti autoritativi deontologici, concretatasi nell’illecito favoreggiamento RAGIONE_SOCIALE‘esercizio abusivo RAGIONE_SOCIALE professione di psicologo.
Se, dunque, la Corte avesse accertato la realtà sostanziale per quella che è, una volta dichiarata la soccombenza RAGIONE_SOCIALE COGNOME, non avrebbe erroneamente condannato l’OPL alla rifusione in suo favore RAGIONE_SOCIALEe spese del giudizio di appello.
6. Il motivo è infondato.
La controricorrente, per effetto RAGIONE_SOCIALE condotta tenuta al tavolo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, avrebbe violato l’art. 8 CDP e le direttive RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che, facendo impropriamente leva su tale articolo, si esprimevano in senso negativo all’introduzione RAGIONE_SOCIALE figura del counselor . Ciò avrebbe giustificato, a norma RAGIONE_SOCIALE‘art. 2 del CDP, l’esercizio del potere disciplinare ex art. 26, co. 1, RAGIONE_SOCIALE legge n. 56 del 1989.
L’insussistenza RAGIONE_SOCIALE violazione denunziata emerge ictu oculi dalla lettura RAGIONE_SOCIALE‘art. 8 CDP, il quale testualmente sancisce: ‘ Lo psicologo contrasta l’esercizio abusivo RAGIONE_SOCIALE professione come definita dagli artt. 1 e 3 RAGIONE_SOCIALE Legge 18 febbraio 1989, n. 56, e segnala al RAGIONE_SOCIALE i casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui viene a conoscenza. Parimenti, utilizza il proprio titolo professionale unicamente per attività ad esso pertinenti, e non avalla con esso attività ingannevoli od abusive ‘.
In base a tale disposizione, quindi, compie un illecito deontologico lo psicologo che non contrasta l’esercizio abusivo da parte del terzi RAGIONE_SOCIALE sua professione, ossia RAGIONE_SOCIALEe attività tipizzate dagli artt. 1-3 RAGIONE_SOCIALE Legge professionale, o che, a mezzo del proprio titolo, avalla attività ingannevoli o abusive. La ratio è evidente: imporre agli appartenenti alla categoria l’obbligo di denunciare fatti penalmente rilevanti di esercizio abusivo RAGIONE_SOCIALE professione, con l’adozione di ogni azione tesa a contrastare dei fatti costituenti anche reato. Ma la portata precettiva RAGIONE_SOCIALE norma non può estendersi anche alla diversa ipotesi in cui il RAGIONE_SOCIALEsta manifesti un’opinione favorevole alla legale regolamentazione di un’attività professionale che reputi diversa da quella di psicologo.
Alcuno RAGIONE_SOCIALE illeciti tipizzati dall’art. 8 è quindi ascrivibile alla RAGIONE_SOCIALE, posto che questa -per tutte le ragioni già espresse -non ha inteso promuovere l’esercizio abusivo RAGIONE_SOCIALEe attività riservate dalla legge allo psicologo, o avallato attività ingannevoli o abusive, ma ha solamente ed in maniera legittima espresso il consenso alla regolamentazione di quella che reputa essere una differente figura professionale -quella del counselor -destinata ad offrire prestazioni diverse -di natura non terapeutica di un disagio RAGIONE_SOCIALEco sul quale può intervenire esclusivamente lo psicologo -ma consulenziale in favore RAGIONE_SOCIALE‘utenza.
Rilevante è la circostanza che tale personale valutazione sia stata espressa nella consensus conference organizzata dall’RAGIONE_SOCIALE, il cui scopo -noto e perciò condiviso da tutti gli enti, come l’RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE, che vi avevano aderito -era quello di evitare incertezze tra i possibili utenti del counseling e conflitti interRAGIONE_SOCIALE,
raggiungendo un accordo sulla definizione: i) del counseling e RAGIONE_SOCIALEe sue attività tipiche; ii) RAGIONE_SOCIALEe RAGIONE_SOCIALE protette coinvolte; iii) RAGIONE_SOCIALEe competenze necessarie e dei percorsi formativi.
Non può allora censurarsi l’argomentazione del Tribunale con cui ha annullato la sanzione disciplinare: ‘ Ne deriva che la legittima partecipazione ad un’attività pre -normativa, di studio e ricerca, oltretutto in fase embrionale e priva di efficacia cogente, costituente il momento di confronto tra le numerose istituzioni presenti, onde arrivare ad una soluzione condivisa RAGIONE_SOCIALE professione di counselor , derivante dall’apporto di tutti i partecipanti, tra cui lo stesso RAGIONE_SOCIALE, di per sé non possa configurare la grave condotta contestata, non essendo definibile come connivenza o favoreggiamento (avallo) di una specifica condotta penalmente rilevante o, comunque, di un’attività ingannevole o abusiva, atteso che il dibattito sulla sovrapponibilità RAGIONE_SOCIALE‘attività di counseling alla professione di psicologo risultava ancora aperto (cfr. controricorso, p. 24).
Va pertanto smentito l’impianto accusatorio secondo cui l’aver espresso una posizione difforme dalle comunicazioni RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE, contrarie alla regolamentazione del counseling , sia fonte di responsabilità. Non solo perché nessuna norma deontologica è stata violata, ma anche perché tali direttive non hanno natura precettiva.
Il ricorrente, sottolineando la propria natura di ente riferibile allo Stato, pretende invece di estendervi la medesima efficacia normativa RAGIONE_SOCIALEe norme deontologiche, sul presupposto che esse siano atti autoritativi, a cui i destinatari devono
obbligatoriamente attenersi e sulla cui scorta è dato valutare le relative condotte.
Ma una cosa sono le prescrizioni del Codice deontologico, la cui violazione da parte RAGIONE_SOCIALE iscritti comporta l’irrogazione di sanzioni disciplinari (e ciò in quanto l’art. 1 del CDP stabilisce che le sue prescrizioni sono ‘ vincolanti per tutti gli iscritti all’RAGIONE_SOCIALE ‘, mentre l’art. 2 ne garantisce l’osservanza a mezzo del potere disciplinare attribuito dall’art. 26 RAGIONE_SOCIALE l. n. 56/1989 all’RAGIONE_SOCIALE professionale), mentre diverse sono le indicazioni e le linee guida, specifiche o generali, dirette a regolare nuove esigenze RAGIONE_SOCIALE professione o nuove vicende del rapporto intersoggettivo con il paziente in considerazione RAGIONE_SOCIALEe mutate condizioni del contesto economico-sociale, le quali invece non hanno immediato valore precettivo.
Ne sono privi anche i pareri adottati dagli RAGIONE_SOCIALE nell’esplicazione RAGIONE_SOCIALE loro funzione consultiva.
L’art. 14, co. 2, del D.Lg.Lt. n. 382/1944 dispone infatti che i Consigli nazionali ‘ danno parere sui progetti di legge e di regolamento che riguardano le rispettive RAGIONE_SOCIALE e sulla loro interpretazione, quando ne sono richiesti dal Ministro di grazia e giustizia ‘. Si tratta, infatti, di atti che non attengono alle attività di raccolta e di codificazione di regole tradizionali di condotta, destinate ad essere vincolanti nei confronti RAGIONE_SOCIALE iscritti, ma che rientrano nell’esercizio RAGIONE_SOCIALE potestà informativa -consultiva RAGIONE_SOCIALE‘ente, con un’efficacia meramente direttiva, sicché non possono mai porsi in concreto come un limite all’esercizio RAGIONE_SOCIALE libera manifestazione RAGIONE_SOCIALE‘opinione scientifica da parte RAGIONE_SOCIALE‘iscritto soprattutto quando questa sia esternata in occasione RAGIONE_SOCIALE
partecipazione, in funzione consultiva, ad un tavolo RAGIONE_SOCIALE di studio e di ricerca.
Depone nel senso che tali atti difettano di efficacia normativa anche il passaggio RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte costituzionale n. 259/2019 citata dallo stesso ricorrente (cfr. ricorso, p. 31), che, nel descrivere la natura e le funzioni in particolare RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, pur riconoscendo che trattasi di enti pubblici non economici che agiscono in via sussidiaria allo Stato, con il fine di tutelare gli interessi pubblici connessi all’esercizio professionale, in nessuna parte stabilisce che le direttive del RAGIONE_SOCIALEo nazionale sono, per il sol fatto di essere riconducibili all’apparato statale, atti autoritativi aventi efficacia vincolante.
Stante l’integrale rigetto del ricorso, nulla deve disporsi in ordine alle questioni contenute nel ricorso introduttivo di primo grado, ivi assorbite ed espressamente riproposte in appello ex art. 346 c.p.c., oggi nuovamente veicolate con il controricorso.
Il ricorso è pertanto rigettato, dovendosi pertanto regolare le spese in base al principio RAGIONE_SOCIALE soccombenza, provvedendosi alla liquidazione come da dispositivo, con attribuzione all’AVV_NOTAIO NOME di Cunzolo, dichiaratasene anticipataria.
Poiché il ricorso è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1, co. 17, RAGIONE_SOCIALE legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale RAGIONE_SOCIALEo Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 del TU di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 –RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di versamento, da parte del ricorrente, di
un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso RAGIONE_SOCIALEe spese che liquida in complessivi € 5.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi, ed accessori di legge, con attribuzione al difensore antistatario;
ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, co. 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, l. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso, a norma del co. 1bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE Sezione Seconda Civile